Giustificare l'ingiustificabile: lo scempio sui corpi dei soldati israeliani uccisi diventa una forma di protesta l'incapicità di chiamare l'odio con il suo nome
Testata: La Stampa Data: 28 ottobre 2004 Pagina: 20 Autore: Giovanni De Luna Titolo: «Dalla Cina all'Iraq, i morti parlano»
LA STAMPA il 21-10-04 pubblicava un articolo di Giovanni De Luna, "Dalla Cina all'Iraq, i morti parlano", sul convegno "Morte e trasformazione dei corpi" che era sfuggito alla nostra attenzione. Anche se in ritardo non possiamo non segnalare un passo molto grave: Ma il caso simbolicamente più denso di significati è quello del conflitto israelo-palestinese (Paola Sacchi) (relatrice al convegno, n.d.r). Sono immagini ancora vividamente presenti quelle dei soldati israeliani fatti a pezzi e portati in corteo lo scorso maggio, dopo la distruzione di due carri armati a Gaza; il corpo del soldato per la società israeliana rappresenta più di qualsiasi altro corpo l'identità nazionale e la sua integrità è simbolo dell'unità territoriale. Esponendo i cadaveri, più che a esibire trofei bellici, i palestinesi puntavano a sottolneare la disintegrazione di un territorio, il proprio, e la minaccia di disintegrazione di un altro territorio, quello del nemico. Osserviamo innanzitutto che lo scempio sui cadveri dei soldati uccisi a Gaza suscitò orrore in Israele perchè offendeva il rispetto dovuto a ogni corpo umano, non solo a quello dei soldati ( i volontari dell'organizzazione Zaka si dedicano a raccogliere anche i minimi frammenti dei corpi delle vittime degli attentati suicidi proprio per questo rispetto universale, non per qualche simbolismo politico). L'idea, poi, che un atto di odio bestiale come quello dello scempio e dell'esposizione dei corpi dei soldati israeliani uccisi a Rafah mirasse a "sottolineare la disintegrazione di un territorio" è un ulteriore tentativo di giustificare l'ingiustificabile, una pratica purtroppo consueta tra giornalisti e intellettuali quando commentano gli orrori del terrorismo palestinese.
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