Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
L'Iran e il terrore in Iraq. Al Jazira chiusa a Bagdad in quanto strumento di provocazione, secondo le dichiarazioni del governo iracheno
Testata: Corriere della Sera Data: 08 agosto 2004 Pagina: 8 Autore: Francesco Battistini - un giornalista Titolo: «Le trame oscure dell'Iran connection - Bagdad chiude Al Jazera»
L'Iran dietro il terrorismo in Iraq e Moqtada Sadr? Dal Corriere della Sera di oggi, 08-08-04, l'analisi di Francesco Battistini avvalora questa ipotesi. a pagna 8, "Le trame oscure dell'Iran connection" Un giorno di febbraio, a Teheran. C'è una delegazione occidentale, osservatori internazionali per le elezioni, che visita il Museo del tappeto. Il diplomatico iraniano che ci accompagna, si ferma davanti a una grande cartina geografica che domina il salone superiore: «Siamo accerchiati — sospira, additando i confini —. Vedete? Dopo la guerra a Saddam, l'Iran non ha più un vicino che sia un amico. La Turchia, l'Armenia, l'Azerbaigian, il Turkmenistan, l'Afghanistan, il Pakistan, ora anche l'Iraq: in due anni, è passato tutto nelle mani degli americani. Non possiamo stare a guardare senza far nulla...». Un giorno d'agosto, a Bagdad: un portavoce del ministro iracheno dell'Interno, Sabah Khadim, si presenta alla stampa con alcune carte in mano, tesserini e badge dei Guardiani della rivoluzione iraniana, per annunciare che «quattro spie di Teheran sono state arrestate in un appartamento di Bagdad». Le indagini sono in corso, aggiunge, «ma siamo certi d'una cosa: erano qui per organizzare la guerriglia contro gli americani». Iran connection. La battaglia di Najaf, decine di volontari iraniani sorpresi a combattere per l'Esercito del Mahdi. Per molti iracheni è la conferma di quel che si sospetta da mesi: un filo che lega i guerriglieri ai fratelli sciiti di Teheran. Un giornale di Bagdad, Azzaman, pubblica nome, foto e documento iraniano dei presunti spioni arrestati: il capo si chiama Teymuri Mohammed Mehdi, scrivono, e aveva contatti con «esponenti d'un influente partito iracheno» (probabilmente quello di Ahmed Chalabi, ex delfino americano ora caduto in disgrazia, accusato da Washington d'aver fatto il doppio gioco per gli ayatollah). I quattro erano in Iraq da qualche tempo, «preparavano sabotaggi», avevano molto denaro e in passato, finché la copertura non era parsa un po' grottesca nella situazione attuale, s'erano appoggiati a un'agenzia turistica che organizzava viaggi di pellegrini nelle città sante irachene, Najaf e Kerbala. Si apre un nuovo fronte? Millecinquecento chilometri di comune confine autorizzano più di un' ipotesi. Hazem Shalam, il ministro della Difesa iracheno, dice chiaro che «l'Iran è il nostro nemico numero uno, perché anche molti afghani catturati nei combattimenti ci hanno confessato d'essere pagati da Teheran». Richard Armitage, segretario americano, ha accusato Siria e ayatollah d'infiltrare aspiranti martiri. E le parole di Rafsanjani e Khatami, che dall'Iran hanno esortato i fedeli a non lasciar bruciare Najaf e a «non permettere che il lupo americano morda» le città sante (a maggio avevano già messo in guarda gli Usa), provocano la risposta dura del neopresidente iracheno, Ghazi al Yauar: «Non vogliamo vostre interferenze negli affari interni del nostro Paese». La tensione dura da tempo e passa per l'uccisione a Bagdad d'un diplomatico di Teheran o per le amicizie di madrassa, di scuola coranica che legano l'imam ribelle Moqtada Al Sadr al vaticano sciita di Qom e all'ayatollah iraniano Haeri. Controversi, i rapporti di Moqtada coi mullah della Rivoluzione khomeinista. A Bagdad c'è a far da «ambasciatore» un ufficiale dei pasdaran, amico degli hezbollah libanesi e di Hamas, che ha già finanziato con 50 milioni di dollari il movimento del giovane imam di Najaf. A Teheran, non tutti concordano su questo appoggio, temendo che le posizioni troppo radicali di Moqtada lo spingano ad allearsi coi sunniti o lo trasformino in un elemento troppo destabilizzante. E' un fatto, però, che in Iraq abbia messo le tende da un pezzo la Forza Qods (Gerusalemme), braccio extraterritoriale dei pasdaran, al comando due generali in contatto con la guerriglia. Rpg, mortai, armi semileggere: arriva di tutto, sostengono gli iracheni. In aprile, dice il ministero della Difesa, è stato bloccato un sudanese «con visti iraniani» che stava per avvelenare l'acquedotto di Bagdad. A Teheran, è una celebrità Forooz Rejaeifar, nel 1979 fra gli studenti che occuparono l'ambasciata americana, che si vanta d'organizzare il martirio per tutti quelli che vogliono partire per l'Iraq. E nel Sud del Paese, fra gli sciiti, è ancora più popolare una cassetta registrata con la voce della Guida spirituale Khamenei: il leader di tutti gli iraniani esorta i fedeli a «cacciare gli occupanti dalle città sante». Non dice la parola Iraq, ma è come se lo facesse. Il governo iracheno, intanto, chiude l'ufficio di corrispondenza di Al Jazira a Bagdad. A pagna 8, "Bagdad chiude Al Jazera" Chiusura per un mese, senza spiegazioni, dell'ufficio di corrispondenza di Bagdad della tv del Qatar Al Jazira. Lo hanno annunciato ieri le autorità irachene, che avevano già criticato in passato la controversa tv via satellite, oggetto da tempo di forti critiche anche da parte degli Usa. Il 25 luglio il ministro degli Esteri Hoshyar Zebari aveva accusato Al Jazira di «falsità e parzialità». «Questi canali sono diventati strumenti di provocazione contro gli interessi e la sicurezza degli iracheni e del governo iracheno», aveva detto Zebari. «È una decisione deplorevole, ma continueremo a seguire la situazione in Iraq al meglio delle nostre possibilità» ha commentato ieri Jihad Ballout, portavoce del network. L'organizzazione Reporter senza frontiere ha protestato contro la decisione, definendola «inquietante» e «uno dei tanti casi di censura ormai ricorrenti» nel nuovo Iraq. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla direzione del Corriere della Sera. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.