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Avvenire Rassegna Stampa
18.08.2004 Mille nuove case a Maalè Adunim
la decisione del premier Sharon alla luce del contesto politico israeliano

Testata: Avvenire
Data: 18 agosto 2004
Pagina: 14
Autore: Graziano Motta
Titolo: «Sharon strappa: "Mille case in più in Cisgiordania"»
A pagina 14 di Avvenire di oggi, 18-08-04, Graziano Motta firma l'articolo: "Sharon strappa: Mille case in più in Cisgiordania", cronaca sostanzialmente corretta degli ultimi eventi politici in Israele.
Di seguito, il pezzo:

Di decisioni spregiudicate è costellata la vita politica di Ariel Sharon. Quella di ieri – il via libera alla costruzione di un migliaio di unità abitative, per l’esattezza 1.001, in quattro insediamenti ebraici della Cisgiordania – nel momento in cui sta cercando di ottenere l’indispensabile sostegno dei laburisti al suo piano di ritiro di soldati e coloni dalla Striscia di Gaza, è apparsa sfrontatamente ambigua. «Quali sono le sue vere intenzioni?», si è chiesto Ofir Pines, capogruppo parlamentare del partito di Shimon Peres che viene sollecitato a far parte di un governo di unità nazionale. «Annulli questo provvedimento, lui sa benissimo che siamo contrari a un’espansione dei coloni in Cisgiordania». Sorpresi e alquanto sbigottiti gli Stati Uniti che ancora ieri l’altro chiedevano a Sharon di rispettare, finalmente, gli impegni assunti di smantellare i punti illegali di sviluppo degli insediamenti dei coloni e, per incalzarlo, stanno per mandare a Gerusalemme un’altra missione. Eppure il provvedimento è maturato passando innanzi tutto attraverso un esame attentissimo delle sue intese con il presidente George Bush, per cui nel contesto di un accordo finale con i palestinesi Israele manterrà la sovranità in Cisgiordania su alcune aree di insediamenti (e in essi gravitano quelli di Karney Shomron e di Beitar Illit), sulla città di Ariel e su Maale Adumin, quartiere satellite di Gerusalemme ove saranno edificati i 1.001 appartamenti. E si è tenuto a precisare che non saranno ampliati i limiti di queste località. Ma l’annuncio ha ubbidito a un preciso calcolo: evitare in extremis una nuova sconfitta politica che proprio oggi potrebbe essergli inferta da quanti nel suo partito Likud (tra i tanti spiccano i ministri delle Finanze Netanyahu e degli Esteri Shalom) si oppongono al suo piano di ritiro unilaterale di coloni e soldati dalla Striscia di Gaza e da alcuni insediamenti della Cisgiordania. Quella del 2 maggio fu sancita dall’esito del referendum su questo piano a cui furono chiamati i 193.300 iscritti del partito. Quella odierna potrebbe essergli data dai tremila membri della Convenzione del Likud, chiamati con una votazione segreta – controllata da osservatori indipendenti – a pronunciarsi a favore o contro l’ingresso dei laburisti nel governo di unità nazionale. Sharon ha cercato (autorizzando la costruzione dei 1001 appartamenti) di accattivarsi le simpatie dei suoi oppositori. Ai quali ha mostrato i muscoli dicendo che non si sentirà costretto a rispettare l’esito del voto odierno, e nello stesso tempo ostentando la minaccia di elezioni anticipate. Che appaiono ora, realmente, più vicine.
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