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Il Manifesto Rassegna Stampa
30.07.2004 C'è speranza se vanno a Zion
una destinazione curiosa per i no global

Testata: Il Manifesto
Data: 30 luglio 2004
Pagina: 13
Autore: Angelo Mastrandrea
Titolo: «I «ribelli» di Matrix fischiano Moratti e non bevono Coca»
Se vanno a Zion c'è speranza. Parliamo di loro, i ragazzi dei movimenti, quelli del no alla guerra senza se e senza ma, che plaudono Zapatero e Che Guevara, bevono la Mecca Cola ( bevanda i cui proventi finiscono nelle casse Anp o di Hamas), si adoperano per sviluppare una società alternativa, più giusta. Non sorprende dunque che organizzino campeggi ecosolidali dove condividere idee, dibattere e magari farsi qualche canna. Niente di male, in effetti qualcosa che assomiglia al sionismo socialista dei kibbutz della prima ora rimane : anche gli ebrei che scappavano dai pogrom di Russia facevano la loro alyà sperando in una società migliore, più giusta e, soprattutto, dove gli ebrei non venissero più discriminati. Poi succede l'impensabile, d'improvviso questi giovani pionieri diventano cattivi, oppressori, addirittura fascisti: perfidi israeliani. E allora via, subito a prendere le difese dei nuovi oppressi: i palestinesi. Kefie al vento, Arafat il nuovo Che Guevara, Sharon criminale, e altre baggianate confezionate loro dai genitori, sessantottini mai sopiti. E così i giovani studenti della sinistra alternativa si ritrovano a Zion, senza sapere effettivamente cosa rappresentino Sion e il Sionismo. E allora noi li lasciamo lì ,ma non senza prima offrir loro uno spunto di dibattito, magari per loro originale, direttamente tratto dall'inno del tanto odiato Stato d'Israele "(...) Non si è mai spenta la nostra speranza di essere un popolo libero nella nostra terra, la terra di Zion, Gerusalemme ".

Di seguito il colorito reportage del Manifesto, su di un campeggio no-global, in un luogo chiamato, curiosamente Zion.
Da leggere con la dovuta ironia.

Hanno fatto tutto bene, gli organizzatori della «città dei ribelli». Un parco, quello toscano della Sterpaia nel comune di Piombino, strappato all'abusivismo, ripulito da lavandini abbandonati e sterpaglie e adibito a campeggio con tanto di antenna parabolica che permette di collegarsi a internet. I workshop sul consumo critico, i dibattiti sulla scuola incalzando il padre della contestata riforma Moratti, il professor Giuseppe Bertagna. La mensa autogestita, con due «compagni napoletani dell'Uds» ai fornelli, studenti medi figli di papà, in questo caso di ristoratori, e in quanto tali promossi sul campo. E un modello di turismo ecosostenibile, perfino con le panche di materiali riciclati. Tutto bene, tranne l'odiata Coca Cola in vendita al bar e quelle postazioni per videogiochi X-Box gentilmente offerte dalla Microsoft a rimpiazzare i rimpianti tavoli da ping pong e biliardini.

La bevanda del nemico

Ma come, hanno pensato in molti, invitiamo Alex Zanotelli a farci raccontare di come le multinazionali affamano il terzo mondo e poi combattiamo l'arsura delle nostre occidentalissime gole con la bevanda del nemico? Teorizziamo il software libero e poi ci alieniamo con i giochi di Bill Gates? «Capisco che è difficile tenersi fuori dal sistema, ma dobbiamo cercare uno stile di vita alternativo a questo», sbotta Giuseppe di Molfetta, studente medio che si aggira sotto il sole battente del primo pomeriggio a raccogliere firme sotto un volantino dal titolo neoluddista «boicotta le macchine». «Chi acquista Coca Cola e altri prodotti delle multinazionali in Zion contribuisce alla oppressione delle genti del sud del mondo dimenticato, privandoli di ogni potenzialità di emancipazione dall'imperialismo europeo e statunitense», nel documento si legge proprio così. E ancora: «Noi riteniamo che il videogioco sia uno strumento di isolamento e un pesante attacco alla cultura. Il diffondersi nella città dei ribelli del qualunquismo ludico produce una svalutazione dell'immagine generale». Se in Matrix, film cult per le nuove generazioni no global, «Zion è l'ultima città che resiste alla schiavitù imposta agli umani dalle macchine», qui alla Sterpaia non si può proprio scivolare sulla buccia di banana di Microsoft.

Niente male per coloro che per anni sono stati additati come i figli e nipoti di Ds e soprattutto Cgil, o come i fratellini della Sinistra giovanile. Un cordone ombelicale, più che una cinghia di trasmissione come si sarebbe detto una volta, difficile da recidere per organizzazioni studentesche tutto sommato tradizionali come Uds, Udu e Mutua studentesca. Ma il cambiamento, avvenuto gradualmente negli ultimi anni, è nei fatti e ha molto a che vedere con l'esplodere dei movimenti. Te ne accorgi da episodi minori, come quello di cui sopra, e di come in quattro e quattr'otto la bevanda «responsabile dell'assassinio dei sindacalisti in Colombia» venga rimpiazzata dalla più eticamente accettabile Mecca Cola. Da come il Guaranito, bevanda che sta facendo la fortuna del commercio equo e solidale, vada letteralmente a ruba. Dai simboli, le icone del sempreverde Che Guevara e le t-shirt zapatiste, e dalle pratiche autogestionarie e di autorganizzazione. Dal fatto che allo Zion village, la «città dei ribelli», studenti medi e universitari, oggi possano accedere tutti, iscritti e non alle associazioni organizzatrici. Qualche anno fa non sarebbe stato possibile.

«Per noi è un successo che al campeggio partecipino non solo i nostri militanti», dice Natale di Cola, presidente della Mutua studentesca. La parola d'ordine è «contaminazione». «Già tre anni fa abbiamo discusso al nostro interno di come contaminarci con i movimenti», dice ancora di Cola. Tre anni fa, quel 2001 che ha rappresentato una svolta per decine di migliaia di giovani in Italia, quando nell'organizzare il campeggio, alla vigilia del G8 «ci siamo chiesti: qual è il posto più vicino per poter andare a Genova?». E così si sono spostati da Otranto, mare a cinque stelle pugliese, a Orbetello in Toscana, regione da cui non si sarebbero più mossi «perché è l'unica in cui le istituzioni hanno un'attenzione verso i movimenti».

E' proprio qui che si è logorato in maniera decisiva il legame con i Ds, ma «già con la guerra in Kosovo si capì che con loro non avevamo nulla a che spartire», dice Fernando D'Aniello, studente di Scienze politiche a Napoli. Il modello «di come aprirci alla questioni sociali senza limitarci ad affrontare le vertenze scolastiche», per il sindacato degli studenti, è semmai quello della Cgil di Cofferati e oggi di Epifani. Ma in totale autonomia, come dimostra il sostegno, lo scorso anno, al referendum per l'estensione dell'articolo 18 nonostante la tiepidezza della Cgil. «Abbiamo aperto le scuole ai temi del movimento», continua D'Aniello, «dalle droghe leggere alla sessualità. E abbiamo tradotto il nostro impegno per il Chiapas e contro le guerre in Kosovo e in Iraq, in sostegno concreto alla cooperazione internazionale». Tanto che oggi pensano che, più che cercare di inquadrare gli studenti in organizzazioni di tipo tradizionale o decidere linee politiche, sia meglio avviare campagne e discutere, confrontarsi. Nelle scuole e università come al campeggio, «che non è altro che la prosecuzione delle attività che facciamo durante l'anno». Per questo hanno messo a confronto, qui a Zion, Bertagna e il diessino Ranieri, Toni Negri e Giuliano Amato. E hanno convocato un'assemblea dei movimenti studenteschi che contestano la riforma di scuola e università «per non arrivare a novembre impreparati» e organizzare da subito un autunno che potrebbe essere caldo. Hanno cercato di costringere al confronto anche esponenti di spicco del centrodestra, inutilmente.

Zion è tutto questo. Grandi discussioni e pomiciate in spiaggia, spinello sdoganato alla faccia di Fini e partite di calcetto. Divertimento e politica. Ingresso libero negli spazi comuni e con braccialetto di riconoscimento per andare alle tende, organizzate in piazze per lo più divise «su basi etniche». I palermitani accroccati in pochi metri quadri, la «casa del popolo» dei napoletani che però si mescolano con tutti, e così via. E' il loro mondo possibile, un «villaggio globale» di qualche centinaio di abitanti, «ma che contiamo arrivino a duemila entro la fine». Totalmente autogestito. «Dove si sta per dialogare e non per consumare», «per riappropriarsi di spazi e tempi di vita», «per stimolare la partecipazione e la coscienza critica». Insomma, per creare una cittadinanza attiva, ribelle più che rivoluzionaria, secondo i parametri della sinistra no o new global.

Sotto il sole di fine luglio, va bene lo spazio pubblico in cui confrontare le diverse esperienze. Per le battaglie se ne riparlerà a settembre inoltrato. Quella contro «una scuola sempre più elitaria» prima di tutto. «Aumentano i numeri chiusi alle università, così come i costi e le barriere culturali all'accesso. Vogliamo sovvertire la figura dello studente-cliente e creare lo studente-cittadino, che si occupa anche del mondo circostante», spiega il coordinatore nazionale dell'Udu Triestino Mariniello, che a dispetto del nome è campano di Aversa e a dispetto delle treccine rasta studia giurisprudenza a Santa Maria Capua Vetere, sempre nel casertano. «Per questo diciamo no all'università-esamificio», e su questo, pur contestando radicalmente la riforma del governo Berlusconi, vogliono discutere «da subito» anche con il centrosinistra. «Ancora non sappiamo cosa faranno, ma sul fatto che la riforma vada stralciata non transigiamo. Non serve essere rivoluzionari per dire questo, lo hanno già fatto la Conferenza dei rettori, il Comitato universitario nazionale e il Consiglio di stato».

Non si fidano del centrosinistra, gli studenti di Zion e ne hanno ben ragione, visti i precedenti ulivisti che hanno spianato la strada al berlusconismo. Per questo sperano che al più presto si apra quell'assemblea programmatica di cui nell'ultima settimana ha parlato persino Romano Prodi.

Ma cosa chiederebbero a un futuro governo neoulivista? Risponde Triestino: «Un governo di sinistra non può tollerare una politica di negazione dell'accesso all'università». Per cui si chiede il ritorno a «una politica forte di investimenti sul diritto allo studio», anche ridiscutendo i «fallimentari» prestiti d'onore che hanno a poco a poco sostituito le borse di studio. La differenza? Che il prestito, per progetti d'impresa definiti, prima o poi va restituito, la borsa è invece a fondo perduto e per garantire il diritto alla formazione. E ancora, «finanziamento pubblico e paletti chiari all'autonomia universitaria, anche se abbiamo molti dubbi che lo faranno», «non eliminare la figura dei ricercatori e limitare il potere dei docenti». Infine, l'«abolizione degli ordini professionali», perché «fin quando ci saranno queste barriere all'uscita non avremo un'università di massa». «La riforma della scuola passa soprattutto attraverso la finanziaria», continua D'Aniello, perché «i tagli si ripercuotono sugli studenti sotto forma di aumento delle tasse o di ricorso al mercato da parte degli atenei». Purtroppo, «a sinistra non si vede ancora un'idea di scuola», anche se «fare peggio di questo governo è difficile».

Fuori la Digos

Un altro punto che sta loro a cuore è quello della repressione: «Ci hanno mandato i cani nelle scuole, la Digos travestita da bidelli, a Napoli hanno tolto le porte dai bagni dei maschi, a Treviso fanno il test del capello per l'assunzione di droghe, Pisanu ha scritto una circolare alle questure per chiedere loro di indicargli i capi delle possibili occupazioni in autunno, le prime aule a essere sgomberate sono quelle autogestite». Ma questa volta, promettono i «ribelli» di Zion, non ci saranno sconti neppure se al governo andrà il centrosinistra: «Dall'esperienza dei movimenti di questi anni abbiamo imparato che il metodo è importante. Le riforme si fanno dal basso, non vorremmo che arrivasse un Bertagna di sinistra a imporre un'altra legge. Per questo le scuole vanno coinvolte. Durante il governo dell'Ulivo non ci furono grosse contestazioni, ma questa volta non sarà così. Come primo segnale positivo ci basterebbe che facessero come Zapatero, che appena insediato ha bloccato la riforma del centrodestra e detassato la cultura».
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