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Europa Rassegna Stampa
08.09.2004 Anche il quotidiano della Margherita intervista Tariq Ramadan
il quale ci spiega che dovremmo preoccuparci di più del suo visto negato che del terrorismo

Testata: Europa
Data: 08 settembre 2004
Pagina: 2
Autore: Stella Prudente
Titolo: «Mai cedere al ricatto dei terroristi ma al tempo stesso trattare»
A pagina 2 Europa di oggi pubblica l'articolo:

"Mai cedere ai ricatti terroristici ma al tempo stesso trattare. Come fa Parigi". Intervista a Tariq Ramadan

Del pensatore fondamentalista e antisemita (vedi Ritratto di Tariq Ramadan, Informazione Corretta 03-09-04) viene data un'immagine del tutto falsata, conferendoli un'immeritata credibilità quando sostiene che dovremmo preoccuparsi più dei diritti civili minacciati, a suo dire, dal fatto che gli Stati Uniti negano il visto d'ingresso a propagandisti islamisti come lui che del terrorismo.
Ecco il pezzo:

Nella crisi degli ostaggi in Iraq, è «fondamentale mantenere la linea della fermezza e non dare seguito a nessun genere di ricatto» da parte dei guerriglieri. Ma «i governi devono muoversi con estrema rapidità e attivare canali di dialogo con il mondo arabo: come sta facendo la Francia nel caso di Chesnot e Malbrunot, e non è riuscita a fare l’Italia, che ha dimostrato un approccio troppo passivo », ragiona Tariq Ramadan, esperto di rapporti fra religioni, una delle figure più controverse del panorama europeo.
Per Time è tra i cento più signifi- cativi intellettuali del 2003. Già membro del Gruppo dei saggi voluto da Romano Prodi per il «dialogo fra i popoli e le culture nello spazio euromediterraneo », Ramadan è impegnato da anni nel tentativo di gettare un ponte fra i musulmani e il resto della società francese. In Francia, l’anno scorso, è stato al centro di una dura polemica dopo aver accusato, citandoli con nome e cognome, alcuni intellettuali ebrei francesi di «sviluppare delle analisi sempre più orientate verso una preoccupazione comunitaria».
Nipote di Hassan al-Bana, fondatore del movimento egiziano dei Fratelli musulmani, Ramadan insegna all’Università di Friburgo, in Svizzera, e all’Università Notre Dame (Chicago), ma la settimana scorsa il governo statunitense gli ha revocato il visto, per presunti legami con gruppi islamici radicali.
Ramadan, innanzitutto, «condanna come musulmano ed essere umano, la tecnica dei sequestri»: «Essere sensibili alla causa cecena – secondo lui – non significa giustificare quello che sta succedendo in Ossezia, un’azione semplicemente inammissibile ».
«Un governo – d’altronde – non si può permettere soltanto di dire "no", ma deve proporre una linea politica forte. La Francia ha sempre mantenuto un’autonomia precisa dagli Stati Uniti, e dalla notizia della scomparsa dei due connazionali, lo scorso 20 agosto, ha dato prova di una formidabile attività diplomatica in tutto il mondo arabo».
Certo, la legge della laicità voluta da Jacques Chirac si è attirata molte critiche all’interno della comunità islamica internazionale, gli stessi sequestratori di Chesnot e Malbrunot ne hanno chiesto la revoca in cambio del rilascio degli ostaggi. «Io mi sono schierato contro l’approvazione della norma che impedisce di esibire "simboli religiosi" nelle scuole pubbliche, la ritengo una legge della paura e dell'esclusione », spiega Ramadan, «ma ora che è stata approvata, è legge».
«Chi è cittadino francese, e musulmano, può continuare attraverso il dialogo democratico a cercare il modo di conciliare la legge con la fede islamica. Secondo me, i musulmani non dovrebbero essere esposti alla tentazione di proteggersi in sistemi scolastici paralleli, ma dobbiamo rispettare la legge – sottolinea – starà alle ragazze musulmane fare una scelta fra la scuola pubblica e il velo. E il mio consiglio è quello di scegliere la scuola». Ramadan è convinto che lo Stato laico sia una condizione indispensabile per la pratica della libertà religiosa. Ma «i modelli democratici, quelli, non si possono esportare. Perché i modelli possono essere infiniti, sono i principi ad essere universali: sovranità della legge, pari diritti di cittadinanza, suffragio universale, responsabilità dei leader accompagnata dall’alternanza politica».
La sfida per l’Occidente, a detta dell’islamologo, è quella di «fornire i mezzi alle società arabe di applicare questi principi. E non si può nemmeno pensare di esportare un modello senza applicare questi assiomi, come sta avvenendo in Iraq».
Sulla guerra nel Golfo, comunque, limitarsi alla critica della politica statunitense è decisamente sbagliato, afferma Ramadan.
«Qual è la proposta dell’Europa – chiede – Ora che il conflitto c’è stato, non basta più sottolineare la propria opposizione all’intervento, come deve intervenire l’Onu? Come si fa a mobilitare le energie democratiche all’interno dei paesi arabi, dove da decenni ormai non si muove più niente?». La premessa indispensabile, in questo ragionamento, «è una politica estera europea, per il momento assente».
«L’unica politica di vicinato esistente, adesso, è quella della barriera invisibile con cui l’Europa si protegge dai flussi immigratori», denuncia il professore svizzero di origini egiziane. Allo stato attuale delle cose, ritiene Ramadan, «l’Europa non solo non propone niente, ma subisce le conseguenze delle cattive politiche altrui».
La critica di Ramadan si declina comunque in un’autocritica del mondo arabo e in un «appello alle responsabilità dei musulmani in Occidente, perché non si scada nel vittimismo ». Il messaggio principale contenuto nell’ultimo libro dell'intellettuale ginevrino (I musulmani occidentali e il futuro dell’Islam) è infatti che accettare una società aperta non significa tradire i principi musulmani.
I musulmani occidentali hanno il dovere di rispettare un dialogo politico aperto con le istituzioni, insomma, ma le istituzioni devono ricambiare. In questo senso, dice Ramadan, la Francia si trova ancora una volta in una posizione di vantaggio rispetto all'Italia.
«L’esperienza del Consiglio francese del culto musulmano (Cfcm) può essere un buon punto di partenza: si tratta di un organismo rappresentativo, che si propone di diventare pienamente elettivo entro due anni.
Il governo italiano, invece, attraverso la Consulta proposta dal ministro Pisanu pretende di scegliersi i referenti all’interno della comunità islamica, e di limitare il suo rapporto con loro a un organismo di tipo consultivo. Il che tradotto signifi- ca "non ci fidiamo di chi voi siete"». Un governo occidentale, sostiene Ramadan, «dovrebbe avere il coraggio di investire più tempo per accompagnare un processo di democratizzazione fra i musulmani».
Le politiche di sicurezza e sorveglianza che escludono il dialogo, avverte, alimentano le divisioni: «Per il momento le subiamo noi musulmani, che ci vediamo arrestare senza motivo o sottrarre un visto per andare a insegnare negli Stati Uniti, ma presto ci renderemo conto che a rischio ci sono i diritti fondamentali di ogni cittadino, le nostre libertà più urgenti, come quella di espressione o di movimento ».
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