Hamas ci insegna la vera democrazia ce lo spiega il quotidiano comunista
Testata: Il Manifesto Data: 16 novembre 2004 Pagina: 4 Autore: Michele Giorgio Titolo: «Hamas: «Elezioni? Prima l'unità»»
A pagina 4 IL MANIFESTO di oggi, 16-11-04, pubblica l'articolo di Michele Giorgio "Hamas: «Elezioni? Prima l'unità»". E' evidente che la pretesa che prima delle elezioni si stabilisca una leadership palestinese unificata intorno alla linea terrorista e ostile a qualsiasi accordo di pace di Hamas e Jihad non ha alcuna legittimità. Per Giorgio però non è così e sono "Abu Mazen, ma anche il premier Abu Ala" ad aver "fallito l'occasione di coinvolgere Hamas e Jihad stabilmente nel processo politico e di limitare le attività armate di queste due organizzazioni". Un obiettivo, questo della "limitazione delle attività armata" piuttosto indefinito e chiaramente inaccettabile per Israele, che non può accettare un accordo per un numero "limitato" di stragi della sua popolazione civile, ma solo l'impegno della leadership palestinese per eeliminare il terrorismo. Ecco l'articolo: Sono dei mercenari, i nomi di chi ha sparato e ucciso domenica sera (a Gaza city) sono noti alle nostre forze di sicurezza, li prenderemo», ha assicurato ieri ai microfoni della televisione satellitare araba Al-Arabiya l'ex ministro Mohammed Dahlan, oggi «uomo-forte di Gaza» e principale alleato del nuovo leader dell'Olp Mahmud Abbas (Abu Mazen). Parla già da ministro per la sicurezza interna Dahlan che, dopo essersi recato al capezzale di Yasser Arafat morente in un ospedale militare di Parigi, ritiene di aver recuperato la credibilità e il rispetto dei palestinesi perduti quando lo scorso luglio soffiò sul fuoco di una rivolta costruita a tavolino contro il presidente palestinese. Se da un lato Dahlan ostenta sicurezza, dall'altro domenica sera non può non aver compreso che il suo rivale più accanito, il generale Musa Arafat (nipote del rais scomparso), capo dell'istighbarat (intelligence militare) non rimarrà senza muovere un dito aspettando di essere sollevato dal suo incarico una volta che Abu Mazen diventerà, come tutti si aspettano, il presidente anche dell'Autorità nazionale palestinese. A Gaza ieri ben pochi avevano dubbi sul mandante del blitz alla tenda di lutto per Yasser Arafat. Chiamato in causa, Musa Arafat non ha reagito finendo per confermare i sospetti di tutti. E' proprio lui tra i capi dei servizi di sicurezza che rischia di più in caso di una vittoria di Abu Mazen alle presidenziali di gennaio e della probabile formazione di un nuovo governo. «Ha inviato un messaggio chiarissimo: non mi faccio da parte e dovrete scendere a patti con me», ci ha spiegato una autorevole fonte di Al-Fatah che ha chiesto di rimanere anonima. Con Dahlan ministro per la sicurezza interna non solo Musa Arafat è destinato ad uscire di scena ma anche altri esponenti che erano legati al presidente Arafat. L'attuazione del processo di riforme di cui tanti parlano da mesi servirà anche a cancellare, nei programmi della nuova direzione politica, quell'apparato di potere e di controllo che faceva capo direttamente al rais. Dahlan peraltro continua a lavorare al suo piano di sicurezza con i finanziamenti dei servizi segreti britannici, suoi sponsor, che non hanno smesso di aiutarlo neppure quando si è ritrovato senza alcun incarico ufficiale nell'Anp. Intanto Abu Mazen, che secondo il ministro degli esteri Nabil Shaath godrebbe del consenso di tutta Al-Fatah, ha commesso già un primo grave errore che rivela la sua scarsa capacità di leggere la situazione sul terreno. E' chiaro che in una fase così delicata non avrebbe dovuto farsi vedere costantemente in pubblico con Mohammed Dahlan, in considerazione del fatto che il suo fedele alleato è in lotta per il potere a Gaza e quindi soggetto alle rappresaglie dei suoi avversari. Il leader dell'Olp ieri ha proseguito la sua missione a Gaza, convocando una riunione straordinaria dei responsabili dei servizi di sicurezza, mentre in serata ha avuto colloqui con le maggiori forze politiche locali sul dopo Arafat e i preparativi per le elezioni del gennaio 2005. Abu Mazen deve fare i conti inoltre con una prima sconfitta politica che potrebbe influenzare i rapporti futuri tra le organizzazioni palestinesi. Esponenti dei movimenti islamici Hamas e Jihad hanno detto che boicotteranno le elezioni presidenziali previste il 9 gennaio. Un portavoce di Hamas ha detto che le elezioni sono state annunciate senza prima avviare consultazioni. Hamas insiste affinché sia prima costituita una dirigenza politica unificata, comprendente tutte le diverse organizzazioni palestinesi. Un portavoce del Jihad islami, Nafez Azzam, ha motivato la decisione di boicottare le elezioni affermando che il suo movimento «ha le sue priorità per recuperare le terre occupate da Israele: per noi è essenziale una politica di resistenza». Abu Mazen, ma anche il premier Abu Ala, hanno fallito l'occasione di coinvolgere Hamas e Jihad stabilmente nel processo politico e di limitare le attività armate di queste due organizzazioni. Il leader dell'Olp e il primo ministro hanno dovuto ingoiare peraltro anche un passo falso degli Stati Uniti. Il Segretario di stato Colin Powell ha prima annunciato la sua visita nei Territori occupati per il 23 novembre e poi ha confermato di voler dare le dimissioni. La «nuova linea» degli Usa nel conflitto israelo-palestinese è quella di inviare in Medio Oriente un Segretario di stato che sta perdendo i suoi poteri e che presto uscirà di scena. Intanto tredici fazioni palestinesi dalle più moderate alle più oltranziste si riuniranno entro la fine di novembre al Cairo per discutere delle prossime elezioni e delle condizioni minime perché possano realizzarsi. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione del Manifesto. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.