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La Stampa Rassegna Stampa
31.08.2004 Il dialogo non ha fermato l'antioccidentalismo del mondo islamico
è ora di porre delle condizioni

Testata: La Stampa
Data: 31 agosto 2004
Pagina: 1
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Pregiudizi più forti del dialogo»
In prima pagina sulla Stampa di oggi, 31-08-04, Fiamma Nirenstein firma l'articolo "Pregiudizi più forti del dialogo". Di fronte alla tragedia di Enzo Baldoni e al drammatico sequestro di Christian Chesnot e George Malbrunot, ci si chiede "che fare ?".
Accrescere la sicurezza, colpire con più forza i terroristi o percorrere la via del dialogo?
L'articolo ricorda che l'Europa ha già tentato, senza successo, questa seconda strada e indica quali condizioni irrinunciabili è ora necessario vengano poste da tutto l'Occidente.
Ecco il pezzo:

Assieme al volto scherzoso di Enzo Baldoni, ormai simbolo di tragedia e di penosa domanda sul futuro, ci accompagna in queste ore, con la speranza per le loro vite, il pensiero di Christian Chesnot e di Georges Malbrunot.
Che fare? Di fatto, si ha la sensazione di essere a un bivio nelle strategie possibili: da una parte molte autorevoli firme dicono che le armi della sicurezza devono essere molto più appuntite. Dall’altra si ammonisce che questo farebbe il gioco di Al Qaeda, e si implora di mantenere una linea amichevole e accogliente verso il mondo islamico. Ma questa linea, lodevole e intrinseca alle aspirazioni della democrazia, abbisogna di sviluppo. Infatti, noi siamo e siamo stati sempre, dopo il colonialismo, molto aperti col mondo arabo. Da quando nel 1962 i francesi si ritirarono dall’Algeria, la politica europea (con umani limiti) è stata di accoglienza e simpatia. La guerra di liberazione degli arabi divenne uno squillo di tromba (chi non ricorda «La battaglia d’Algeri» di Gillo Pontecorvo?) e la kefiah, negli stessi anni (prima del ‘67), sostituì l’eskimo. Si spalancava la porta all’immigrazione fino alla dichiarazione del 1975 dell’Associazione Nazionale per la Cooperazione Euro Araba che prometteva di usare «generosi mezzi... per la vita culturale e religiosa araba». Prima, nel ’67, De Gaulle aveva decretato l’embargo a Israele durante la Guerra dei Sei Giorni.
Sempre sul piano strategico, politico, economico, la Francia in testa, l’Europa è stata simpatetica verso il mondo arabo. Nel ’96 Chirac al Cairo dichiarò che «Europa e musulmani scriveranno la storia insieme»; dal ‘73, con la crisi energetica, la cooperazione con la Lega Araba era cresciuta enormemente. L’Onu ha una colonna portante nella predilezione europea per il mondo arabo. Eppure questo non ha forgiato un’amicizia profonda, perché abbiamo ignorato (razzisticamente) la carica ideologica dei regimi arabi, gli interessi dei loro dittatori a farne uso, il conseguente disprezzo per l’Occidente degli immigrati.
E’ qui che si forma il brodo di coltura del terrore, nel pregiudizio ideologico, inscalfibile dalla cortesia istituzionale. E oggi, immensamente amplificato dai media. Un pesante antioccidentalismo ha inquinato la discussione (che avrebbe potuto avere tutt’altro segno) sul Grande Medio Oriente: i G8 indicarono per l’economia e la cultura misure che, nonostante le infinite cautele, apparvero al mondo arabo tese a «destabilizzare» il Medio Oriente. Quando i giordani hanno cercato di correggere sui loro libri di testo un po’ d’odio antioccidentale, si è sollevato un dibattito micidiale sulla «cultura della sottomissione». La storica disponibilità europea non ha purtroppo scalfito l’oceano di incitamento antioccidentale anche sulla stampa ufficiale, nella Tv, nelle moschee. Alla gran parte del mondo arabo la disponibilità è apparsa debolezza. Qui si deve attuare lo scambio. E’ proprio il rispetto per il cittadino arabo che ci deve spingere a evitare, per legge, che l’indottrinamento antioccidentale letale sia base della sua educazione, e quindi base della diffusione del terrorismo. Questo è il prezzo da chiedere ai nostri amici islamici, in patria e nella diaspora.
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