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Il Mattino Rassegna Stampa
15.11.2004 Il degno sostituto di Michele Giorgio si commuove per il "piccolo padre" dei palestinesi
che è inoltre "Eroe", "Mito", "Simbolo", "Icona"...

Testata: Il Mattino
Data: 15 novembre 2004
Pagina: 6
Autore: Francesco Romanetti
Titolo: «Elezioni per scegliere il successore di Arafat - Quella processione sulla tomba di Arafat»
A pagina 6 de IL MATTINO di ieri, 14-11-04, Francesco Romanetti sostitusce degnamente Michele Giorgio, con l'articolo: "Elezioni per scegliere il successore di Arafat" che di seguito riproduciamo:
Ieri mattina presto, quando il pellegrinaggio alla tomba di Arafat era da poco cominciato, davanti al modesto sepolcro eretto all'interno della Muqata, a Ramallah, a un certo punto è comparso anche lui: Abu Ala, primo ministro dell'Anp. Insieme con Abu Mazen, subentrato ad Arafat nella carica di presidente dell'Olp e con Rawi Fattuh, a cui è toccata formalmente la carica di presidente dell'Anp, Abu Ala ha fatto con calma e precisione quello che la caotica sepoltura dell'altro giorno, tra slogan e raffiche di mitra, gli aveva impedito. Ha reso omaggio, con parole da erede politico, al leader scomparso. Ha rivolto un saluto, davanti alle telecamere, al popolo orfano del suo padre
Un passo degno di un cronista comunista ai funerali di Stalin.
poi si è ritirato con Javier Solana, alto rappresentante della politica estera europea, nella Muqata semidistrutta. Un colloquio di sostanza, a quanto sembra, non di salamelecchi diplomatici. Poi Abu Ala è uscito dall'incontro a quattr'occhi ed ha annunciato ai giornalisti: il popolo palestinese sarà chiamato alle urne. Entro 60 giorni dalla convocazione ufficiale delle elezioni - che potrebbe avvenire già oggi o domani - sarà il voto popolare a decidere chi sarà a prendere il posto del raìs. Era la mossa che molti aspettavano. Le elezioni daranno piena legittimità al nuovo presidente, togliendo ogni alibi - queste sono almeno le intenzioni - alla controparte israeliana che aveva invece delegittimato il vecchio raìs.
Il terrorismo palestinese, era "un alibi" per Israele. E' un luogo comune immancabile per gli apologeti di Arafat, una altro modo per dare alle vittime le colpe dei loro carnefici.
La politica palestinese corre veloce. Non intende far cadere nel vuoto le dichiarazioni «aperturiste» di Bush e rilancia la sfida. Cerca di non segnare il passo, di non lasciarsi travolgere dagli eventi di queste settimane e di questi giorni, che potrebbero aprire un varco pericoloso a due tentazioni. Una, di Israele, che potrebbe soffiare sul fuoco delle divisioni palestinesi.
I palestinesi si sparano, perchè gli oltranzisti non vogliono trattare con Israele, e la colpa è di quest'ultimo che "soffia sul fuoco".
L'altra, delle fazioni più oltranziste interne allo stesso fronte palestinese che potrebbero approfittare del vuoto di potere per spingere verso una radicalizzazione del conflitto. Forse, un'accelerata alla svolta, l'ha data proprio la bufera di emozione e rabbia durante la sepoltura di Arafat, che ha mostrato il livello di disperazione di un popolo che non vede prospettive
Che ha mostrato più che altro l'irrazionalità della politica palestinese, dominata da un odio patologico per Israele.
e che ha fatto tremare l'incerto «triumvirato» (formato da Abu Ala, Abu Mazen e Rawi Fattuh) chiamato a gestire la difficile successione. E se svolta deve esserci, che sia completa: ieri Abu Ala ha anche annunciato che si voterà per le amministrative (già a dicembre) e poi, nel primo trimestre del 2005, per rinnovare il parlamento. In queste due consultazioni la partita sarà tutta aperta anche con Hamas, l'organizzazione islamica
dedita al terrorismo stragista più che alla preghiera...
fortemente radicata nei Territori e che ha la sua roccaforte a Gaza. Era dal 1996 che i palestinesi non avevano potuto esercitare il diritto di voto, complice la «rioccupazione» dei Territori che ha reso impossibile ogni agibilità politica
I territori sono stati rioccupati solo con la seconda Intifada. Di tempo per fare le elezioni, dal 1996, i palestinesi ne avevano avuto in abbondanza.
Ma a mostrare che nulla è ancora scontato, è giunta ieri, dalla cella di un carcere israeliano, la candidatura a presidente di Marwan Barghouti, leader quarantenne di Al Fatah. Condannato a scontare cinque ergastoli , Barghouti rappresenta l'ala militante dell'Intifada
Ecco un nuovo eufemismo per terrorismo, "ala militante dell'Intifada". Complimenti per l'originale trovata!
e gode di stima e carisma. Ma pur apprezzandone le doti, è difficile che Al Fatah accetti di cadere nella trappola della prevedibilissima reazione israeliana. Sharon direbbe subito che non tratta con un galeotto condannato per terrorismo. E si tornerebbe punto e a capo, come ai tempi di Arafat sotto assedio. Salgono invece le azioni del pragmatico Abu Mazen. Anche se non piace troppo ai palestinesi, perché non dispiaceva a Sharon e a Bush.
Sempre a pagina 6, nell'articolo "Quella processione sulla tomba di Arafat", Romanetti sembra invece avere per modello Igor Man, di cui ripropone i toni epici e melodrammatici.
Ecco un passopparticolarmente "commosso" su Yasser Arafat:

Sulla tomba si avventura una lucertola, attratta da un sole tenue che spunta dal cielo opaco: con la nervosa velocità del rettile, scompare tra i fiori delle corone funebri, che cominciano a sbiadire appassendo. Qui la Palestina che non c'è ha sepolto l'Eroe, il Mito, il Simbolo, l'Icona di mezzo secolo di Storia.
"L'Eroe, il Mito, il Simbolo, l'Icona di mezzo secolo di Storia".
Perchè Romanetti non prova a farsi assumere come biografo ufficiale di qualche dittatore megalomane? Con una prosa del genere ci pare che il suo futuro professionale, in posti come la Corea del Nord, sarebbe dei più rosei.

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