Processo a Israele nel libero stato del Libano l'inviato del quotidiano comunista racconta, ma non mostra di sapere dove si trova
Testata: Il Manifesto Data: 21 settembre 2004 Pagina: 9 Autore: Stefano Chiarini Titolo: «Nuovo processo per Sharon»
A pagina 9 del manifesto del 21 Settembre 2004, Stefano Chiarini firma un articolo intitolato: Chatila- "Nuovo processo per Sharon". Nonostante per due volte (commissione Kahn e processo Time), sia stata esclusa la responsabilità diretta di Sharon nella srtage di Sabra e Shatila, Chiarini insiste: un massacro, per suscitare il suo interesse, deve essere stato pianificato in Israele. Infatti massacri mediorientali nei quali questa ipotesi non può nemmeno essere ventilata lo annoiano profondamente e mai si è sognato, per esempio, di chiedere giustizia per le vittime del massacro di Halabija (al contrario accusa spesso i curdi di "collaborazionismo") o di Hama (opera dei Siriani che controllano il Libano Beirut
Notiamo per prima cosa da dove scrive il buon Chiarini: uno Stato occupato per metà dalla Siria, fatto che non viene ricordato nemmeno una volta in tutto l’articolo. Non sono "territori occupati" ?
Il caso Sharon e la battaglia legale e politica delle famiglie delle vittime del massacro di Sabra e Chatila, contrariamente a quanto molti credono, è tutt'altro che chiusa. Sul piano giudiziario abbiamo fatto ricorso alla Corte europea per i diritti dell'uomo contro la nuova legge belga che, retroattivamente, ha bloccato il procedimento in corso a Bruxelles, mentre su quello politico intendiamo continuare a porre all'opinione pubblica internazionale una semplice domanda: Com'è possibile che un personaggio come Sharon, ritenuto da una commissione di inchiesta del suo stesso paese `personalmente responsabile', in quanto ministro della difesa del tempo, di una strage di tali dimensioni sia ancora a piede libero?»
Con maggiore legittimità la domanda si potrebbe porre per i falangisti cristiano-maroniti, gli autori del massacro che entrarono nei campi profughi; cosa che Chiarini non dice, ma perché ?
L'avvocato libanese Chibli Mallat, figlio di una nota famiglia di giuristi e costituzionalisti, professore di diritto internazionale all'Università di San Giuseppe ad Ashrafieh, nel cuore della Beirut cristiano-maronita, non sembra avere dubbi sul fatto che, prima o poi, il principio della giurisdizione universale (la possibilità di perseguire ovunque i colpevoli di crimini di guerra e crimini contro l'umanità) riuscirà a portare sul banco degli imputati anche Ariel Sharon.
Perché ci troviamo nel cuore della Beirut cristiano-maronita, appunto…
Una determinazione, quella di Chibli Mallat, delle Ong palestinesi dei campi e di alcuni intellettuali palestinesi e libanesi, che ha portato prima ad un lunghissimo e oscuro lavoro di raccolta delle dichiarazioni dei testimoni dell'eccidio, usciti allo scoperto sfidando ogni possibile rappresaglia,
Alcune tappe di queste "rappresaglie": Maggio 1985, miliziani mussulmani attaccano i campi di Shatila e di Burj-el Barajneh Palestinian refugee camps, vengono ucccisi 635 palestinsi (fonte ONU); 1990, l’esercito siriano occupa le aree maronite del Libano, in otto ore muoiono più di 700 cristiani. Rappresaglie ? Forse. Sicuramente nessuna protesta da parte dei tanti sedicenti amici del popolo palestinese, Chiarini incluso.
poi alla stesura e alla presentazione della denuncia (18/6/2001) a nome delle famiglie di 23 vittime della strage in Belgio, l'unico paese che aveva recepito il principio della «giurisdizione universale», e quindi ad una campagna di sensibilizzazione sia in Libano che a livello internazionale per l'incriminazione di Sharon. «In questi giorni di bilanci vorrei sottolineare - continua l'avvocato delle famiglie delle vittime- che un possibile giudizio positivo da parte della Corte europea per i diritti dell'uomo non è affatto escluso e che in ogni caso la decisione della Corte di Cassazione belga, il dodici febbraio del 2003, che stabilì la legittimità del procedimento giudiziario per Sabra e Chatila - con la sola limitazione di un congelamento della posizione di Ariel Sharon fino a quando questi fosse stato primo ministro - costituisce giuridicamente e politicamente una pietra miliare nell'affermazione del principio della giurisdizione universale e una dura sconfitta della politica dei `due pesi e due misure' ». «E' vero che in seguito alle pressioni Usa il Belgio ha modificato la legge bloccando il processo (10/9/03) ma in ogni caso - continua Chibli Mallat - il fatto che un personaggio così potente come Ariel Sharon si sia dovuto difendere davanti ad un tribunale, accusato dai parenti di coloro che avrebbe fatto massacrare, costituisce una grande vittoria del diritto. Un po' come i pronunciamenti della Camera dei Lord sulla legittimità di un procedimento a carico dell'ex dittatore cileno, Augusto Pinochet, nel 1998, e quello della Corte internazionale dell'Aja contro la costruzione del muro di Sharon all'interno dei territori palestinesi». L'ottimismo di Chibli Mallat può sembrare forse eccessivo se non si tiene conto delle forze che, sin dall'inizio, si misero in moto per fermare il processo e che arrivarono ad uccidere, nel gennaio del 2002 a Beirut, con un'autobomba, Elie Hobeika il capo dei servizi delle falangi libanesi che avrebbe pianificato la strage con l'allora ministro della difesa israeliano Ariel Sharon e che si era detto pronto ad andare in Belgio a testimoniare contro il suo ex capo.
Notiamo come Chiarini passi dall’illazione al condizionale al falso all’indicativo. L’illazione, tutta da provare è sul conto di Sharon, che avrebbe pianificato il massacro assieme ad Hobeika, mentre questi che non può smentire, si era detto pronto "a testimoniare contro il suo ex capo" (naturalmente, Sharon: se c’è del sangue la colpa non può che essere degli israeliani). In realtà Hobeika non aveva mai anticipato i contenuti della sua testimonianza, si era detto pronto a testimoniare, ma senza dire che la testimonianza sarebbe stata contro Sharon Incidentalmente, noi rileviamo che "il capo" dei maroniti adesso è l’esercito della Siria, che occupa il Libano, e che nel governo fantoccio libanese Hobeika era ministro per... la sistemazione dei profughi palestinesi I lettori di Chiarini lo sanno ?
La testimonianza di Hobeika sarebbe stata particolarmente importante perché avrebbe confermato il ruolo centrale, promotore, organizzativo e di copertura dei killer, svolto dall'esercito israeliano. Un ruolo che era già emerso con chiarezza da alcuni resoconti, relativi agli incontri tra i comandi israeliani e i leader falangisti, giunti agli avvocati dell'accusa da un'anonima fonte israeliana o americana.
Attenzione: si parte da fonti anonime, che nemmeno si sa se siano israeliane o americane; queste fonti, diffuse in un paese, il Libano, in cui la mancanza di libertà impedisce controlli e verifiche, prestano resoconti che "confermano" il ruolo dell’esercito israeliano. In questo modo argomentano gli ufologi, non i giuristi…
La partecipazione diretta al massacro delle truppe di Tel Aviv è stata anche recentemente confermata dal fatto che molti palestinesi «scomparsi», un terzo del totale delle vittime, fossero stati in realtà presi in consegna o arrestati dai soldati israeliani. Alcuni articoli di stampa, apparsi sul settimanale tedesco «Der Spiegel» e sul quotidiano francese «Liberation», sono poi andati ancor più in là parlando anche di una presenza a Chatila di agenti israeliani entrati nel campo con o persino prima dei falangisti. Qui le fonti non sono neppure citate.Inoltre: il settimanale tedesco «Der Spiegel» e il quotidiano francese «Liberation» hanno mai parlato dell’occupazione siriana del Libano ?
«Speriamo che con il passare del tempo si facciano avanti nuovi testimoni e che qualcuno cominci a fornirci ulteriori elementi per arrivare alla verità - sostiene Chibli Mallat prima di congedarci - in ogni caso tutto dipenderà dalla mobilitazione dell'opinione pubblica. I primi anni solo le madri delle vittime osavano sfidare le pallottole per andare a pregare sulla fossa comune di Chatila, mentre in questi giorni vi sono iniziative, con delegazioni di vari paesi, che coinvolgono tutta la città.
Una città, ricordiamo, sotto occupazione siriana. Sicuramente manifestazioni affollate ed entusiaste; chissà perché non possiamo mai vederne delle foto, su Il manifesto ?
La giustizia costituisce l'unica speranza per battere i troppi apprendisti stregoni dello scontro tra civiltà
E tanto per rincarare la dose, sulla stessa pagina, ecco un trafiletto non firmato: PALESTINA Israeliani killer: uccisi 4 palestinesi Gli israeliani, nel silenzio-assenso della comunità internazionale, continuano ad ammazzare palestinesi a man salva. «Esecuzioni mirate» e no. Ieri un con un missile hanno ucciso «almeno» due militanti di Hamas a Gaza City (altri 8 palestinesi, generalmente passanti, feriti).
Se qualcuno scrivesse: "Italiani killer: uccisi due militanti dei Nuclei Armati Rivoluzionari, mentre stavano sistemando un ordigno nei pressi di una stazione ferroviaria" verrebbe giudicato un cronista obiettivo? La notte precedente le truppe avevano abbattuto un palestinese disarmato nella striscia di Gaza.
In quali circostanze non viene detto. almeno però si deduce che i due di sopra non erano disramati.
Domenica sempre a Gaza City ancora un missile israeliano aveva fatto a pezzi Khaled Abu Selmiya, un leader di Hamas.
"un leader dei Nuclei Armati Rivoluzionari è stato fatto a pezzi" (omioddio che crudeltà, siamo proprio di fronte a un crimine contro l’umanità, anzi: ad un Olocausto)
Ma anche due palestinesi accusati di essere collaborazionisti di Israele sono stati freddati da uomini mascherati a Tulkarem, in Cisgiordania.
E chissà chi si nascondeva sotto quelle maschere…
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