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La Stampa Rassegna Stampa
09.08.2004 L'icondizionata illegittimità della difesa
non è il principio in base al quale si condanna Israele?

Testata: La Stampa
Data: 09 agosto 2004
Pagina: 1
Autore: Guido Ceronetti
Titolo: «lanterna rossa»
A una lettura superficiale, nulla a che vedere con Israele e il conflitto mediorientale. Compare però il tema del terrorismo, attraverso quel riferimento all'Europa, esemplare nel suo "farsi sbranare dalla violenza".
E poi, riflettendoci, ci sembra proprio che il terribile fenomeno magistralmente e ironicamente descritto da Ceronetti; la condanna della legittima difesa, il sospetto infamante rivolto contro le vittime e la giustificazione sistematica dei colpevoli, l'"abolizione di ogni discrimine tra l'offensore e la vittima", riguardi anche, molto da vicino, la riprovazione di Israele per la pretesa di proteggersi dal terrorismo.
Se ci si pensa, leggendo l'articolo di Ceronetti, si vedono svelate, con sorprendente chiarezza, le premesse per così dire "filosofiche" di tale riprovazione. Che risiedono in una pura e semplice soppressione dei criteri di distinzione tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
E che costituscono una minaccia per tutti, perchè di tutti possono, per loro logica interna, fare dei capri espiatori. Delle vittime designate dal loro stesso rifiuto, trasformato in colpa, di farsi uccidere.
Ecco il pezzo:

Diventate regola le incriminazioni istantanee per «omicidio volontario» di tutti quelli che, ad un’aggressione per rapina, reagiscono sparando, propongo che un crollante istituto del diritto come la Legittima Difesa sia sostituito - a provvida tutela dell’incolumità di ladri, banditi, assassini - quello della incondizionata illegittimità della difesa. I giudici lo renderebbero inviolabile. E’ già così di fatto, ma chi detiene un’arma legalmente per proteggersi s’illude ancora di poterla usare in modo legittimo contro chi ne minaccia la vita e i beni.
Eh no! Se il tristo fatto avrà luogo, se ne accorgerà! Volendo salvarsi la vita, la perderà. Dopo le pistole puntate e sventate, lo incalzeranno incriminazioni, interrogatori stressanti, arresti domiciliari, sospetti, rinvii a giudizio. Al rimprovero di aver spento o ferito una giovane esistenza (sparando ad un rapinatore ottuagenario si possono avere sconti di rimorso: se il malfacente ne ha venti, sarà come aver volato il 6 agosto sopra Hiroshima) si aggiungerà l’insinuazione, mai trascurata dall’inchiesta, se fosse proprio necessario. E qui, le cataratte del Dubbio. La reazione del perfido aggredito sarà stata proporzionata al tipo di offesa patito? I giudici ti applicano le stesse regole che imbrigliano le missioni militari umanitarie: prima misurare il fuoco nemico, poi decidere, se è nei parametri, come rispondere.
-Ragazzo, mostrami l’arma: ah ah è scarica, la mia no, perciò non la tirerò fuori senza motivo, non voglio grane con la giustizia io!-
-Per questi pochi pugni che mi dai e quei due graffietti col coltellino che hai fatto a mia figlia o per mia moglie con l’infarto, non ti toglierò certo la vita, che è sacra... Reagirò con parole ferme: pensa al tuo futuro!-
C’è di solito, tra aggressore e aggredito, una deplorevole penuria di dialogo. L’aggredito, specie se ha subìto altri colpi, è un pessimista incapace di valutare serenamente. Invece di informarsi pacatamente o di scoprire con occhio esperto se l’arma che gli è puntata contro è in grado o no di uccidere, il nevrotico tira, stroncando ogni possibilità per l’aggressore di redimersi con le ONG.
Procure e vescovi amerebbero, da parte dell’aggredito, un preliminare Sondaggio delle Intenzioni. E potresti, sì, usare l’arma una volta accertato che il (supposto) delinquente ha in programma di farti fuori, però se ti fai piamente uccidere è molto meglio: ci guadagni le corone e i compianti, ai giudici verrà tuttavia il sospetto che tu abbia provocato, con una gesticolazione impropria, l’aggressore, recidivo ma dispiaciuto.
L’essenziale è l’abolizione di ogni discrimine tra l’offensore e l’offeso. Spiccioliamo in tutte le botteghe di orologiaio l’esempio dell’Europa: stare fermi, farsi sbranare dalla violenza senza mai cedere alla tentazione di rompere i denti a qualcuno.
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