Il "blitz" del ministro degli esteri israeliano, gli ebrei "razzisti" di Finkielkraut gli inganni di una titolazione approssimativa
Testata: Avvenire Data: 25 agosto 2004 Pagina: 17 Autore: Daniele Zappalà Titolo: «Blitz di Shalom a Parigi: «Fare di più per gli ebrei» - «Colpiti perché ci vedono razzisti»»
Su Avvenire di oggi, 25-08-04, a pagina 17, Daniele Zappalà firma una corretta cronaca della visita del ministro degli Esteri israeliano Shalom in Francia, intitolata: "Blitz di Shalom in Francia: «Fare di più per gli ebrei»". Anche e visite dei stato, se fatte da israeliani, sono "blitz"... A due giorni dall'attentato incendiario che ha distrutto un centro ebraico in pieno centro a Parigi, la Francia ha ricevuto ieri l'inattesa visita del ministro degli Esteri israeliano Sylvan Shalom. Per lui, una serie di incontri al vertice, a cominciare da quelli coi ministri francesi degli Interni e degli Esteri Dominique de Villepin e Michel Barnier, ma anche un messaggio forte da portare in Europa sul tema sempre più spinoso dell'antisemitismo: «Le dichiarazioni sono importanti, ma anche gli atti lo sono». Per Shalom, in Francia non si fa ancora abbastanza per scongiurare gli attacchi. Prendendo spunto dalle commemorazioni in corso per i 60 anni della liberazione di Parigi dal nazismo, Shalom ha affermato che nessuno in Israele «può credere che soltanto sessant'anni dopo, gli ebrei possano essere di nuovo minacciati in Europa». Appena prima di invitare con forza «la stampa, le autorità giudiziarie, il sistema educativo a combattere assieme per condannare il fenomeno». Da parte francese, è stato soprattutto Villepin a riconoscere la gravità della situazione. Precisando che «nei sette primi mesi dell'anno sono stati contati 160 atti antisemiti, aggressioni contro le persone o danni materiali, contro 75 nei primi sette mesi del 2003». Il ministro dell'Interno ha ribadito che si tratta di un fenomeno «inaccettabile» e «contrario allo spirito stesso e al fondamento» della République. Villepin ha voluto ricordare al contempo anche le misure eccezionali prese negli ultimi anni per scongiurare il ripetersi di eventi antisemiti. Quelli che hanno marcato di più la coscienza in Francia, prima dell'incendio di domenica, sono stati soprattutto le profanazioni di cimiteri e sinagoghe ebraici imbrattati a più riprese con svastiche e frasi inneggianti al nazismo. Un segnale forte di solidarietà e impegno verso la comunità ebraica d'Oltralpe - più di 400mila persone, la più importante d'Europa - è giunto ieri anche dal sindaco di Parigi Bertrand Delanoë. La sicure zza dei luoghi parigini giudicati a rischio sarà rafforzata e nuovi fondi comunali affluiranno nelle casse del piano ad hoc già studiato nella capitale per combattere l'antisemitismo. Oggi Shalom visiterà i resti del centro ebraico distrutto. La visita parigina del ministro israeliano è giustificata però, secondo quanto riferito dal ministero degli Esteri francese, anche da discussioni diplomatiche sul «ritardo preso nella realizzazione della Road map, sul progetto di ritiro da Gaza e sulla ripresa delle attività di colonizzazione». Si toccheranno dunque anche i temi che continuano in parte ad avvelenare le relazioni fra i due Paesi. Intanto, si è appreso ieri che nei primi sette mesi dell'anno vi è stato un vero boom di partenze turistiche dalla Francia verso Israele. Rispetto al 2003, la progressione è già del 64% e il fenomeno ha interessato in gran parte proprio la comunità ebraica d'Oltralpe. Le interpretazioni si dividono: slancio di solidarietà verso Israele o indizio del clima sempre più pesante in Francia che spingerebbe tanti ebrei transalpini a valutare la possibilità di una futura partenza definitiva. Si sono registrate impennate di partenze, inoltre, anche dall'Italia e dagli Stati Uniti. Le indagini sull'attentato di domenica proseguono. La polizia giudiziaria sta valutando l'attendibilità della rivendicazione su Internet da parte del sedicente e finora sconosciuto gruppo islamista dei «partigiani della guerra santa islamica». Più grave la distorsione del titolo dato all'intervista, sempre di Zappalà e sempre a pagina 17, al filosofo ebreo francese Alain Finkielkraut: "Colpiti perché ci vedono razzisti". La tesi di Finkielkraut è chiarita dalle parole riportate nell'intervista: una falsa rappresentazione del conflitto mediorientale alimenta un nuovo tipo di antisemitismo, per il quale gi ebrei non sono più una razza inferiore, ma un popolo razzista. Un antisemitismo "antirazzista" e "progressista" oggi molto più efficace e propagandabile, e molto più difficile da combattere di quello fondato sulle teorie della razza. Chi si limitasse a leggere l'approssimativo titolo del pezzo, però, potrebbe pensare che Finkielkraut sostenga tutt'altro: che gli ebrei vengono colpiti perchè effettivamente sono razzisti. L'uso del verbo "vedere", anziché "percepire" o "immaginare" o "accusare di", d'altro canto rimanda alla constatazione di un dato oggettivo, e non alla costruzione di un pregiudizio. Bisogna poi dire che Zappalà nel corso dell'intervista non pone mai al suo interlocutore un quesito che gli permetta di esprimersi estesamente sulle distorsioni della percezione del conflitto mediorientale (come il pensatore fa nel suo bel libro "In nome dell'altro. Sull'antisemitismo che viene", Ipermedium 2003), e usa l'espressione "eco del conflitto israelo-palestinese" in un contesto in cui più correttamente dovrebbe riferirsi alla "disinformazione sul conflitto israelo-palestinese". Poco chiaro il riferimento di Finkielkraut, che avrebbe fatto bene a spiegarsi, alla possibilità che l'attentato sia stato commesso "dall'interno per ragioni oscure". Ecco il pezzo: «Si tratta ormai di attacchi non contro gli ebrei ma contro il presunto razzismo degli ebrei». E’ questo il nuovo schema soggiacente dell’antisemitismo in Francia e in Europa per il filosofo ebreo Alain Finkielkraut, uno degli intellettuali più apprezzati di Francia. Noto a livello mondiale per la sua riflessione critica sulla «barbarie del mondo moderno» Finkielkrau si è fatto conoscere nel paese anche per gli acuti interventi mediatici su tutti i maggiori dibattiti contemporanei.
Che lettura dà dell’attentato incendiario di domenica a Parigi? Quest’attentato è una catastrofe, ma lo sarebbe ancor più se qualcuno l’ha commesso dall’interno per ragioni oscure. Ciò che mi ha colpito di più è la natura degli slogan scelti dagli incendiari. Soprattutto quello che dice: «Senza ebrei, il mondo sarebbe felice». Per certi aspetti, poco importa se l’atto è stato commesso da islamismi, dall’estrema destra o da individui alienati e isolati. Questo slogan è l’autentico grido di un antisemitismo a più entrate. Dopo tutto, quando è stato chiesto agli europei qual è il paese che minaccia di più la pace nel mondo, la maggioranza ha risposto Israele. Ciò vuol dire, in un certo senso, che senza ebrei il mondo sarebbe felice.
Dove si trovano le radici di questo antisemitismo? C’è un elemento molto interessante nella rivendicazione dell’attentato su internet da parte di un gruppo islamista, indipendentemente dall’attendibilità degli autori. Secondo questi, si trattava di punire gli ebrei per i loro crimini razzisti. Il nuovo antisemitismo in effetti ha abbandonato da alcuni anni la lingua del razzismo per prendere quella impeccabile dell’anti-razzismo. Siamo oggi confrontati a un antisemitismo che si traveste da antirazzismo. E’ per tutti un’immensa sorpresa. Non si sa come reagire, ma il problema è che contro questo nuovo linguaggio la mobilitazione antirazzista perde di pertinenza. E’ un fenomeno molto difficile da sradicare.
Cosa intende esattamente? Gli ebrei sono oggi accusati di trattare gli arabi come esseri inferiori. Gli attacchi non giungono contro tutti gli ebrei, ma contro gli israeliani in primo luogo e contro gli ebrei che non si desolidarizzano da Israele. Questo antisemitismo non ha nulla di razziale. Perché oggi se si è ebrei e si dice che Israele è un paese razzista si diventa degli ebrei estremamente onorevoli, alleati, celebrati.
Crede che l’eco del conflitto israelo-palestinese sia davvero così forte? Siamo di fronte a un odio che ingloba gli ebrei nel loro insieme ma che è alimentato dalle immagini di questo conflitto. Molte persone lo percepiscono ormai solo nei termini ideologici della volontà di un popolo che si crede superiore di schiacciarne un altro.
Crede ci sia davvero in Francia il rischio di un esodo della comunità ebraica? Non parlerei del rischio di un esodo. Credo che delle persone partiranno. Sarà un movimento minoritario anche se più importante di quello degli anni novanta. Ma un ebreo, in Francia, oggi non è certamente ostacolato nella sua carriera e non ha neppure problemi a trovare un alloggio. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione di Avvenire. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.