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Il Foglio Rassegna Stampa
17.08.2004 L'Egitto al centro delle tratttative in Medio Oriente
in discussione un piano di scambi territoriali con Israele e Anp

Testata: Il Foglio
Data: 17 agosto 2004
Pagina: 3
Autore: un giornalista
Titolo: «Ipotesi di baratto di terre tra Egitto, Israele e Palestina»
Il Foglio di oggi, 17-08-04, a pagina 3 pubblica l'articolo "Ipotesi di baratto di terre tra Egitto, Israele e Palestina", su di un piano, probabilmente approntato da ufficiali di intelligence e rivelato dal New York Times Magazine, che sarebbe al centro di consultazioni tra israeliani ed egiziani.
Ecco il pezzo:

Roma. Per gli israeliani l’Egitto nei panni di mediatore è più affidabile delle Nazioni Unite e dell’Unione europea. Lo dice un sondaggio di Peace Measure: il 60 per cento degli intervistati si dice favorevole al piano di ritiro unilaterale di Ariel Sharon dalla Striscia di Gaza e all’intervento del Cairo nel dopo disimpegno. L’Egitto sembra esserne consapevole. I contatti tra i suoi
servizi segreti e Israele si sono moltiplicati dopo l’offerta di Gerusalemme al Cairo di un ruolo nell’addestramento della polizia palestinese che dovrà garantire la sicurezza nei territori che l’esercito israeliano abbandonerà. I mediatori egiziani, guidati dal capo dell’intelligence, Omar Suleiman, hanno continuato a incontrare esponenti dell’Amministrazione palestinese e delle fazioni e dei gruppi armati. Pochi giorni fa al Cairo si sono conclusi gli accordi speciali con Hamas e Jihad islamico, per garantire la sicurezza nella Striscia dopo il ritiro. Ma secondo quanto scrive Jihad al Khazen sul quotidiano arabo al Hayat, l’Egitto sarebbe coinvolto anche in un più complesso
accordo trilaterale, che prevederebbe uno scambio di territori, un dare e ricevere articolato tra tre attori: Autorità nazionale palestinese, Israele ed Egitto. Al Hayat rivela che il piano in quetione è in via di discussione tra "potenti figure israeliane", sarebbe stato proposto ai vertici palestinesi e
arabi, sarebbe passato sulla scrivania di Sharon. Si tratterebbe di un accordo su confini in grado di garantire la continuità territoriale allo Stato palestinese e quella tra paesi arabi e una profondità geografica che permetta all’Anp di assorbire i rifugiati. Obiettivi raggiungibili grazie al coinvolgimento delle frontiere egiziane. Il piano, rivela il New York Times Magazine, sarebbe stato studiato dagli uomini dei servizi di sicurezza, ma non sarebbe stato sottoscritto dal governo Sharon. Nello specifico, il Cairo dovrebbe lasciare ai palestinesi una fascia di terra di circa 1.000 metri quadrati che unirà la Striscia di Gaza alla Cisgiorndania e circa 30-40 chilometri quadrati lungo la costa tra Rafah e al Arish. Riceverà in cambio da Israele la zona vicino al confine occidentale del Negev e uno stretto corridoio, largo tra i 100 e i 150 metri, che permetterà di garantire la continuità territoriale e le connessioni tra il mondo arabo. I palestinesi dovrebbero permettere a Israele correzioni delle linee di confine del 1949, in modo che Gerusalemme possa unire i due maggiori gruppi di insediamenti di Giudea e Samaria. Inoltre il piano prevederebbe un finanziamento all’Egitto da parte di Arabia Saudita, Giappone, Stati Uniti, forse Unione europea. Bisognerebbe capire, a questo punto, da chi realmente è promosso e chi vuole che, attraverso la fuga di notizie, esso sia reso noto. Benché non si abbia la certezza che si tratti di un progetto con qualche fondatezza, è certo che il Cairo vi giochi un ruolo di primo piano. Sembra infatti che a beneficiare
maggiormente del negoziato, aiuti economici a parte, sarebbe, da un punto di vista politico, proprio l’Egitto, interessato alla fine di un conflitto che rafforza le tendenze fondamentaliste anche all’interno dei suoi confini. Nello svolgere un ruolo centrale nella negoziazione il governo di Hosni Mubarak ritroverebbe inoltre in medio oriente quel posto che aveva perso dopo la morte di Anwar al Sadat. Agli scambi territoriali previsti da questo progetto sembrano
fare eco le parole del capo di Stato maggiore israeliano Moshe Yaalon, che ha
detto al quotidiano Yediot Aharanot che, da un punto di vista strategico e militare, Gerusalemme potrebbe rinunciare alle alture del Golan, territorio cruciale per la sicurezza e l’approvigionamento idrico di Israele, restituendole alla Siria, nell’ambito di un compromesso di pace. Damasco e Gerusalemme hanno interrotto i rapporti nel 2000. E'la prima volta che un militare israeliano azzarda una dichiarazione di tale portata.
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