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Il Mattino Rassegna Stampa
10.10.2004 La fotocopia del Manifesto che esce a Napoli
Michele Giorgio e Marc Innaro: analisi dei loro articoli

Testata: Il Mattino
Data: 10 ottobre 2004
Pagina: 1
Autore: Michele Giorgio-Marc Innaro
Titolo: «Sharon a Mubarak: aiutami a catturarli- L'incubo dell'Egitto»
Sul Mattino di oggi, sempre più una fotocopia del Manifesto, Michele Giorgio e Marc Innaro ( del quale non abbiamo affatto apprezzato il tono e i contenuti dei suoi servizi Rai TG da Taba, tutti tesi a minimizzare l'accaduto, quasi che la colpa fosse degli israeliani che ci erano andati in vacanza) esprimono al meglio i loro pregiudizi nei confronti di Israele.
Cominciamo con Michele Giorgio.

Dalle prime righe si deduce che anche il governo Sharon dà la colpa agli israeliani che avevano scelto l'Egitto quale meta per le loro vacanze. Non sono stati i terroristi ad uccidere, ma la colpa è degli israeliani (e non solo loro) che erano in Egitto in quel momento. Ridicolo e vergognoso.
"Israele brancola nel buio", bella frase ad effetto per far vedere un Israele terrorizzato e ferito. Mentre la realtà è tutto l'opposto. Israele ha fin da subito attivato le ricerche dei colpevoli, svolgendo le sue ricerche in tutte le direzioni. Persino verso Arafat, lui che aveva subito dichiarato che non c'entrava, senza esprimere altra opinione sull'accaduto. Bel Nobel per la pace ! Michele Giorgio sottolinea invece l'opinione dei movimenti terroristi per cui la strage è avvenuta per colpa di Sharon, e lo riporta come se fosse una notizia seria. E' esagerato affermare che in buona parte del suo pezzo Giorgio si fa megafono delle più vergognose affermazioni dei movimenti terroristi ?

Ecco l'articolo:


Michele Giorgio


Gerusalemme. I sanguinosi attentati di giovedì sera nel Sinai sono stati un colpo durissimo per Israele. Persino il governo del premier Ariel Sharon è apparso in stato di choc. Durante la riunione del gabinetto d’emergenza, che si è conclusa con un nulla di fatto, i ministri dopo aver ascoltato il rapporto dei responsabili dei servizi di sicurezza, hanno in prevalenza puntato l’indice contro coloro che avevano ridimensionato l’allarme-attentati nel Sinai lanciato un mese fa dal Mossad e altre agenzie di sicurezza. Tra quelli messi sotto accusa ci sono anche il vicepremier Tommy Lapid e l’esponente laburista Haim Ramon che, incurante degli avvertimenti, di recente ha trascorso un lungo periodo in località balneari non lontane da Taba.
Sharon da parte sua ha seguito costantemente le operazioni di soccorso tra le macerie dell’Hotel Hilton devastato da una violenta esplosione e l’esodo di migliaia di turisti israeliani che ieri hanno fatto ritorno nel paese dai villaggi turistici egiziani. Il governo ha predisposto un massiccio intervento delle forze di polizia a protezione del rientro di tanti cittadini. Le compagnie aeree hanno organizzato voli supplementari per velocizzare il ritorno da Eilat verso Gerusalemme e Tel Aviv di tante persone. Il premier si è consultato telefonicamente con il presidente egiziano Hosni Mubarak per fare il punto della situazione. I due hanno deciso di operare congiuntamente per arrivare, nel più breve tempo possibile, alla cattura dei responsabili degli attentati. Israele tuttavia brancola ancora nel buio e le autorità egiziane non hanno nascosto di essere state colte di sorpresa dall’accaduto, nonostante i servizi segreti del Cairo siano ritenuti i migliori nel mondo arabo, assieme a quelli siriani, nel tenere sotto controllo i movimenti di dirigenti e militanti dei gruppi islamici più estremisti.
Le organizzazioni palestinesi, le stesse che hanno rivendicato decine di attacchi suicidi nello Stato ebraico, stavolta si sono affrettate a prendere le distanze. Allo stesso tempo Hamas e Jihad islamica addossano la responsabilità delle ultime stragi al premier israeliano Ariel Sharon che, affermano, con la sua politica avrebbe scatenato la rabbia degli arabi e dei musulmani.
«I palestinesi non sono coinvolti, i nostri combattenti portano avanti la lotta armata solo in Palestina e non all'estero», ha detto Khaled Al-Batch, portavoce della Jihad islamica. Allo stesso tempo ha attribuito la colpa dei morti di Taba a Sharon e al suo governo che «perseguendo la distruzione dei palestinesi ha aizzato la collera di musulmani e arabi». Simili le dichiarazioni del portavoce di Hamas Mushir Al-Masri, secondo il quale le bombe della scorsa notte sono «la conseguenze dei crimini che Israele commette contro il popolo palestinese e dell'ampio sostegno che gli Stati Uniti continuano a offrire alla politica omicida dei sionisti». Al-Masri ha aggiunto che gli israeliani «devono prendere atto che la politica di Sharon genera morte e distruzione». Entrambi hanno seccamente smentito una responsabilità delle loro organizzazioni negli attentati.

Veniamo a Marc Innaro, che è pure corrispondente della Rai dal Cairo, e che ha preso degnamente il posto che fu di Paolo Longo e Riccardo Cristiano in quanto a disiformazione mediorientale. Inviato a Taba dalla Rai ha dato il peggio/meglio di sè al TG Rai del venerdi sera scorso. Non da solo in verità, bene accompagnato da Filippo Landi.
Ma veniamo al suo articolo sul Mattino.

Il suo linguaggio non perde occasione per mettere Israele in cattiva luce. L'hotel Hilton "era stato costruito dagli israeliani durante l'occupazione militare del Sinai".Poteva aggiungere dopo che era stato attaccato dall'Egitto che poi aveva perso la guerra. Invece no, meglio scrivere solo che occupava militarmente, fa più effetto. L'Hilton poi era diventato una delle sedi abituali " degli estenuanti e infruttuosi negoziati con cui la Casa Bianca, ai tempi di Bill Clinton", come se gli accordi fossero falliti per le inadempienze di Israele mentre invece, come ha riconosciuto Clinton nelle sue memorie, le sono sono andate in maniera opposta.
Nel descrivere l'Hilton scrive "una carcassa sventrata", "simbolo del fallimento totale di ogni tentativo di individuare finalmente uno spiraglio di luce,di speranza,di futuro". A Innaro non passa per la mente che l'Hilton è invece, con tutte le sue vittime, il simbolo della ferocia del terrorismo islamico. E per lui la Road Map è "un arnese inutile. buono per illudere europei e inguaribili ottimisti", mentre il povero Arafat è un "recluso". L'articolo segue con le espressioni di grande preoccupazione per l'Egitto (sarà forse perchè Innaro vive al Cairo, e lì è meglio che di bombe non ne esplodano, non si sa mai). Non una frase di cordoglio per le vitime israeliane (e italiane, ma, si sa, non sono mica le due Simone), niente di niente. Invitiamo i nostri lettori, già provati dalla lettura di Giorgio, a sopportare anche quella di Innaro.
Perchè il Mattino non mette sotto la sua testata " giornale anti-occidentale e anti-israeliano" ? farebbe un atto di onestà.

Eccom il pezzo di Innaro


L’ANALISI
L’incubo dell’Egitto

Marc Innaro
Su un punto, almeno, concordano i servizi segreti israeliani ed egiziani: avrebbe potuto essere una strage di dimensioni ben più gravi, giacchè appare ormai evidente che solo una delle tre autobombe, cariche di tritolo, ha centrato davvero il bersaglio.
Le altre due sembrano essere esplose prima del tempo, mietendo un numero di vittime largamente inferiore alle aspettative dei terroristi.
A meno di cento metri dalla frontiera con Israele, l'hotel Hilton di Taba era stato costruito dagli israeliani negli anni dell'occupazione militare del Sinai. Assegnato, dagli accordi di pace di Camp David, all'Egitto, l'albergo era divenuta (assieme a Sharm el Sheikh) una delle sedi abituali per gli estenuanti e infruttuosi negoziati con cui la Casa Bianca, ai tempi di Bill Clinton, aveva a lungo sperato di risolvere la questione israelo-palestinese una volta per tutte.
Da ieri, e non più solo agli occhi dei contendenti, la carcassa sventrata dell'Hilton è divenuta il simbolo del fallimento totale di ogni tentativo di individuare finalmente uno spiraglio di luce, di speranza, di futuro.
La Road Map, ripetono George W. Bush e Ariel Sharon, è un arnese ormai inutile, buono soltanto a far illudere europei e inguaribili ottimisti. Forse non lo dice, ma certo lo pensa anche Yasser Arafat, screditato, scaricato dai più, recluso da quasi tre anni nel suo quartier generale, ridotto al ruolo ormai consunto di presidente di se stesso (e di juke-box che canta sempre la stessa canzone).
Con il triplice attentato dell'altra sera nel Sinai egiziano, la partita rischia di passare di mano, di sfuggire ai tradizionali protagonisti e di trasformarsi in «madre di tutti i pretesti» o, a seconda dei punti di vista, in «madre di tutte le battaglie». Tutte le rivendicazioni, pervenute dopo le stragi nel Sinai, parlano chiaro: c'è la mano di Al-Qaeda nel camion-bomba dell'Hilton di Taba e nelle due autobombe di Nuweiba. Lo affermano gli israeliani. Lo confermano, seppure controvoglia, gli egiziani. E lo dimostra la cassetta che una settimana fa era giunta alla redazione di Al-Jazira, la tv satellitare del Qatar. Un messaggio audio in cui Ayman al-Zawahiri, braccio destro di Osama bin Laden, esortava i seguaci dello sceicco del terrore ad alzare il livello della lotta a favore dei «fratelli palestinesi». «Questa è un'era di resistenza della nazione musulmana» - diceva Al Zawahiri - non solo contro i crociati americani e il sionismo, ma anche contro i nostri governi musulmani che ci hanno tradito e si sono inginocchiati ai loro piedi». Una vera e propria dichiarazione di guerra anzitutto contro il regime del presidente egiziano Hosni Mubarak, ossia l'ordine perentorio di passare all'azione.
Qui al Cairo, è come se ci si risvegliasse d'un tratto in un incubo che si pensava rimosso, sconfitto, cancellato. Un incubo che riemerge prepotentemente dal passato. Un passato terribile, già segnato, il 6 ottobre 1981, dall'assassinio del presidente egiziano Sadat, caduto sotto i colpi di kalashnikov di un gruppo di suoi ufficiali, affiliati alla Jihad Islamica. Non gli avevano perdonato di aver voluto mettere la parola «fine» alle tante, troppe guerre combattute dall'Egitto contro Israele, di essere sbarcato nel novembre 1977, a Gerusalemme, per offrire un ramoscello d'ulivo ai nemici di sempre. La pace fu firmata con Israele, ma Sadat morì per questo. Il suo successore, Hosni Mubarak, in nome della stabilità e della sicurezza interna, per anni fece arrestare, processare e condannare migliaia di fondamentalisti islamici, che si erano macchiati anche delle stragi di turisti nel '97, a Luxor, alle Piramidi, al Museo Egizio, lungo il Nilo. Uno di questi, tuttavia, era riuscito a sfuggire alle retate della polizia.
È il medico egiziano Ayman Al-Zawahiri, che ora torna a minacciare Mubarak e l'attuale sistema di potere al Cairo. Ma non solo quello.
Nel 2003, il turismo è divenuta la prima risorsa economica dell'Egitto. Grazie a 7 milioni di presenze (oltre 1 milione gli italiani), oggi l'attivo della bilancia commerciale ammonta a 6,5 miliardi di dolari. Un boom impressionante di valuta pregiata e di investimenti stranieri nel settore. Con la ripresa degli attacchi dei suoi uomini-bomba, Al-Qaida sembra aver deciso di allungare la propria ombra inquietante.
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