Il governo israeliano verso una coalizione allargata che renda attuabile il ritiro da Gaza
Testata: Il Foglio Data: 04 agosto 2004 Pagina: 3 Autore: un giornalista Titolo: «Sulla road map del ritiro Sharon cerca una coalizione allargata»
Il Foglio di oggi, 03-08-04, pubblica un interessante articolo sulla situazione politica israeliana, in relazione al progettato ritiro da Gaza e all'eventuale allargamento della coalizione governativa. Ecco il pezzo. Gerusalemme. Due elementi possono aiutare a capire perché Ariel Sharon cerchi, a metà mandato, di allargare la coalizione intorno al proprio governo. Il primo è la scelta di procedere con il piano di ritiro e il conseguente abbandono di insediamenti a Gaza, Giudea e Samaria. E’ stata questa una decisione controversa che ha determinato il passaggio di alcuni partiti di destra all’opposizione e ha spaccato profondamente il partito di maggioranza relativa, il Likud di Sharon. Il secondo è il caso giudiziario apertosi nei confronti di Joseph Paritzky. In Israele, nel 1977 un conto all’estero della moglie – del valore di poche centinaia di dollari – costrinse alle dimissioni il primo ministro Yitzhak Rabin. Oggi a Paritzky sono bastati trenta minuti per giocarsi il posto di ministro e influenzare la gestazione del nuovo governo verso l’esclusione del proprio partito, il laico e liberale Shinui. La registrazione di una chiacchierata infatti ha incastrato il politico in una storia di scorrettezze con il ministro dell’Interno – e collega di partito – Avraham Poraz. "Nell’espellere Paritzky, il leader di Shinui, Tomy Lapid, è stato impulsivo. Ora paga le conseguenze", dice al Foglio Meir Ouziel, scrittore ed editorialista di Maariv. Rimasto solo, Paritzky non si limita ad atteggiarsi "a martire per aver combattuto il monopolio della potente azienda elettrica nazionale", ma agli inquirenti racconta molti altri dettagli, che, se verranno verificati e confermati, rappresenteranno un duro colpo a Shinui. "Il partito di Lapid in questi anni si è affermato su due istanze: la laicizzazione del paese e le mani pulite – dice Ouziel – e due vecchie volpi come Sharon e Shimon Peres hanno annusato l’aria. Si sa dove cominciano le inchieste, ma non come finiscono". Il giorno dello scandalo il primo ministro Sharon ha aperto un tavolo di negoziazioni con Peres per trattare l’ingresso dei laburisti nella coalizione. L’allargamento della maggioranza potrebbe ovviare alla spaccatura dentro al Likud e finirebbe per costringere anche i ministri più riottosi al ritiro, come Benjamin Netanyahu, Silvan Shalom e Limor Livnat, rispettivamente il ministro delle Finanze, degli Esteri e dell’Educazione. Per entrare nel governo, Peres chiede di tornare al ministero degli Esteri, dove per ora siede Shalom. Ma senza i liberali anche le riforme economiche di Netanyahu sarebbero a rischio. I religiosi dello Shas e del Yahadut haTorah hanno avuto colloqui "molto positivi" con Sharon: il loro ingresso nel governo è considerato quasi indispensabile dal punto di vista simbolico per giustificare il ritiro. Il gruppo parlamentare di Shinui ha dichiarato ieri che, se i laburisti entrassero nella coalizione, potrebbe riconsiderare la propria permanenza nel gruppo insieme ai religiosi del Yahadut haTorah, che avrebbero però diritto di voto ma nessun ministero: la decisione deve ancora essere confermata dal partito. "Nessuno sa cosa voglia Sharon e chi preferisca tra i religiosi e laici di Lapid", dice al Foglio il parlamentare laburista Isaac Herzog. In Israele ci si chiede perché Sharon abbia dato il via libera all’istituzione del matrimonio civile. A prima vista potrebbe trattarsi di un rafforzamento di Shinui, che della riforma dei matrimoni ha fatto uno dei pilastri della sua strategia, ma c’è chi ipotizza che questa carta possa essere stata messa sul tavolo per essere poi accantonata e per raggiungere un accordo con i religiosi. Shinui si troverebbe così in difficoltà e, in nome del ritiro e dell’ingresso dei laburisti, potrebbe alla fine decidere di sedere ugualmente nel governo accanto ai religiosi. I colloqui continuano serrati, ma la maggioranza resta fragile: alla Knesset le ultime mozioni di sfiducia prima della pausa estiva sono finite in pareggio. Gli israeliani, e non soltanto loro, si chiedono se il governo riuscirà a sopravvivere. Nel dubbio di elezioni anticipate, Peres avrebbe già dato mandato di preparare la macchina del partito, mentre, secondo i servizi segreti israeliani, Yasser Arafat starebbe già puntando sulla fine di Sharon. Il primo ministro di Gerusalemme ha commentato nei giorni scorsi: "Strano, pensavo che soltanto tra noi ebrei ci fosse chi volesse farmi fuori". Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.