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La Repubblica Rassegna Stampa
12.08.2004 Seimila nuovi immigrati dall'India?
che arrivino o no, Israele sarà da criticare

Testata: La Repubblica
Data: 12 agosto 2004
Pagina: 23
Autore: Marco Ansaldo
Titolo: «Dai monti dell´Himalaya a Israele ecco la Tribù perduta degli ebrei»
Un articolo di Marco Ansaldo, su la Repubblica di oggi, 12-08-04, sulla missione di alcuni rabbini israeliani in India, per stabilire se la legge religiosa consente di considerare ebrei i circa seimila membri di una comunità indiana di origine mongola. Il pezzo dà spazio alle opinioni di chi, in Israele, è contrario all'immigrazione di questo gruppo, temendo che venga destinata agli insediamenti, ma non a quelle di chi la sostiene. Anche gli oppositori del progetto, comunque, non vengono trattati molto bene. Il Shinui, scrive infatti Ansaldo, senza per altro citare alcuna dichiarazione di un esponente di questo partito che avvalori la sua interpretazione della posizione di questo partito, "non vede affatto di buon occhio l'imminente approdo da paesi del Terzo mondo".
Insomma: gli israeliani che vogliono gli immigrati aspirano a popolare gli insediamenti, quelli che non li vogliono sono un po' razzisti. Sembra questa l'interpretazione, non suffragata da fatti, di Ansaldo.
Di seguito, il pezzo.

GERUSALEMME - Israele ha ritrovato la sua Tribù dispersa, una delle dieci perdute secondo la tradizione ebraica, e si prepara a ri-accoglierla dopo millenni di ricerca. Sono circa 6.000 cittadini indiani, appartenenti a un´etnia mongola o tibetana, compresi in un fazzoletto di terra che sorge fra l´India, la Birmania e il Bangladesh. Un gruppo di rabbini è appena rientrato a Gerusalemme dalla delicata missione in Asia e si appresta ora a decidere, con i massimi organi religiosi riuniti a conclave, se gli aspiranti rispondano in effetti ai criteri richiesti per l´origine ebraica. Il loro disegno si scontra però con il ministero degli Interni, e contro coloro che sostengono si tratti di una operazione di ripopolamento demografico.
La speciale delegazione guidata dal rabbino Elihau Birnbaum è riapprodata ieri in patria dopo una decina di giorni trascorsi in una sperduta località himalayana assieme ai Bnei Menashè, come si fanno chiamare questi discendenti dei Menashè, tribù esiliata dopo la conquista assira del Regno d´Israele, nel lontano 722 avanti Cristo. Birnbaum non ha dubbi sull´appartenenza dell´etnia all´antico ceppo ebraico. «Hanno costruito una trentina di sinagoghe - spiega - pregano il sabato, le feste comandate e spesso anche in settimana. Le loro regole sono molto severe per quanto riguarda il cibo kosher, la circoncisione e l´osservanza di comportamenti di purezza. Hanno messo su un centro dove i bambini imparano l´ebraico e la storia d´Israele».
Nei prossimi giorni sarà subito presentato al rabbino capo sefardita, Shlomo Amar, un rapporto dettagliato. Dopo le consultazioni con gli altri colleghi, Amar darà infine la sua opinione. E se si dovesse anche arrivare a una conclusione dubbia circa l´appartenenza effettiva dei 6.000 aspiranti alla religione ebraica, lo Stato d´Israele potrà in ogni caso concedere loro l´ambita cittadinanza. Partirà a questo punto una colossale operazione che vedrà planare in Terra santa migliaia di indiani di origine mongola. Un piano già visto un paio di volte in passato, quando decine di migliaia di ebrei d´Etiopia, i Falascià, invasero il paese da Haifa a Eilat. Il primo, la cosiddetta Operazione Mosè, avviata il 30 dicembre 1984 e conclusa il 6 gennaio seguente, tradusse in Israele con un ponte aereo fra i 20 e i 25mila etiopici. Un progetto segreto, organizzato non solo via Addis Abeba, ma attraverso il Sudan, dove migliaia di ebrei d´Africa si trasferirono pur di involarsi verso la Terra promessa.
Il secondo sbarco fu invece meno movimentato: l´Operazione Salomone, varata nel maggio 1991, contribuì ugualmente a trasferire nella nuova patria un gran numero di cittadini israeliani di nuova acquisizione: ben 15mila. Oggi, in tutte le città si vedono circolare gruppi di Falascià, soprattutto impiegati come uomini della sicurezza davanti ai ristoranti e bar. Non pochi finiscono per dedicarsi alla carriera militare. E sono molte le donne soldato che si intravedono nei check point sparsi nel territorio.
Non tutti sembrano però concordare con l´operazione avviata dal rabbinato centrale. Chi non si entusiasma all´idea di un´ondata di immigrazione dall´India sono i funzionari degli Affari Interni. Il ministero, in questo momento in mano al partito Shinui, liberale e thatcherista, non vede affatto di buon occhio l´imminente approdo da paesi del Terzo mondo. La presidente del Comitato di assorbimento e immigrazione, Collette Avital, boccia il piano sostenendo che si tratti di una mera questione di ripopolamento. Israele soffre di un serio calo di nascite e sono diversi i provvedimenti allo studio per ovviare alla incombente crisi demografica. «Non li porterebbero qui al fine di salvarli - sostiene la Avital, che nutre non pochi dubbi sull´effettiva ebraicità dei mongoli dell´India - ma li userebbero per popolare le colonie e gli insediamenti lungo la Linea verde».
Il rabbinato centrale è chiamato ora a decidere. La questione delle dieci Tribù disperse del regno d´Israele è un tema antico, che ha occupato gli studiosi in tutto l´arco della storia ebraica. I più osservanti non hanno mai rinunciato alla speranza di ritrovare i gruppi perduti. Ma se si arrivasse alla conclusione che i Bnei Menashe non sono per nulla ebrei, e nemmeno «ebrei possibili», per molti sarebbe davvero la fine di un sogno.
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