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Il Manifesto Rassegna Stampa
10.08.2004 I complotti di Israele e i curdi traditori
un propagandista del nazionalismo arabo, al quotidiano comunista

Testata: Il Manifesto
Data: 10 agosto 2004
Pagina: 6
Autore: Stefano Chiarini
Titolo: «Ascesa e caduta della "famiglia" Chalabi»
L'arresto di Ahmed e Salem Chalabi è un' occasione per Stefano Chiarini di illustrare ai lettori del Manifesto la sua tesi sulla guerra in Iraq. Voluta secondo lui da Israele e dai neo-cons in funzione di interessi israeliani. Le "prove" di Chiarini non provano naturalmente nulla: i rapporti d'affari di Chalabi con un israeliano, socio in affari con Douglas Feith, non provano l'esistenza di nessun piano di spartizione de Medi Oriente su base etnica e tanto meno che sia un simile piano ad aver deciso la politica dell'amministrazione Bush. (In base a un ragionamento speculare a quello di Chiarini, poi, si potrebbe dedurre anche, sulla base dei rapporti tra Chalabi e l'Iran, che la guerra in Iraq è stata organizzata a Teheran)
La costituzione provvisoria irachena è stata scritta, in base a ciò che tutti i giornali hanno scritto, attraverso un complesso processo di mediazione all'interno di un assemblea nazionale che è stato l'organismo più rappresentativo nella storia del paese,proprio perchè vierano presenti tutte le componenti etniche e religiose. E Chiarini dovrebbe citare le sue fonti se vuole sostenere invece che è stata scritta da Salem Chalabi e dal professor Noah Feldman. E, se riuscisse a provare questo, dovrebbe ancora trovare dei motivi per cui quest'ultimo dovrebbe essere identificato come rappresentante degli occulti interessi di Israele. Inoltre dovrebbe spiegare perchè la richiesta di autonomia (nemmeno di indipendenza) dei curdi iracheni, vittime di orrendi massacri condotti con le armi chimiche, è un attentato al carattere arabo dell'Iraq e una collusione con Israele, e non un'applicazione di quel diritto di autodeterminazione dei popoli che per lui, pare, vale solo quando i popoli sono arabi.
Il direttore del Manifesto potrebbe invece tentare di spiegare perchè nel suo giornale, che si vorrebbe comunista, internazionalista e pacifista, scriva un sostenitore di teorie complottiste e di un nazionalismo arabo dai tratti decisamente "sciovinisti".
Di seguito il pezzo:

Salem Chalabi, l'avvocato iracheno-americano al quale gli Usa hanno affidato il processo farsa a Saddam Hussein, potrebbe paradossalmente finire sul patibolo, reintrodotto da pochi giorni nel democratico Iraq, prima dello stesso presidente iracheno. Uno sconosciuto giudice, Zuhair al-Maliky ha infatti emesso due ordini di cattura «eccellenti»: il primo per complicità nell'uccisione di un funzionario del ministero delle finanze iracheno contro Salem Chalabi e il secondo per spaccio di banconote false contro suo zio, Ahmed Chalabi, ex ministro del Consiglio di governo provvisorio, l'uomo dei «neocons» all'origine di tutte le rivelazioni fasulle sulle armi di distruzione di massa dell'Iraq, destinato originariamente da Richard Perle e Paul Wolfowitz alla presidenza di un Iraq balcanizzato e colonizzato. Le accuse sono molto pesanti e il giudice iracheno Zuhair al Maliky ha precisato ieri, nel corso di una conferenza stampa: «Non si tratta di convocazioni ma di mandati di cattura. Come metteranno piede in Iraq entrambi saranno arrestati e compariranno davanti ad una corte. Questa poi deciderà se deferirli ad un tribunale superiore per il processo». Se non dovessero costituirsi, ha fatto sapere, avvierà le pratiche per l'estradizione. Il governo britannico ha fatto sapere da parte sua che non essendoci alcun trattato in merito con l'Iraq non potrebbe in ogni caso consegnare agli iracheni l'avvocato Salem Chalabi. I due accusati hanno dichiarato ieri di voler rientrare «presto» nel paese accusando però gli Stati uniti, ed in particolare la Cia, di aver organizzato un complotto contro di loro per «colpire la comunità sciita».

Il paese è allibito. Molti commentatori riconoscono l'esistenza di precisi motivi politici dietro l'emissione dei due mandati di cattura: il desiderio della magistratura e del governo designati dagli Usa di accreditare una loro presunta neutralità; la necessità di ridimensionare il potere di Ahmed Chalabi deciso a puntare sulla guerra civile sciiti-sunniti per riprendere quota e sempre pronto a mettersi al servizio del maggiore offerente prima l'Iran, poi Israele, poi gli Usa, ora forse di nuovo Tehran; una vendetta di Powell e della Cia per la figuraccia fatta davanti all'opinione pubblica mondiale con le balle, fornite in gran parte dai presunti dissidenti legati a Chalabi sulle armi di distruzione di massa dell'Iraq; il tentativo del Dipartimento di stato di spazzare via dalla gestione della ricostruzione gli uomini e le società più legate al Pentagono, a Rumsfeld, ed in particolare ai «neocons» likudnik da Wolfowitz a Douglas Feith considerati tra i principali responsabili dell'attuale «disastro» iracheno.

Altri commentatori sostengono che, come nel romanzo di Agatha Christie «Assassinio sull'Oriente Express», si tratterebbe di una vendetta congiunta di quasi tutti gli uomini politici del nuovo corso, e degli Usa, ricattati da Chalabi per i loro rapporti con il passato regime grazie ai fascicoli dei servizi segreti sui quali Ahmed aveva messo le mani (25 tonnellate di documenti) e a quelli consegnati dagli Usa a suo nipote Salem per istruire il processo farsa a Saddam Hussein. Eppure in Iraq, anche tra coloro che gridano al complotto, pochi arrivano a negare la probabile fondatezza delle accuse limitandosi piuttosto a sostenere che praticamente tutti, con rare eccezioni, i membri e i partiti del Consiglio di governo provvisorio e ora del nuovo governo nominato dagli Usa, dovrebbero essere accusati degli stessi, se non di ancor più gravi reati.

Le accuse a Salem Chalabi sarebbero legate proprio al saccheggio dell'Iraq permesso ai nuovi astri della politica irachena dagli occupanti in cambio dell'ancor più massiccia rapina delle risorse del paese compiuta dagli Usa. Basti pensare come i Chalabi appena finita la guerra, invece di restituire al popolo iracheno il famigerato circolo della caccia di Odei, uno dei figli di Saddam Hussein, se ne appropriarono a beneficio loro e dei loro clientes. Salem Chalabi sarebbe in particolare accusato di aver ispirato, l'uccisione lo scorso 28 maggio, di Haitham Fadhil, un incorrutibile funzionario del ministero della finanze da lui minacciato di morte per aver indagato proprio sull'appropriazione di beni, terreni ed edifici da parte della famiglia Chalabi ed in particolare dal potentissimo Ahmad, allora membro del governo, uomo del Pentagono da 340.000 dollari al mese, presidente della Commissione finanze, e di quella, ancor più famigerata, per le «epurazioni», e con interessi nei principali appalti per la sicurezza.Idealista ma non sprovveduto, il funzionario del fisco avrebbe però parlato delle minacce ricevute con alcuni magistrati e aveva lasciato loro anche copia del famoso fascicolo sui Chalabi. Di qui l'incriminazione di questi giorni. Salem Chalabi, brillante studente a Yale, è stato sempre il braccio destro di suo zio, e per suo conto ha curato gli «affari di famiglia» e i rapporti con gli ambienti «neocons» dell'amministrazione americana. Membro dell'ordine degli avvocati di New York, Salem è stato portavoce dell'Iraqi National Congress, il gruppo creato da Ahmed con i fondi prima della Cia e poi del Pentagono, aveva partecipato a tutte le riunioni nelle quali prima della guerra gli Usa avevano delineato un nuovo Iraq, non più arabo e alleato di Israele, e infine, dopo il conflitto, aveva dato vita alla prima società finanziaria commerciale israelo-irachena di investimenti l ` «Iraqi International Law Group», con l'avvocato americano-israeliano, Marc Zell, colono dell'insediamento di Elon Shevut (West Bank), sostenitore del movimento ultrà del «Gush Emunim», ed ex membro del comitato centrale del Likud vicino a Benyamin Nethanyahu. In realtà l'avvocato Zell a sua volta è socio di uno dei più importanti esponenti «neocons» dell'amministrazione Bush, il sottosegretario alla difesa per gli affari politici, Douglas Feith, architetto della guerra in Iraq e del progetto di ridisegnare il Medioriente secondo la visione dell'ultradestra israeliana. Fedeli a questa linea i Chalabi avevano sostenuto senza mezzi termini la loro dispponibilità a lavorare non solo per lo sviluppo della presenza israeliana in Iraq ma anche per una ripresa delle forniture di petrolio iracheno allo stato ebraico. Salem Chalabi inoltre, insieme al professore americano Noah Feldman, anche lui vicino alle posizioni di Ariel Sharon, avrebbe redatto la nuova costituzione provvisoria irachena che da una parte blocca qualsiasi velleità di indipendenza dagli Usa di un futuro governo iracheno e dall'altra condanna, dando alle tre province curde del nord potere di veto sulla futura costituzione definitiva, anche se approvata dal 90% della popolazione, il paese ad una drammatica frammentazione. Le accuse a Salem Chalabi sono ancor più gravi in quanto tutti sanno che Salem in realtà ha sempre eseguito gli ordini di suo zio Ahmed. Per il momento Ahmed Chalabi, che già si era presentato alle nuove autorità Usa con casse di oggetti rubati al museo di Baghdad sostenendo di «averli recuperati», sarebbe accusato di aver messo in circolazione vecchi dinari falsi e, in quanto capo della commissione finanze del governo provvisorio, di aver intascato al momento del cambio della valuta , circa 22 milioni di dollari. La magistratura inoltre è alla ricerca del capo della sicurezza e delle milizie di Ahmed Chalabi, il curdo sciita Aras Habib, il quale avebbe organizzato una impressionante serie di rapine e rapimenti, alcuni dei quali finiti in modo tragico. Di qui la perquisizione nei suoi uffici e nella sua abitazione nello scorso maggio e, dopo lo scoppio delle polemiche sulle inesistenti armi di distruzione di massa in Iraq, la decisione Usa di escludere Ahmed Chalabi dal nuovo governo e di tagliargli i 340.000 dollari mensili di stipendio. Del resto non è la prima volta che Ahmed Chalabi ha attirato l'interesse dei giudici. Nel lontano 1992 Ahmed Chalabi, figlio di una importante famiglia sciita che lascio l'Iraq dopo la rivoluzione antimonarchica e anti-inglese, stabilendosi a Londra, venne condannato in Giordania a 22 anni di lavori forzati per bancarotta fraudolenta con con la sua Petra Bank. Secondo alcune fonti della Cia, le accuse contro Chalabi sarebbero in realtà ancor più gravi. L'esponente dell'oppisizione irachena di Londra, già brillante matematico all'università americana di Beirut (dove si dice fosse in contatto con la famigerata polizia segreta dello Shah, la Savak) sarebbe sospettato in realtà di aver ripreso i rapporti con i suoi amici iraniani (rapporti in realtà mai negati e fino al maggio scorso apprezzati dall'amministrazione Bush) ai quali avrebbe confidato che i servizi Usa sarebberro in grado di rompere i codici segreti usati da Tehran. Potenzialmente ancor più esplosiva un'indagine della Fbi su chi in realtà tra i dipendenti del Pentagono avrebbe dato a Chalabi questa importante notizia.

In realtà Chalabi si era più volte proposto come mediatore tra gli Usa e Tehran riuscendo a strappare una certa neutralità iraniana nei confronti dell'occupazione americana dell'Iraq e anzi il sostegno a Washington di parte della comunità sciita irachena. Una mediazione destinata a saltare nel momento in cui lo scontro in Iraq si radicalizza e gli Usa sembrano ormai privilegiare una soluzione militare nei confronti dei settori più radicali del movimento sciita e, forse, di un indurimento dell'assedio all'Iran. A questo punto l'amministrazione Bush ha tutto l'interesse di liberarsi di Chalabi, una volta utilissimo e oggi imbarazzante, servitore degli interessi americani.
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