Il terrorismo visto da Israele analisi di Fiamma Nirenstein
Testata: La Stampa Data: 11 settembre 2004 Pagina: 6 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «L'orrore sorprende il mondo, non Israele»
Durezza militare e dialogo politico. Così Israele, il paese che da sempre conosce il terrorismo. Nell'analisi di Fiamma Nirenstein sulla Stampa del 11-9-2004 C’E’ un mondo di scuole, famiglie, soldati, che si esercita da circa cinquant’anni, con un evidente peggioramento negli ultimi quattro, a affrontare tutto quello che il mondo sta fronteggiando in questi mesi, da quando, è entrato nel mirino dei terroristi. Atrocità contro gli innocenti, scoppi, crudeltà, ricatti. Questa encicolopedia del terrorismo la possiede suo malgrado la società israeliana. La testimonianza più dura di questa mesta prescienza l’abbiamo letta nella missiva di un gruppo di ragazzi della scuola Sheva Mofet scampati al massacro della discoteca Dolphinarium di Tel Aviv (21 uccisi da un terrorista suicida): «La vostra pena ci è vicina in modo molto speciale - scrivono sette sopravvissuti -, da tre anni ci accompagna lo strazio dell’attacco terroristico in cui i nostri compagni hanno avuto la vita spezzata in mezzo secondo, mentre altri sono stati rimasti invalidi e non torneranno più alla vita normale. Fino ad oggi ci è difficile entrare nella classe dove studiavano i ragazzi uccisi e guardare negli occhi quelli che continuano la loro strada. Ma non possiamo arrenderci. Il terrorismo ci deve rendere più forti. Siamo con voi, colleghi della nostra età, in questo momento difficile, con voi piangiamo e auguriamo ai feriti di guarire in fretta». I bambini sono un obiettivo prelibato del terrorismo sin dall’inizio del suo agguato alla società: nel maggio 1974 il liceo di Maalot fu invaso dai terroristi che presero in ostaggio i quasi duecento ragazzi delle medie di Safed in gita che vi avevano pernottato; le scene che si svolsero fuori, con i genitori disperati che assediavano l’edificio, e dentro, dove i terroristi inseguivano i ragazzi per le aule e li scannavano ridendo davanti agli altri alunni, ricorda molto Beslan. Furono uccisi 21 ragazzi e cinque insegnanti, i tentativi di irrompere furono tre, i feriti furono 134, la trattativa iniziata subito all’inizio del sequestro fallì. I bambini, a detta dei rappresentanti delle varie organizzazioni terroristiche, altro non sono che gli adulti di domani, soldati invasori e colonialisti che devono essere uccisi secondo i progetti di Hamas, delle Brigate di Al Aqsa, della Jihad. Gli altri elementi della guerra terrorista che Israele ha sperimentato sono la forzata modificazione della società civile cercando di mantenere un modo di vita aperto e una struttura democratica, la criminalizzazione, la spaccatura politica sulle soluzioni, e l’esperienza del terrore come variabile indipendente, qualsiasi cosa faccia. L’attacco alla società civile, stupefacente nella sua disfunzionalità rispetto alla nostra morale occidentale, la corsa a uccidere donne vecchi e bambini ha portato Israele all’esperienza decennale di una rete di sicurezza che ti fruga sempre nella borsa, ti interroga all’aereoporto, ti tiene sempre in pena quando metti i bambini sull’autobus verso la scuola o quando ti salutano per andare in gita; ma che nello stesso tempo costringe a una grande vitalità, per cui esci da casa subito dopo un attentato e vai al cinema o al caffè perchè altrimenti vince la morte a la dittatura del terrore. Vitalità e stato di guardia vanno paradossalmente insieme nella vita di un Paese che sa cos’è il terrore. L’eperienza ha modificato incessantemente le tecniche dei servizi di sicurezza, ha creato tecniche nuove e nuove unità oltre alla Sayeret Matkal, (lo Shaldag e il Commando 13),ha affinato le tecniche di check point e dei servizi segreti. Ha creato molta sorveglianza verso gli eccessi dei soldati. Pochi giorni fa nella scuola di Matzeret Batya, prima di Beslan, la polizia ha tenuto un’esercitazione intitolata «Dalla Russia con amore» pensando all’attacco di massa dei terroristi ceceni a Mosca due anni fa. Ha usato nuove tecniche segrete. Importante la lunga esperienza di resistenza morale all’essere criminalizzati, messi sotto accusa, vilipesi su tutta la stampa araba, a discutere di sè senza impazzire e tenere per il nemico. L’incitamento parte in quarta quando, nel 1931, il Grande Mufti di Gerusalemme, Haj Amin al Husseini teorico anche dell’eliminazione degli ebrei nemici dell’Islam (grande amico della Germania nazista) indisse il congresso mondiale islamico che avviò la tendenza che dall’«esame per esaminare la situazione dell’Islam in modo da decidere le misure necessarie ai suoi interessi». Era l’aggancio, molto auspicato dai movimenti nazionalisti arabi, con un Islamismo antiebraico nuovo per l’Islam, e che è quello che oggi porta a gridare «Uccidete gli ebrei assassini del profeta» o «Uccidete i porci ebrei» (funerali di Gaza, mercoledì scorso). Israele è il primo Paese che con enorme sconcerto ha sperimentato il terrorismo suicida di massa, che ha visto una donna suicida afferrare la carrozzina di un neonato prima di azionare la cintura. E’ anche il primo che ha osservato, stupefatto, che pure offrendo il massimo richiesto (Rabin, Peres, Barak questo fecero con Arafat a Oslo, Camp David, Taba) pure si trovarono di fronte una sventagliata di attacchi terroristici senza precedenti, misurando così la variabile indipendente del terrore, che non accetta compromessi. Ha rischiato di vedere i suoi media mezzo di propaganda del terrore. Ha ceduto molto contro i vivi e i morti rapiti dagli Hezbollah, in cambio di tre soldati uccisi e di un commerciante, (Tennembaum) del tutto irrelato al conflitto ha liberato centinania di prigionieri pericolosi. La lezione generale che si può leggere da questo libro vivente della storia del terrorismo viene dalla gestione del recinto di sicurezza: misura di difesa molto determinata, presa con fatica, ci mostra decisione a difendere se stessi. Pure la Corte Suprema Israeliana cerca di spostare il recinto e le sue parti in muratura al fine di tener conto della legalità internazionale. Inoltre, Sharon che ha portato guerra a casa dei terroristi, prepara uno sgombero delle colonie che pur parziale e guardingo onora le richieste di fondo dei palestinesi, che sono territoriali, dimostrando che c’è una porta aperta. Durezza militare e mano politica tesa: questa sembra l’indicazione del veterano del terrore, Israele.
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