Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Seminario sull'antiterrorismo in Israele un articolo di Guido Olimpio
Testata: Corriere della Sera Data: 27 settembre 2004 Pagina: 11 Autore: Guido Olimpio Titolo: «Da "pescatore" a "cacciatore": così cambia lo 007»
A pagina 11 del Corriere della Sera di oggi, 27-09-04, Guido Olimpio firma un articolo sul seminario sulla strategia dell'antiterrorismo svoltosi ad Herzliya in Israele dall'11 al 14 settembre. Ecco il pezzo: Da pescatore a cacciatore: se 007 e militari vogliono sconfiggere terroristi devono andarli a cercare. Distinguendo però tra chi spara davvero e chi invece è un civile innocente. Una lezione che può servire ai segugi sulle tracce di Al Zarkawi o dei reclutatori di kamikaze. Uomini dell'intelligence e ufficiali di molti paesi hanno affrontato la strategia anti-terrore nel corso di un seminario svoltosi dall'11 al 14 settembre a Herzliya, in Israele. Le previsioni degli esperti sono fosche. YORAM YAIR, GENERALE, ISRAELE — I terroristi «hanno rotto il giocattolo del potere militare». Sono dieci anni che lo dico, ma solo adesso mi danno ragione. Gli eserciti così come sono non servono, c'è un enorme gap tra la superpotenza e chi non ha altro che un lanciagranate, c'è la consapevolezza che puoi cercare di ammazzarli tutti ma alla fine non cancelli la loro idea. Le conseguenze sono drammatiche: 1) Terrore di gruppi fondamentalisti 2) Queste fazioni agiscono «con facilità» e poche conseguenze 3) Frustrazione degli ufficiali davanti ad una sfida nuova. NICHOLS PRATT, COLONNELLO, USA — Fino a dieci anni fa «l'ordine di battaglia» era chiaro: noi qua, loro là. Le risorse erano rivolte alla conclusione della missione. Oggi il nemico è più dinamico, disperso sul territorio, con volti diversi. L'impegno più grosso è «trovare la missione da compiere». Spesso non sai dove cercare o colpire. DORON TAMIR, GENERALE, ISRAELE — Siamo ad un punto cruciale. Il primo compito è distinguere il nemico dal sospetto. Per anni, sul campo di battaglia, i dati dell'intelligence venivano dall'alto verso il basso (satelliti, elettronica). Capovolgiamo il modo di intervento: le informazioni dello 007 devono salire dal campo, serve individuarle durante lo scontro, raffinarle, valutarle. ROHAN GUNARATNA, ESPERTO DI TERRORISMO, SRI LANKA — Per troppo tempo i servizi di sicurezza si sono comportati come un pescatore: buttano la rete ed aspettano che il pesce arrivi. Cambino mentalità e si trasformino in cacciatori, vadano a scovare la preda. Negli ultimi due anni l'adozione di questa tattica ha permesso di contenere i danni, forse ha impedito un nuovo attacco all'America. MICHAEL CHANDLER, EX 007, GRAN BRETAGNA — Molti paesi non vogliono capire la gravità della minaccia, quasi la ignorano. Spesso perché temono i contraccolpi sull'economia o conseguenze sulla stagione turistica. Le sanzioni basate sulla lista nera redatta dall'Onu non sono sufficienti: troppi buchi nella rete, troppi nomi che mancano. Infine un nodo stretto. Abbiamo una grande difficoltà a trasformare le informazioni di intelligence in prove processuali. YORAM YAIR, GENERALE, ISRAELE — Tendiamo a rispondere agli attacchi mobilitando i nostri Rambo, scendiamo al loro livello di scontro perché pensiamo che il nostro Dream Team sia il migliore. Poi arrivano i morti e noi non siamo disposti ad accettare le perdite. Prima di ordinare la carica voglio sapere un po' di cose: chi è il nemico? Osama? Le banche che lo aiutano? I sauditi? E dove è il campo di battaglia? Quando un generale non conosce tutto questo ha perso. AVIV KOCHAVI, COMANDANTE DI DIVISIONE, ISRAELE — Quando abbiamo dato l'assalto a Balata (Nablus) le informazioni dicevano che potevano esserci «da 200 a 2000 terroristi», perché i militanti di giorno sono civili normali e di notte si trasformano in combattenti. Abbiamo sperimentato nuove tecniche per gli scontri nei centri abitati. Invece di passare nelle stradine del campo profughi abbiamo «attraversato» le case facendo buchi tra una parete e l'altra. Siamo avanzati così per centinaia di metri cogliendo di sorpresa l'avversario. Il motto è: mai dalla porta, mai dalla direzione principale. E la progressione deve essere costante e in diagonale per non dare tempo all'avversario di organizzarsi. Conquisti una posizione, stai fermo per 20-30 minuti, riparti. Apri dei fori nelle case per i cecchini in modo da evitare di esporti al fuoco. Usi il silenzio come forma di pressione sul nemico, cerchi di influire sul suo modo di pensare. NICHOLS PRATT, COLONNELLO, USA — Una delle principali missioni è la caccia globale. Nei confronti dei capi di regimi come Saddam o di leader terroristi alla Bin Laden. Cosa serve? Capacità di infiltrazione, abilità ad agire su chiamata (quindi schieramento in posizioni avanzate), essere in grado di trovare qualcuno in qualsiasi punto della Terra e portarlo via, coordinamento 007-governi-polizie, possibilità di utilizzare insieme truppe convenzionali e forze speciali. ROHAN GUNARATNA, ESPERTO DI TERRORISMO, SRI LANKA — La dottrina Rumsfeld (segretario alla Difesa Usa, ndr) non funziona. Aggrediamo i gruppi, ma loro si rigenerano. Dobbiamo cercare una risposta più ideologica criminalizzando il linguaggio della Jihad e sancendo che Al Qaeda non è una formazione che trae legittimità dal Corano. Inoltre non sottovalutiamo la trasformazione del movimento terroristico. Si muovono in cellule locali o associate però si legano alla realtà internazionale. Guardiamo gli attentati a Bali e Giakarta della Jemaa Islamiya. Non aveva mai usato i kamikaze, né preso di mira gli occidentali. Adesso lo fa. L'ultimo attacco è stato giustificato con la presenza dell'Australia in Iraq. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla direzione del Corriere della Sera. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.