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Il Sole 24 Ore - Il Manifesto - Europa Rassegna Stampa
03.08.2004 I media italiani in soccorso di Arafat
le cronache scorrette di tre quotidiani

Testata:Il Sole 24 Ore - Il Manifesto - Europa
Autore: un giornalista - Michele Giorgio - myu terranera
Titolo: «Notizie da Israele e Anp»
I giornali di oggi, 03-08-04, tornano sulla crisi politica dell'ANP e riferiscono dell'uccisione di tre terroristi palestinesi che cercavano di penetrare in un insediamento israeliano e di quella di tre presunti "collaborazionisti" palestinesi da parte dei terroristi. A pagina 8 del SOLE 24 ORE un giornalista firma l'articolo "Sangue e vendette nei territori", che di seguito riportiamo:
Giornata di violenza nei territori con israeliani che uccidono palestinesi e palestinesi che uccidono connazionali nel quadro di uno spietato regolamento di conti, mentre non accenna a scemare la polemica tra i sostenitori del presidente Arafat e i suoi avversari.
Non spiegando perchè e in quali circostanze gli israeliani abbiano ucciso dei palestinesi questo incipit lascia intendere che l'abbiano fatto gratuitamente, o magari anch'essi in un "regolamento dei conti". Soltanto dopo viene spiegato che:


Nella notte tre palestinesi, che si accingevano a compiere un attentato contro l’insediamento ebraico di Elei Sinai, nel nord della striscia di Gaza, sono stati uccisi dall’esercito israeliano. Di prima mattina un razzo sparato dalla Striscia contro la vicina città israeliana di Sderot ha colpito un appartamento causando gravi danni e molto panico. Senza misericordia pure la ferocia tra palestinesi.
Da parte israeliana non c'e stata ferocia, tanto meno "senza misericordia". Non si può, infatti, caratterizzare così l'autodifesa.


In Israele, infine, fonti del ministero della difesa hanno confermato notizie stampa secondo le quali due mesi fa il premier Ariel Sharon aveva dato in segreto l’autorizzazione ad ampliare l’insediamento urbano di Maalè Adunim, a est di Gerusalemme, con la costruzione di 600 nuovi appartamenti. L’intento è di rafforzare la presenza di Israele in aree alle quali non si vuole rinunciare in nessun caso.
Occorre ricordare, a questo proposito, che sia i progettati accordi di Camp David si queli di Taba prevedevano scambi di territori tra futura Palestina e Israele. Quale che sia l'assetto definitivo dato ai territori contesi è chiaro che Israele non può abbandonare unilateralmente zone che potrebbe ottenere in un accordo politico, in cambio di altre a maggioranza araba.

IL MANIFESTO pubblica a pagina 6 l'articolo di Michele Giorgio "ANP, Dahlan lancia la sfida ad Arafat", che riprende notizie di ieri, 02-07-04, sulla crisi dell'ANP. Sorprendente il primo paragrafo:

Nessuno nei territori palestinesi può sentirsi al di sopra delle legge», ha avvertito ieri il premier palestinese Abu Ala (Ahmed Qurei), al termine di una lunga seduta di governo a Ramallah a cui hanno preso parte anche i responsabili alla sicurezza. Eppure qualcuno a Gaza si sente già al di sopra di qualsiasi legge. Mohammed Dahlan, principale oppositore del presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) Yasser Arafat, e i suoi miliziani hanno cominciato i preparativi della manifestazione di 30 mila palestinesi che dovrebbero sfilare nelle strade di Gaza domenica prossima 8 agosto o nei giorni successivi, «per le riforme e contro la corruzione».
Per il quotidiano comunista chi organizza manifestazioni, se queste sono contro Arafat, si "sente al di sopra di qualsiasi legge". Interessante concetto di legge e di democrazia.


Uomini delle nuove «Brigate dei martiri di Al-Aqsa», create a Gaza dallo stesso ex ministro, ieri erano impegnati a mobilitare la popolazione per quella che viene vista come la sfida più pericolosa al potere di Arafat dai tempi della rivolta di Abu Musa che, dopo l'invasione israeliana del Libano (nel 1982), provocò una ribellione in Al-Fatah con l'aperto sostegno dei siriani. Dahlan, che piace molto a israeliani e statunitensi, domenica in una intervista al quotidiano Al-Watan aveva accusato Arafat «di sedere sui cadaveri dei palestinesi e sulle rovine». «I palestinesi - ha continuato l'ex ministro - hanno bisogno di appoggi e di un nuovo approccio. Quello che ha guidato la causa palestinese è divenuto inutile, le perdite sono insopportabili e la vita dei palestinesi è distrutta».

E' ormai evidente che c'è proprio Dahlan dietro le proteste delle (nuove) «Brigate dei martiri di Al-Aqsa» di due settimane fa a Gaza. Dahlan, che si è arricchito con attività oscure quando era a capo del servizio di sicurezza preventiva dell'Anp, ora sta cavalcando l'onda della legittima protesta popolare per la corruzione nell'entourage di Arafat e ai vertici delle forze di sicurezza. «Dahlan si sente forte, ha capito di poter conquistare il potere», ha detto al manifesto il giornalista e analista di Gaza Safwat Kahlut. «Non gli sarà difficile portare in strada 30mila palestinesi in questa situazione di caos in cui la gente vuole soluzioni concrete ai problemi e ha voglia di far sentire la sua voce».

Determinante sarà a questo punto l'atteggiamento del movimento islamico Hamas, forza di maggioranza a Gaza, che sino ad oggi ha mantenuto nella crisi politica palestinese una posizione di basso profilo. Kahlut ha riferito che Hamas e Dahlan hanno avuto colloqui «positivi» e che le due parti «sono a favore del rispetto reciproco». Un sito internet legato ad Hamas ha tuttavia denunciato che Dahlan è l'ultimo che può parlare di lotta alla corruzione perché si è costruito una fortuna personale aggiudicandosi le commissioni su numerose transazioni con l'Anp.

La tensione è altissima nella striscia di Gaza, gli uomini di Musa Arafat - accusato di corruzione proprio come Dahlan e tanti altri, lasciato a capo dell'intelligence militare dal presidente palestinese nonostante le proteste popolari - hanno ricevuto l'ordine di tenersi pronti a reagire a «violazioni dell'ordine pubblico». La manifestazione dei 30mila potrebbe facilmente sfociare in scontri senza precedenti tra palestinesi.

Tutto ciò mentre il caos da Gaza sta passando alla Cisgiordania dove tuttavia le «Brigate dei martiri di Al-Aqsa» hanno riaffermato fedeltà ad Arafat pur criticando il suo entourage. A Jenin, Zakarya Zubeidi, il leader delle «Brigate» in Cisgiordania sfuggito a vari tentativi di assassinio da parte delle forze armate israeliane, domenica ha guidato una manifestazione di migliaia di persone contro la corruzione e a sostegno del presidente palestinese. Sabato Zbeidi aveva accusato l'intelligence dell'Anp di aver inoltrato ai servizi segreti israeliani informazioni sui militanti delle «Brigate», consentendo la loro eliminazione. Nelle stesse ore altri militanti di al-Fatah, membri armati delle «Brigate del Ritorno», hanno compiuto una sfilata dimostrativa a Nablus durante la quale hanno interrotto una seduta politica del loro stesso movimento perché critica nei confronti del presidente palestinese.

In questo clima di caos in cui nessuno bada alle ultime quattro uccisioni di palestinesi da parte di Israele
Dagli altri quotidiani risulta soltanto l'uccisione da parte di Israele di tre, e non quattro, terroristi che stavano cercando di penetrare in un insediamento. Giorgio però non ritiene di dover informare i suoi lettori di questa circostanza.
e in cui le bande armate giustiziano in pubblico i sospetti collaborazionisti (tre in appena 24 ore), le «Forze nazionali ed islamiche» (che includono tutti i partiti e movimenti palestinesi), hanno rivolto un appello alla popolazione affinché i dissensi «vengano superati mediante il dialogo e non con la forza», ciò nella convinzione che le divisioni facciano «solo il gioco di Israele».
A conferma di ciò, ieri il premier israeliano Ariel Sharon ha dato via libera alla costruzione di 600 nuovi edifici nella colonia di Maale Adumim, la più estesa della Cisgiordania.
L'autorizzazione, come risulta dall'articolo del SOLE 24 ORE, è di due mesi or sono, ma quando si tratta di difendere Arafat vale anche la tesi stalinista per cui i dissensi interni favoriscono "oggettivamente" il nemico esterno. E, se la rende più plausibile, una data sbagliata non è così grave.
A illustrare l'articolo di Giorgio la fotografia di una bambina che si aggira fra i resti di una casa devastata. Sotto una didascalia che recita: "Khan Younis (Gaza). Gli effetti dell'ultimo raid israeliano". La foto invece, criguarda il bombardamento palestinese di Sderot, in Israele. (Informazione Corretta di oggi 03-08-04 dedica all'argomento l'articolo "Le vittime israeliane diventano palestinesi")

Su EUROPA, a pagina 2, myu terranera firma l'articolo "Migliaia di palestinesi in piazza per Yasser Arafat. Continua lo scontro tra il raìs e il partito dei riformisti". Già il titolo è assai significativo: per il raìs scendono in piazza "migliaia di palestinesi", senza collocazione politica, semplice espressione del "popolo", contro si schiera il "partito" dei riformisti, forse una cricca di arrivisti senza alcun seguito (mentre l'insofferenza popolare c'è eccome, e lo stesso articolo deve ricordarla). Al sostegno acritico ad Arafat il quotidiano della Margherita aggiunge però toni tra il lirico e l'epico, particolarmente nell'ultima parte del pezzo: "Forse il vecchio raìs riuscirà a traghettare quel che chiama "il mio popolo" verso una nuova era", "...dovrà riconquistare la fiducia dei palestinesi che non credono più in lui. E questa è sicuramente la sfida più difficile". La cecità dei media italiani riguardo al leader palestinese, così simile a quella che tante volte nella storia ha impedito di riconoscere il vero volto dei tiranni, continua. E si ammanta anche di poesia.
Di seguito,il pezzo:

Dalla muqata, Arafat continua a combattere con ogni mezzo politico e militare per mantenere la sua leadership. Una leadership che se ancora non si può definire fragile, certamente è contestata ogni giorno di più da buona parte della popolazione e dall’ala riformista del governo. Dopo le rivolte che nelle ultime settimane hanno attraversato la striscia di Gaza, l’attacco frontale al vecchio raìs è arrivato domenica scorsa, quando Mohammed Dahlan, ex capo della sicurezza palestinese, gli ha lanciato un ultimatum. Nell’intervista al giornale kuwaitiano al Watan, Dahlan ha detto chiaramente che se Arafat non attuerà delle concrete riforme all’interno dei servizi di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) entro il 10 agosto, migliaia di persone scenderanno in piazza a Gaza per protestare contro le mancate riforme.
La reazione dei fedelissimi del raìs non si è fatta attendere: migliaia di persone si sono riunite ieri a Ramallah per manifestare il loro sostegno al presidente palestinese. Imad Shaqour, uno stretto consigliere di Arafat, ha puntato il dito contro Dahlan accusandolo di voler intenzionalmente mettere in crisi l’Anp. «La minaccia di far scendere in piazza 30mila persone – ha proseguito Shaqour – non aiuta a risolvere la crisi. Non è questo il modo per far passare le riforme che tutto il popolo palestinese si aspetta». E alle richieste di Dahlan di «punire i corrotti», il collaboratore di Arafat, nell’intervista rilasciata ieri al quotidiano degli Emirati Arabi el Halij, ha risposto secco: «Sono affermazioni assurde, soprattutto perché (Dahlan) è stato uno dei primi ad essere accusato di corruzione ». Per cercare di screditare Dahlan che, tra le altre cose, chiede l’immediato licenziamento di Musa, cugino del raìs e attuale capo della sicurezza nella Striscia, i più accaniti sostenitori di Arafat non hanno esitato a dipingerlo come un opportunista affamato di potere, che vuole strumentalizzare il malcontento popolare per aumentare il proprio prestigio.
La lotta di potere tra i vari leader politici, però, non si ferma solo alle dichiarazioni più o meno ufficiali. Domenica scorsa, a Nablus, militanti delle brigate di al Awda hanno interrotto, sparando in aria, una riunione di dirigenti riformisti del Fatah. Un’azione che, da un lato, rappresenta l’ennesima dimostrazione pro-Arafat e, dall’altro, mette in evidenza la paura dei gruppi più conservatori di perdere il controllo dei posti chiave nel Comitato centrale (rimasto invariato dal 1989). Mentre, sempre durante il fine settimana scorso, miliziani delle brigate martiri di al Aqsa hanno incendiato a Jenin, in Cisgiordania, uffici di sicurezza e dell’Anp per ottenere la destituzione del nuovo governatore Musa.
La condanna da parte di Abu Ala è stata immediata.
«Nessuno nei territori palestinesi può sentirsi al di sopra delle leggi» ha detto ieri il premier palestinese. I disordini e le manifestazioni violente sia pro che contro Arafat, però, sembrano destinate ad aumentare. Perché, al di là delle intenzioni di Dahlan e della prevedibile levata di scudi in difesa del raìs da parte della vecchia guardia del partito, resta il fatto che larghi strati della popolazione sono stanchi dell’era Arafat, fatta di promesse sempre annunciate e quasi mai mantenute.
In un provocatorio editoriale pubblicato su Al Sharq al Awsat, un quotidiano di Londra in lingua araba, il columnis tHuda al Husseini non esita ad attaccare il presidente palestinese. «Yasser Arafat si sta comportando come se fosse Maria Antonietta – scrive Husseini – che quando iniziò la rivoluzione francese chiese "Perché si stanno ribellando?». Così Arafat, almeno in apparenza, si comporta come se non ci fosse nessuna crisi in atto. E forse è così.
Forse il vecchio raìs sarà in grado di traghettare quello che chiama «il mio popolo» verso una nuova era. Forse riuscirà a mantenere il controllo in Cisgiordania dove, secondo il quotidiano Jerusalem Post, Dahlan non è abbastanza popolare per riuscire a scatenare una rivolta contro Yasser Arafat.
In ogni caso, il presidente palestinese dovrà riconquistare la fiducia dei palestinesi che non credono più in lui. E questa è sicuramente la sfida più difficile.
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