Il pacifico Iran e l'aguzzino Israele il mondo alla rovescia del quotidiano comunista
Testata: Il Manifesto Data: 02 agosto 2004 Pagina: 7 Autore: Marina Forti - Alessandra Garusi Titolo: «L'Iran riprende il lavoro alla filiera atomica - Israele come Abu Ghraib, le torture sono la norma»
Sul Manifesto di ieri 1-08-04 Marina Forti a pagina 7, nell'articolo "L'Iran riprende il lavoro alla filiera atomica", riferisce del contenzioso fra Iran, Aiea, Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti sul programma nucleare della Repubblica Islamica . Quest'ultima ha deciso di sospendere la produzione di uranio arricchito, utile alla costruzione di ordigni nucleari, ma non quella delle centrifughe che servono appunto a produrre uranio arricchito (la questione è ben spiegata nell'articolo "Teheran: ripresa la produzione di centrifughe" a pagina 7 dell'Unità di ieri). Chiunque può capire che, se agisce così, il regime di Teheran intende riprendere ad arricchire uranio non appena sia diminuita l'attenzione della comunità internazionale. Altrimenti per quale scopo produrrebbe e acquisterebbe le centrifughe? Per la giornalista del quotidiano comunista, però, "che tra Vienna e Washington la questone sia usata come arma politica è fin troppo evidente". Il suo articolo non spiega in modo chiaro il problema e concede alle dichiarazioni e al punto di vista della teocrazia iraniana un credito francamente sconcertante. Se all'Iran si può credere senza problemi occorre invece dubitare in modo sistematico di Israele. Sempre a pagina 7 Alessandra Garusi intervista l'avvocato Maher Talhami. "Israele come Abu Ghraib, le torture sono la norma" è l'accusa che l'avvocato arabo israeliano e la giornalista lanciano fin dal titolo del pezzo. Tutavia "qui non esistono immagini, solo centinaia di deposizioni scritte e giurate"; vale a dire niente prove, solo testimonianze, spesso di terroristi. E' già accaduto che deposizioni giurate di palestinesi su maltrattamenti inflitti da soldati israeliani siano state ritrattate, dopo che le indagini ne avevano mostrato l'infondatezza. Per Talhami basta raccontare l'episodio di un arresto violento (un ragazzo colpito otto volte al petto e finito all'ospedale, e che a suo dire poteva essere arrestato senza essere colpito) per dimostrare che esiste una pratica sistematica della tortura. Inoltre, nonostante le inchieste istituite dalla magistratura israeliana su limitati casi di veri o presunti abusi di militari contro palestinesi, "ogni miltare israeliano può sparare a chiunque voglia e non gli succederà nulla, a meno che non ci siano delle foto potenti ad inchiodarlo". Questo è il modo in cui il quotidiano comunista difende i diritti umani: non occupandosi mai delle torture e delle esecuzioni sommarie dell'Autorità Palestinese, continuando a dare credito a un regime spietato con i dissidenti come quello iraniano e accusando con sicurezza, appena qualcuno ne offre il pretesto, sulla base di informazioni di parte, non verificate, incomplete e talora palesemente sospette la democrazia israeliana.
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