lunedi` 21 aprile 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



Clicca qui






La Repubblica Rassegna Stampa
30.08.2004 Nel kibbutz dove si insegna a "morire con onore"
un articolo di Marco Ansaldo

Testata: La Repubblica
Data: 30 agosto 2004
Pagina: 17
Autore: Marco Ansaldo
Titolo: «Israele, il kibbutz che insegna a morire»
A pagina 17 di Repubblica di oggi, 30-08-04, Marco Ansaldo firma l'articolo «Israele, il kibbutz che insegna a morire "Primo: chiudere il cerchio della vita" », che di seguito riproduciamo.


TIBERIADE (Israele) - Abbiamo chiuso il cerchio della nostra vita? O abbiamo ancora dei rimpianti? E allora non è il momento di affrontare quella cosa inevitabile che è la morte, e prenderla di petto? Sono queste le domande che ci si pone in una casa immersa nel verde e non lontano dal mare, nei pressi del primo kibbutz fondato in Israele, quello di Moshe Dayan: la scuola dove si impara a morire.
Lungo la valle del Giordano, a sud del lago di Tiberiade, nella classe della numerologa Noa Ilan ci sono 14 alunni. Hanno tutti fra i 70 e i 90 anni. In maggior parte donne, gli uomini sono appena uno o due e non partecipano sempre. Qui si «studiano» le morti più diverse. Per incidente. Per malattia. O semplicemente per vecchiaia. E le diverse fasi in cui il corpo si corrompe e «l´anima finisce per distaccarsi».
Noa ha 54 anni e ne dimostra dieci di meno. Capelli rossi sciolti, collana rosa con portafortuna al collo, tiene questo corso da 8 anni. «Tento di insegnare alla gente a morire in modo onorato - dice - perché c´è molto onore nella morte. Le ultime parole di una persona che sta per lasciare questa terra sono un´esperienza molto forte, significativa. Non c´è niente di peggio di un vecchio che muore amareggiato».
Un incontro a settimana di un paio d´ore, per nove mesi all´anno. Noa lo definisce un corso di mistica, «destinato a portare i partecipanti a una accettazione della loro vita, di cui la morte diviene un momento inevitabile, di completamento». Soprattutto nelle prime lezioni, per risvegliare l´interesse di allievi non sempre disposti a discorsi mistici o religiosi, usa la numerologia, cioè l´analisi della personalità basata sul valore numerico del proprio nome e data di nascita. Gli studenti mettono le sedie in circolo. C´è Aviva, 75 anni, nata in Egitto e arrivata in Israele dopo la guerra. Meriam, 70 anni, genitori polacchi, fondatrice di un altro kibbutz. E Mira, 73 anni, superstite dell´Olocausto. «Siamo pensionate - racconta Aviva - ma nonostante questo siamo tutte donne ancora molto attive e ben dentro la vita. La nostra generazione è stata educata alla razionalità. L´apertura ai temi sociali si e´ sviluppata solo negli ultimi anni. Il seminario nella Casa dell´Anziano ci ha permesso di sbirciare questa nuova cosa, e credo ci abbia arricchito. Qui parliamo della nostra vita, delle cose fatte, del destino di esseri umani, con uno sguardo rinnovato verso la parte finale dell´esistenza».
Si ride, qualche volta si piange, soprattutto si discute. «Siamo fasciati di razionalità e cinismo», ammonisce Mira. «Questo corso però ci ha ammorbidito», replica Pnina. «È meglio prepararsi al passaggio - conclude Noa - poiché se una cosa si conosce, fa meno paura. Così deve essere l´approccio alla morte: deve venire da un luogo della coscienza che è comprensione e accettazione. Non bisogna rimuovere il problema né ignorarlo. Bisogna conoscerlo e riconoscerlo».
Dieci anni fa Noa lesse un libro tibetano sulla concezione buddista della vita e della morte. Ne rimase affascinata, e decise di farne partecipi i vecchietti della valle del Giordano non lontani dal suo kibbutz. «Il modo in cui i monaci si avvicinano al momento estremo - spiega - o in cui pensano e preparano la morte mi e´ sembrato unico. Quei religiosi buddisti riescono quasi a individuare e a dirigere il momento in cui moriranno. Tutti i loro cari si siedono attorno a chi sta per andarsene, e lo accompagnano. Vedono la morte come un processo bello e sacro». Dopo qualche lezione gli anziani non si vergognano più di affrontare i propri sentimenti verso la fine. Osano parlare della morte, anche a fronte della vita che hanno vissuto: che cosa hanno raggiunto e se i loro desideri sono stati realizzati, se stanno per separarsi dal mondo con dolore e rimpianto, o se invece hanno imparato ad accettare l´inevitabile.
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla direzione de La Repubblica. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.

rubrica.lettere@repubblica.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT