Irrilevante la moglie di Arafat Fiamma Nirenstein intervista Ziad Abu Ziad
Testata: La Stampa Data: 09 novembre 2004 Pagina: 4 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «"La moglie di Arafat? Il suo ruolo è del tutto irrilevante".»
LA STAMPA di oggi, 09-11-04, pubblica a pagina 4 un intervsta di Fiamma Nirenstein a Ziad Abu Ziad, ministro per Gerusalemme dell'Autorità palestinese, sulla polemica tra Suha Arafat e l'Anp. Ziad, considerato un moderato, a proposito dei rapporti tra Anp e Hamas risponde in modo inquietante alle domande della giornalista, che, contrariamente a quanto avviene abitualmente nella stampa italiana quando vengono intervistatati esponenti politici palestinesi, affronta direttamente argomenti controversi e incalza criticamente il suo interlocutore.
Ecco l'articolo: GERUSALEMME Ziad Abu Ziad, ministro per Gerusalemme dell’Autorità palestinese, uno dei «moderati» su cui il mondo punta per una svolta, è piuttosto soddisfatto: Abu Ala e Abu Mazen, dopo un primo momento di incertezza, partono per Parigi. Forse riporteranno un po’ d’ordine dopo che il ciclone Suha si è abbattuto sull’agonia di Arafat, già così problematica per i palestinesi. Lo scopo del viaggio è rendere ben chiaro a Chirac che non può permettere (così vuole la legge francese) che la moglie del Raiss eserciti un potere assoluto sulle notizie e di fatto, pare, sulla vita stessa di Arafat, legata a un filo e oggi anche alle decisioni della moglie. Arafat non è solo un padre e un marito ma resta Mr Palestina, è il messaggio di Ramallah. Di Suha la piazza della Cisgiordania e di Gaza pensa il peggio: che dopo quattro anni di assenza sia ridicola tutta l’enfasi con cui esclama che Abu Ammar tornerà in Palestina, e pensa che sotto ci sia qualche losco affare di soldi. L’intervento urlato di Suha Arafat («vogliono seppelire Abu Ammar vivo»), che ai microfoni di Al Jazeera ha accusato di tradimento il duo Abu Mazen-Abu Ala, ha sconcertato e anche disgustato i più. Signor Abu Ziad, perchè sia Abu Mazen che Abu Ala dopo l’uscita di Suha hanno cancellato la partenza programmata e poi l’hanno recuperata? «Non l’hanno veramente cancellata, è stato il contrattempo di un momento. Ma è chiaro il senso del viaggio: i due massimi leader istituzionali vadano a rendersi conto e a omaggiare Arafat di persona». Non negherà che lo shock c’è stato. Come spiega la violentissima uscita di Suha? «Suha è la signora Arafat e noi la rispettiamo per questo, ma se vogliamo parlare di cose importanti, se vogliamo guardare negli occhi il grande, enorme evento che ci si prospetta, per favore lasciamo da parte un ruolo del tutto inconsistente nella vicenda». Eppure qui si tratta di decisioni per la vita e per la morte. Si tratta della salute di Arafat, di cui si dice che sia in coma irreversibile, mentre Suha sostiene che «tornerà a combattere per la Palestina». Lei che cosa dice? «Niente. Chiunque qui parli della salute del Raiss, mi creda, sta inventando. Per cui procediamo nel nostro lavoro, seguitando a sperare». Che cosa la preoccupa di più in questo momento? «Il nostro problema e per ora il nostro successo è la gestione nell’ordine, con una equa divisione dei compiti secondo la legge. Abbiamo, credo, sorpreso un po’ tutti con la nostra concordia interna». Questa concordia la pagate di nuovo stringendo patti con Hamas che promette attentati, rischiando di trascinare nel caos l’Autonomia prima ancora che abbia deciso la sua linea. «Hamas è parte importante del nostro popolo. E’ un successo per Abu Ala avere ottenuto una promessa di concordia interna, il caos deve essere evitato e Hamas può aiutare molto». Anche se Hamas aiuta, a Gaza ci sono una quantità di organizzazioni che sparano. Figuriamoci adesso. «Credo che l’accordo raggiunto ci proteggerà. Il dialogo nazionale in questi giorni è molto positivo». Con Hamas dentro, il problema del terrorismo chiuderà ogni finestra di opportunità di pace. «Per ora non vedo nessuna finestra: vedo insediamenti, vedo attività militare israeliana senza tregua. Quale opportunità?». Per esempio, quella dello sgombero da Gaza e parte della Cisgiordania. Sembra un’opportunità importante di gestione e esercizio di potere in vista della ripresa della Road Map. «No, niente affatto. Sharon usa l’esca dello sgombero per proseguire la sua politica espansionistica e violenta. La pace non è all’ordine del giorno. Ci dedichiamo oggi a costruire un’unità che preservi la legge e salvi la nostra Costituzione». La vostra Costituzione non è mai stata così importante. «Tutta la leadership oggi è tenuta insieme dalla promessa di ubbidire alla legge». Dove dovrebbe essere seppellito Arafat? «Lui avrebbe voluto essere seppellito a Gerusalemme, ci piacerebbe accontentarlo. Ma speriamo sempre nella guarigione». Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.