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La Stampa Rassegna Stampa
08.09.2004 L'insigne rettore che giustifica le stragi di Hamas
Igor Man benedicente e gli sprovveduti che costringono contingenti militari al ritiro, le "esigenze del dialogo" secondo Francesco Cossiga

Testata: La Stampa
Data: 08 settembre 2004
Pagina: 1
Autore: Igor Man - Francesco Cossiga
Titolo: «Una breccia nell'Islam - I limiti del dialogo»
In prima pagina su La Stampa di oggi, 08-09-04 l'aricolo di Igor Man, "Una breccia nell'Islam", sull'appello dei leader reliogiosi musulmani riuniti a Milano per il convegno promosso dalla comunità di Sant'Egidio, in favore della liberazione delle due italiane rapite ieri dai terroristi iracheni. Questi ultimi, come pure i sequestratori di Enzo Baldoni, che in precedenza avevano ottenuto il ritiro del contigente filippino, sono per Man "degli sprovveduti", che "vivono ai margini di una grande tragedia".
Non sono loro il terrorismo iracheno, con il quale dunque, se ancora sa distingure tra pacifisti da un lato e "americani e loro alleati dall'altro, rimane la possibilità di una trattativa.
Man dovrebbe però spiegare chi sono i teroristi non "sprovveduti", quelli che non odiano l'Occidente solo perchè esiste, ma solo perchè ha abbattuto Saddam Hussein.
Lo sceicco al Tayyb, che ha apertamente giustificato le stragi di Hamas è definito "l'insigne rettore di al Azhar", autore di una "dura reprimenda" contro i terroristi (eccetto appunto quelli che uccidono gli israeliani). L'appello dell'UCOI, associazione fondamentalista affiliata ai fratelli musulmani che pure giustifica Hamas ha un "alta valenza etico-politica".
Ecco il pezzo:

E’ d’obbligo non farsi troppe illusioni ma forse una breccia s’è aperta nel muro della galassia islamica. Spontaneamente, per iniziativa del suo presidente, Mohamed Nour Dachan, l’Ucoi (Unione delle Comunità ed Organizzazioni islamiche in Italia): «Liberatele», dice ai sequestratori delle due ragazze del «Ponte per Baghdad». Colpisce il linguaggio dell’Ucoi: più che un appello è una intimazione. La più robusta organizzazione islamica in Italia impiega un linguaggio che esula dalla semantica, diremo post-maomettana. «Chiunque voi siate e quali che siano le motivazioni, lasciate andare Simona Pari e Simona Torretta: subito, senza condizioni». Di più: c’è un primo segnale: i leader religiosi iracheni, a Milano per il dialogo sulla pace che ogni anno la Comunità di Sant’Egidio propone nel solco della preghiera ecumenica di Assisi (1986) voluta dal Papa, hanno, anche loro, esortato i rapitori delle ragazze a liberarle subito senza condizioni. Così come il povero Baldoni, fors’anche più di lui, le due si sono sempre spese «per la causa dell’Iraq» invaso dagli americani.
Il sequestro delle due coraggiose idealiste conferma tuttavia il sospetto che i rapitori somiglino ai carnefici di Baldoni. Lui e queste due animose figliole combattevano contro i mulini a vento davvero: s’è visto ieri e di nuovo oggi come gli armati che catturano alla cieca chiunque non sia musulmano siano degli sprovveduti, vivano ai margini d’una grande tragedia, peschino nel torbido senza sapere quel che si fanno.
Ci fa tremare il fatto che agiscano per contagio, stravolti dall’anarchia, dall’odio, gonfi di presunzione, intossicati da un mostruoso complesso di inferiorità. Riusciranno a cogliere l’alta valenza etico-politica dei messaggi dell’Ucoi, dell’intimazione dei religiosi iracheni, della dura reprimenda di Ahmad al Tayyb, l’insigne rettore di Al-Azhar?
E qui va detto come non sia forse corretto parlare di «islám moderato»: l’islám, come il cristianesimo e l’ebraismo - le tre religioni monoteiste - è naturaliter «moderato» perché la matrice dell’islám è la tolleranza. L’eccezione sono i rapitori, simili ai talebani: paranoici, ignoranti manipolatori del Corano.
Se il popolo dell’islám, un miliardo e passa di anime, vuol affermarsi per quel che è, nel nome del Dio unico si affretti a prosciugar lo stagno turpe in cui nuotano presunti patrioti «resistenti». Contro il fanatismo dei bruti «che non sanno», non risolverebbe nemmeno l’atomica. Solo al Quran, la Parola, può sconfiggerli, tocca dunque all’islám espellere il corpo estraneo del fanatismo, dell’ignoranza assassina.
A pagina 6, Francesco Cossiga firma come "Presidente emerito della Repubblica", l'articolo "I limiti del dialogo".
Il pensiero di Cossiga è contorto e variabile,non si sa mai se quello che pensa il lunedì è ancora valido il martedì. Lasciamo ai lettori il giudizio su questo sconcertante articolo, che di seguito pubblichiamo:

Caro direttore,
l'inarrestabile immigrazione terzo-mondista e prevalentente islamica in Europa sta assumendo tutti i caratteri di una vera e propria invasione pacifica. In un'epoca nella quale fortunatamente è cambiata la nozione e la funzione delle frontiere statuali ed è bandito l'uso delle armi per assicurarne l'intangibilità sotto il profilo non della difesa nazionale, ma come nel caso dell'immigrazione clandestina e irregolare per motivi di pubblica sicurezza, quando non di sola regolarità formale, arrestare l'immigrazione non è possibile. E tanto meno lo è possibile per noi cristiani che dobbiamo dare un'attuazione pratica al precetto biblico per cui Dio ha donato la terra a tutti e ciascun uomo, e tutti e ciascun uomo hanno quindi il diritto ad abitare e lavorare in qualunque parte della terra, a prescindere dalla cittadinanza giuridica, dalla nazionalità, dalla razza e dalla religione. Non si tratta quindi di «arrestare» l'immigrazione ma soltanto di regolarne gli effetti, per rendere possibile la pacifica convivenza.
Ciò importa due cose: che comprendiamo la dimensione vera di questa «invasione» e quindi la necessità del confronto tra la cultura occidentale, ed in particolare giudeo-cristiana, e la cultura islamica, che è tutt'uno con i principi della religione mussulmana consacrati nel Corano.
Non mi hanno scandalizzato quindi le dichiarazione rese ad un quotidiano lombardo, - nel quadro del prezioso meeting sul dialogo interreligioso assai meritevolmente organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio -, da parte di un arabo moderato, di grande scienza e sapienza, quale è il teologo islamico Ahmad Al-Tayyb, rettore della più prestigiosa e autorevole università del mondo islamico, la massima cattedra in materia di teologia mussulmana, l'Università Al-Azhar del Cairo. Condannando l'eccidio dei bambini in Ossezia per mano del terrorismo islamico ceceno, egli ha con chiarezza e sincerità difeso come legittimo e meritorio ciò che molti di noi occidentali, anche non ebrei o israeliani, - ad eccezione di parte della sinistra estrema e di «cattolici militanti», come ad esempio con coraggio i filo-arafatiani Romano Prodi e Pierluigi Castagnetti -, consideriamo «terrorismo», e cioè l'uccisione di civili israeliani, compresi vecchi, donne, ammalati e bambini da parte di «kamikaze», anche donne, ragazzi e ragazze, che egli conforme alla sua fede nella Jiddah, giudica e proclama «martiri». Se non vogliamo andare allo scontro di religioni e di civiltà, noi con umiltà intellettuale, etica e religiosa dobbiamo accettare anche questo punto di vista. E che cioè il «terrorismo» non è sempre e ovunque da condannare, ma che può esser giustificato, approvato e lodato dalla sua «causa finale», nazionale o religiosa.
Presidente emerito della Repubblica
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