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Il Foglio Rassegna Stampa
28.09.2004 Armi nucleari: cervelli e conoscenze dall'Iraq di Saddam all'Iran, dall'Iran alla Siria
tra canaglie ci si aiuta

Testata: Il Foglio
Data: 28 settembre 2004
Pagina: 1
Autore: un giornalista
Titolo: «La Siria offre all'Iran i cervelli atomici del regime di Saddam»
Dalla prima pagina del Foglio di oggi, 28-09-04, un'analisi delle comuni strategie nucleari di Siria e Iran e del ruolo degli ex scienziati di Saddam
Roma. Alla luce di sospetti sempre più
corposi, la comunità internazionale s’interroga
sulla vera natura del programma nucleare
iraniano. S’intravedono le prime levate
di scudi: se non c’erano armi di distruzione
di massa in Iraq e se Saddam Hussein
non rappresentava un pericolo per la sicurezza
internazionale, è facile che anche gli
allarmi sulla bomba di Teheran si rivelino
infondati. Ma c’è già chi dissente da questa
nuova vulgata e ne confuta le premesse. Per
lo scienziato iracheno Mahdi Obeidi, testimone
e protagonista del programma iracheno,
le mai sopite ambizioni nucleari di Saddam
costituivano una pericolo reale. "Gli
Stati Uniti hanno invaso l’Iraq per affrontare
una minaccia nucleare", scrive Obeidi sul
New York Times. Il rischio era tutt’altro che
risibile visto che "il programma nucleare
avrebbe potuto essere ripristinato con uno
schiocco di dita". Nel ripercorrere decenni
di studi e di test per sviluppare la tecnologia
che regalasse al rais la sua bomba, Obeidi rileva
che i progressi raggiunti in Iraq negli
anni 80 e 90 dal punto di vista del know how,
ma anche di strumenti, materiali e infrastrutture,
ponevano Baghdad a un passo dalla
meta. "Nessun dubbio che il programma
stesse per concretizzarsi all’epoca dell’invasione
del Kuwait", nessun dubbio, da parte
di Obeidi, che nonostante le confische e lo
smantellamento degli impianti nucleari iracheni
per mano degli ispettori dell’Agenzia
atomica, Baghdad avrebbe potuto riprendere
la corsa nucleare. Del resto l’unico argomento
che la frenava era la convenienza del
rais a non smuovere le acque, mentre si serviva
a piene mani dei proventi del programma
Oil for food. Ma gli interessi cambiano e
la passione per la bomba di Saddam avrebbe
potuto ad esempio trovare nuovi spunti
nell’inquietudine nei confronti del programma
nucleare degli odiati e rivali ayatollah
di Teheran. Obeidi non ha dubbi: la
Commissione per l’energia atomica irachena
poteva diventare operativa
e pericolosa. "L’Iraq
aveva i cervelli, i
prototipi e i piani
per la costruzione
delle centrifughe –
sottolinea Obeidi –
se Saddam avesse
dato l’ordine e il
mondo si fosse girato
dall’altra parte, gli scienziati
iracheni sarebbero
partiti con un vantaggio non di mesi ma di
anni rispetto alle esperienze precedenti".
Deposto Saddam, ora resta il rischio
che siano altri tiranni a beneficiare
dell’expertise dei colleghi di Obeidi.
Queste preoccupazioni trovano già
qualche riscontro: secondo il Sunday
Telegraph, Damasco avrebbe offerto
a Teheran la possibilità di accaparrarsi
i cervelli del programma
nucleare di Saddam.
In cambio di un accordo che
prevede la condivisione dei
progetti per la bomba, il
presidente siriano Bashar
el Assad starebbe
negoziando il trasferimento in Iran di dodici
scienziati iracheni. Riparati a Damasco
con la caduta del rais, grazie a un’operazione
congiunta tra le forze di sicurezza di Saddam
e quelle siriane capeggiate da Arif
Shawqat (cognato del presidente Assad), i
dodici sarebbero stati accolti a braccia aperte
e, protetti da nuove generalità, starebbero
ora fornendo il loro prezioso contributo
nell’attesa di essere trasferiti nelle più avanzate
installazioni iraniane. Contestato e accusato,
tra timide risoluzioni dell’Aiea e disaccordi
atlantici, il misterioso programma
iraniano guadagna ogni giorno nuove risorse.
Ma una volta approntata la fantomatica
bomba qual è l’obbiettivo di Teheran?
Rafsanjani consiglia raid su Gerusalemme
Gli analisti iraniani sono concordi nel ritenere
che il programma di Teheran risponda
a un’esigenza difensiva, motivata
dalla percezione dell’accerchiamento di
Washington e dei suoi alleati. Ali Akbar
Rafsanjani, eminenza grigia del regime, ha
recentemente ribadito di consigliare ai paesi
arabi di far precipitare una bomba atomica
su Israele. Hussein Shariatmadari, direttore
del quotidiano Kayhan, ha benedetto
le squadre di assassini suicidi. Gli sforzi
iraniani sono tutti in funzione anti-israeliana?
Il pensiero corre al crescendo di accuse
tra minacce iraniane di missili strategici
e condanne di Gerusalemme che contrattacca
ventilando altri missili. A dispetto delle
apparenze, a Teheran non ci si fida neanche
dei vicini arabi. La sfiducia è reciproca.
"L’Iran non ha confini con Israele e i suoi
sforzi per costruire la bomba non sono diretti
verso Israele, ma verso i paesi vicini,
l’obiettivo non è Israele", scrive Abdul Rahman
al Rashid su Arab News. Le autorità
iraniane confermano che sostanzialmente
nulla cambia nella secolare inimicizia:
"Israele è un nemico politico con cui non dividiamo
confini, ma gli arabi non ci amano".
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