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Il Manifesto Rassegna Stampa
25.08.2004 Israele occupa il nordafrica
la geopolitica "creativa" del quotidiano comunista

Testata: Il Manifesto
Data: 25 agosto 2004
Pagina: 9
Autore: Michele Giorgio - la redazione
Titolo: «In fuga dai territori occupati - Gli israeliani uccidono un palestinese a Gaza»
A pagina 9 del Manifesto di oggi, 25-08-04, Michele Giorgio firma l'articolo "In fuga dai territori occupati", relativa ai 275 migranti giunti lunedì nel porto di Lampedusa, che dichiarano di essere palestinesi. Lo stesso Giorgio ci informa però, sulla base di fonti palestinesi, che essi giungono con ogni probabilità dal nordafrica. Palestinesi o no che siano, dunque, non fuggono dai territori. A meno che, secondo il quotidiano comunista, Israele non l'abbia occupato, il nordafrica.
Secondo Giorgio e l'analista politico palestinese Abu Nassar, da lui intervistato, le responsabilità di Israele sarebbero comunque gravi e consisterebbero nel mancato riconoscimento del "diritto al ritorno" dei profughi palestinesi e dei loro discendenti. Non un parola invece sulle responsabilità di chi rifiuta la loro integrazione nei paesi arabi per farne un' arma demografica contro Israele. E' da rilevare infine che nel sito di Hamotzi, citato alla fine dell'articolo, il sostegno all'emigrazione dei palestinesi è giustificato in base a due ordini di considerazioni: il diritto umano ad emigrare da zone di guerra e un giudizio politico sull'impraticabilità di una pace negoziata tra Israele e Anp. Non abbiamo invece trovato traccia di una volontà "religiosa" di allontanare i palestinesi da Eretz Israel, come suggerisce Giorgio.

Sono in gran parte palestinesi - così si dichiarano - la maggioranza dei 275 migranti che erano stipati sul peschereccio di colore azzurro giunto lunedì notte nel porto di Lampedusa trainato dalle motovedette italiane. Non è la prima volta in questi ultimi giorni che tra disperati che si avventurano sulle carrette del mare in cerca di un futuro migliore in Europa ci siano anche tanti palestinesi. Una presenza sempre più frequente che segnala la drammaticità della condizione di un popolo non solo nei Territori sotto occupazione militare israeliana ma anche nei paesi arabi. Un tempo i palestinesi che giungevano in Italia erano poche decine, in genere studenti iscritti nelle nostre università oppure esponenti dell'Olp con incarichi ufficiali. Gli sbarchi degli ultimi giorni dicono che siamo di fronte ad un fenomeno nuovo e preoccupante. I migranti palestinesi giungono, con ogni probabilità, dai paesi nordafricani. Alcuni potrebbero aver lasciato i campi profughi libanesi o giordani per costruirsi un destino diverso. «La situazione è ancora molto confusa, non abbiamo particolari sulla provenienza di questi palestinesi che sbarcano sulle coste italiane - ha riferito Hafez Barghuti, direttore del quotidiano Al-Hayat Al-Jadida di Ramallah - Non credo tuttavia che provengano da Gaza e dalla Cisgiordania. Le misure punitive israeliane limitano il più possibile i movimenti della nostra gente, soprattutto dei più giovani. E' probabile che si tratti di profughi o di palestinesi che vivono in nordafrica».

Dello stesso avviso è il ricercatore e analista politico Wadie Abu Nassar. «Sono persone che hanno perduto ogni speranza, che nel loro futuro non vedono altro che disperazione e diritti negati», ha detto Abu Nassar al manifesto - circa quattro milioni di profughi sparsi in Libano, Siria, Giordania e altri paesi sognano di ritornare nella loro terra ma questo loro diritto viene negato e tutto lascia pensare che Israele continuerà a impedirne la realizzazione. Tutto è fermo, tutto è bloccato, le prospettive sono nere e chi non ha più speranze tenta ogni possibilità per uscire dal vicolo cieco in cui si trova».

Abu Nassar denuncia inoltre la condizione nei paesi del nordafrica di tanti palestinesi in possesso di documenti di soggiorno temporanei. «Non pochi tra questi temono la svolta pro-occidentale del leader libico Geddhafi - ha proseguito Abu Nassar - in futuro potrebbero esserci espulsioni di attivisti politici e subito dopo anche di civili palestinesi. La miseria, la disoccupazione fanno il resto e intere famiglie scelgono la strada dell'emigrazione». Ben presto sulle carrette del mare potrebbero salire anche quei palestinesi dei Territori occupati ai quali Israele impedisce, per «motivi di sicurezza», di ritornare a casa o che incontrano difficoltà crescenti negli Stati arabi, in particolare in Giordania. Il governo da Amman, da quando è cominciata l'Intifada (settembre 2000), ha fortemente limitato il transito sul suo territorio dei palestinesi provenienti dalla Cisgiordania e Gaza e non guarda con sfavore alla loro partenza per altri paesi.

Ma ci sono anche organizzazioni che promuovono l'emigrazione dei palestinesi da «Eretz Israel», la biblica «terra di Israele». Una di queste, Hamotzi, riferisce sul suo sito internet (www.emigrations.net) che non meno di 380 mila palestinesi avrebbero lasciato i Territori occupati dall'inizio della rivolta (numero non confermato da fonti ufficiali dell'Anp) e che molti di più desidererebbero farlo. Hamotzi afferma di poter offrire un «aiuto concreto» (soldi?) a queste persone avviandole verso mete allettanti: Stati Uniti, Canada, Australia, Venezuela, Perù, Cile. L'Europa non figura ancora nell'elenco delle destinazioni, ma in futuro tutto è possibile.
A pagina 2 una breve:
Gli israeliani uccidono un palestinese a Gaza

Le truppe di occupazione israeliane hanno ucciso un palestinese e ne hanno ferito un altro, ieri, vicino al posto di transito di kisssufim fra la striscia di Gaza e Israele. Dicono che Kamal al Astal, 20 anni, stesse per collocare una bomba.
Il titolo non riporta la spiegazione dell'accaduto fornita dall'esercito israeliano e il pezzo la fornisce con l'implicito suggerimento che sia falsa. Ad esso contribuiscono sia l'espresione "dicono che", spesso usata in contesti nei quali si vuole negare la veridicità delle successive affermazioni ("Dicono che sia un mascalzone, ma io, che lo conosco bene, so che non è vero), in luogo di altre più neutrali ("ha sostenuto", "riferito", "comunicato"), sia l'accostamento all'accusa dell'esercito del nome e della giovane età del palestinese; accostamento volto a creare indignazione per la sua uccisione e incredulità per le spiegazioni che ne vengono fornite.
Incredulità che appare ingiustificata alla luce dei numerosi attentati portati a termine (l'ultimo l'11 agosto al posto di blocco di Qalandia, costato la vita a due palestinesi) o tentati da giovani come Kamal al Astal.


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