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La Repubblica Rassegna Stampa
28.07.2004 Pirani, una voce fuori dal coro
ma l'orchestra continuerà come prima

Testata: La Repubblica
Data: 28 luglio 2004
Pagina: 1
Autore: Mario Pirani
Titolo: «Quante rimozioni dietro le critiche al Muro d'Israele»
Federico Steinhaus commenta l'editoriale di Mario Pirani uscito su Repubblica il 27-7-04

Pirani non è mai stato tenero con Israele, e non può essere certamente
sospettato di soffrire di quella forma di paranoia che induce a vedere l'
antisemitismo anche dove non c'è. E', Pirani, un giornalista - anzi, un
editorialista ed analista politico - acuto, intelligente, sensibile,colto.
Ebbene, e sia pure con molta cautela e non poche circonlocuzioni, Pirani
lancia la sua tremenda accusa: L' Unione Europea, le Nazioni Unite, la Corte
Internazionale di Giustizia dell' Aja, e non pochi stati europei che
avrebbero motivo di riflettere bene prima di pronunciarsi su tematiche così
delicate, sono oggettivamente colpevoli di comportamenti antisemiti.
Non sono antisemiti, non perseguitano gli ebrei, non incitano all' odio
razziale (come si suole definire anche questo fenomeno, impropriamente in
quanto gli ebrei sono tutto quel che si vuole ma certamente non sono una
razza). Nulla di tutto ciò, ma con le loro omissioni, con le loro
deliberazioni annacquate da ipocrita e fasullo perbenismo/pacifismo che
assomiglia molto alla ricerca del quieto vivere, alla paura, alla tutela di
interessi economici e di potere, costoro di fatto agiscono a senso unico.
Contro Israele e contro il solo Israele.
Nessuno ha mai condannato, neppure con molti se e molti ma, il Muro per
antonomasia, quello comunista di Berlino; nessuno ha mai condannato la
ferocia russa in Cecenia; nessuno osa pronunciarsi con chiarezza contro la
violazione totale e costante dei diritti umani in quasi tutto il mondo arabo
e buona parte di quello islamico; nessuno alza la voce contro le condanne a
morte che in Cina ogni anno portano il lutto in migliaia di famiglie.
In compenso nel 1975 l'ONU ha condannato come manifestazione di razzismo il
sionismo, nel 1974 l' ONU ha stabilito con una sua risoluzione che i
palestinesi hanno il diritto alla sovranità in Palestina, "da far valere con
ogni mezzo", nel 1975 l' UNESCO ha escluso Israele da tutti i gruppi
regionali facendone uno stato che non esiste nel panorama della cultura
mondiale, il 29 novembre 1979 (esattamente 22 anni dopo la spartizione della
Palestina) l' ONU con 75 voti condanna "tutti gli accordi parziali ed i
trattati separati...dichiara che gli accordi di Camp David ( il trattato di
pace fra Egitto ed Israele) non hanno alcuna validità...".
Tutto ciò, Pirani non ce ne voglia, non è presente nei suoi lucidi
ragionamenti, ma si aggiunge ad essi e li integra alla perfezione.
Pirani invece accusa esplicitamente l' Europa di aver soffiato sul fuoco
dell' estremismo di Arafat, della sua ricerca di una soluzione violenta e
non negoziata del contenzioso con Israele, della sua smaccata violazione
della lettera e dello spirito degli accordi di Oslo.
Siamo evidentemente lieti che Repubblica abbia ospitato un così lungo,
articolato e forte richiamo delle istituzioni e degli stati ad un dovere di
maggiore serenità quando si tratta di giudicare Israele; la propensione alla
condanna nei confronti di questo stato certamente non stride solo con la
politica e con l' onestà, ma, trattandosi di Israele, stride, e quanto! con
la morale.Ci auguriamo che questo non rimanga un caso isolato per il
quotidiano di Ezio Mauro, messo in campo tanto per dare un contentino a quei
criticoni e per riequilibrare un pò le storture firmate dai vari Viola e ben
Jalloun.

Ecco l'articolo di Mario Pirani:

Personaggi di levatura internazionale, tutti riconducibili, peraltro, ai valori democratici dell´Occidente, si sono premurati in questi giorni di sottolineare come il voto dell´Assemblea generale dell´Onu sul muro a difesa di Israele non debba minimamente far pensare a un ritorno diffuso di antisemitismo. Una volta ancora è risuonato l´invito a non confondere la critica a Israele col pregiudizio antiebraico, invito, in linea di principio, ragionevole e giusto anche perché non mancano partigiani "senza se e senza ma" di quello Stato intenti quotidianamente a dipingere con furia compulsiva ogni riserva sulle scelte del governo di Gerusalemme come un colpevole contributo a un nuovo genocidio. Questi oltranzisti avvocati non hanno, però, previsto che, così facendo, contribuivano ad annebbiare la percezione oggettiva di un parallelo rovesciamento del teorema che è venuto via via emergendo, risaltando in piena luce con il voto all´Onu. Così, eccedendo nel gridare al lupo a ogni piè sospinto, quando la bestia si manifesta davvero schiumando rabbia aggressiva, molti la scambiano per un buon cane da guardia che abbaia e non morde. Per cui oggi, metafore a parte, si può ben dire che molte proclamazioni e drastiche condanne contro Israele contengano già, senza alcuna avvisaglia e vigilanza democratica, quel sovraccarico, quel quid plus d´avversione aprioristica, assenza d´equilibrio, rimozione d´eventi passati e recenti che lascia intravedere in trasparenza, quasi tra una parola e l´altra, la sottesa ispirazione antisemita mascherata d´anti-israelismo.
La questione meritava l´intervento della comunità internazionale, ma senza dimenticare che la barriera è stata all´inizio caldeggiata da pacifisti israeliani
L´Europa rivela la sua pavidità nel contrapporsi all´empito antiebraico che ha ormai inglobato l´antisemitismo nell´anti-americanismo
O anche, nel caso delle acquiescenze europee, la pavidità nel contrapporsi apertamente all´empito antiebraico delle maggioranze islamico-terzomondiste (che qualche naturale pulsione possono averla) ma altresì il timore d´alienarsi definitivamente gran parte della confusa opinione no global di casa propria, senza memoria e ritegno morale, ormai adusa ad allineare la svastica alla stella di David, a fare tutt´uno di Bush, Sharon ed Hitler e che da lungo tempo ha inglobato l´antisemitismo nell´antiamericanismo, orgogliosamente sbandierato. Se così non fosse la spinosa questione del muro sarebbe stata affrontata in maniera assai diversa e non si sarebbe tramutata quella barriera in simbolo etico dell´illegittimità israeliana su impulso d´una Corte dell´Aja e d´una Assemblea generale che non se la son certo sentita nel passato di condannare sbarramenti ben più consistenti, come il muro di Berlino e la Cortina di ferro che spaccava l´Europa o, in tempi più recenti, di mettere sotto accusa Mosca per la repressione in Cecenia.
Ciò detto, i problemi sollevati dal muro meritavano l´intervento critico della comunità internazionale, senza però dimenticare le vicende che hanno portato alla sua costruzione, all´inizio caldeggiata da esponenti illustri del pacifismo israeliano, in primo luogo lo scrittore Abraham B. Yehoshua che, dopo il crollo del processo di pace, di fronte al risorgere del terrorismo e delle ritorsioni, suggerirono la creazione d´una interposizione materiale lungo la frontiera del 1967. Sharon tardò molto a recepire la proposta e, quando lo fece, la interpretò a modo suo, spostando l´impressionante manufatto in avanti per proteggere anche quegli insediamenti dei coloni che andrebbero viceversa smantellati, infliggendo restrizioni, disagi ulteriori, lesive umiliazioni alla popolazione palestinese coinvolta. Chiunque la osservi con animo sgombro da pregiudizi non può che biasimare questa estensione ultra petita della costruzione del vallo, così come ha fatto la Corte suprema israeliana ordinando prime rettifiche, correzioni e indennizzi. Se l´Onu si fosse attenuta alla stessa linea, magari precisando ancor più le specifiche indicazioni, non ci sarebbe che da plaudire. Così non è stato. Ma soprattutto non s´è valutato il contesto e i precedenti che hanno portato alla decisione del governo israeliano, confortata dalla drastica diminuzione degli attentati già dopo la messa in opera dei primi tratti di barriera. Solo una idiosincrasia somatizzata per le ragioni d´Israele (variante aggiornata dell´antisemitismo) può, infatti, spiegare un giudizio di condanna che rimuove, come se non fossero state, le tappe precedenti alla costruzione.
Non è invece lecito - moralmente e storicamente - dimenticare che il muro è il tragico punto d´arrivo a cui s´è giunti dopo il dissennato rifiuto di Arafat di firmare gli accordi di Camp David (luglio 2000) e, soprattutto, le offerte successive, definite negli incontri di Taba, con la presenza dell´Unione europea (gennaio 2001), che sancivano la disponibilità israeliana alla creazione dello Stato palestinese con la restituzione del 98% dei territori occupati, la spartizione di Gerusalemme, il ritiro da gran parte degli insediamenti, uno scambio di zone di confine così da permettere un riassorbimento parziale dei profughi (25mila inoltre sarebbero rientrati in Israele a titolo di ricongiungimento familiare). Arafat rigettò tutto questo opponendo il diritto al rientro dei 5 milioni di discendenti degli 800 milioni di profughi del 1948, una pretesa che equivale alla distruzione demografica dello Stato ebraico. Così facendo dimostrò di non voler concludere in modo definitivo il conflitto, tanto è vero che scatenò subito la seconda Intifada, non più delle pietre ma della dinamite e presto dei kamikaze. Così facendo, inoltre, come ha ricordato recentemente Clinton, ribadendo la validità della sua mediazione a Camp David, "Arafat ha eletto Sharon" e tolto ogni credibilità al processo di pace impostato da Rabin e da Peres. La risposta non poteva essere che quella del Likud che riponeva ormai nella forza delle armi la sopravvivenza di Israele. Una politica alla lunga suicida che, peraltro, appare ancora oggi alla popolazione israeliana, pur assetata di pace, come l´unica che in qualche modo la garantisce. Il successivo insabbiamento della road map, imputabile sia alla incapacità di Sharon di pensare a lungo termine e di rilanciare, malgrado tutto, una politica di pacificazione, affrontando radicalmente la questione degli insediamenti, sia all´estendersi del terrorismo kamikaze, tollerato se non incoraggiato da Arafat, ha alla fine condotto alla decisione d´erigere una muraglia dietro cui chiudersi.
Nel frattempo Onu e Ue ben poco o nulla hanno fatto per costringere Arafat a cogliere i frutti della pace quando erano a portata di mano, hanno continuato a finanziarlo, coltivando la corruzione dell´Autorità palestinese, non lo hanno mai posto davanti all´obbligo di contenere il terrorismo dilagante. Per contro Nazioni Unite e Unione europea si sono prestate a inscenare una grande campagna mass-mediatica di criminalizzazione d´un muro di difesa estrema - e per tanti versi, ripeto, giustamente criticabile - elevandolo a simbolo assoluto della perfidia ebraica. Se così non fosse perché, pur sapendo che l´unico effetto pratico, nella certezza del veto Usa nel Consiglio di sicurezza, sarebbe consistito in un ulteriore inasprimento degli animi, s´è messo in piedi questo processo allo Stato ebraico? Che di questo si tratti lo comprova la studiata tempistica che scandisce come un timer terroristico virtuale le tappe dell´iniziativa: a dicembre l´Assemblea chiede alla Corte dell´Aja di pronunciarsi sul muro; il 9 luglio la Corte emette la sua advisory opinion, e cioè un parere consultivo; il 20 luglio, con impressionante rapidità, quasi si trattasse d´eseguire una sentenza passibile di prescrizione, si riunisce l´Assemblea straordinaria Onu ed emette il suo verdetto. Ma non è finita: in un paragrafo della risoluzione si intima alla Svizzera di convocare al più presto, come depositaria dei testi della Convenzione di Ginevra, una conferenza internazionale per verificare se Israele abbia violato la Convenzione sui Diritti dell´uomo. La conclusione è già scritta.
Di fronte a tutto questo ci si deve chiedere se analoghe procedure di condanna, empiti d´indignazione, ipocriti contorcimenti diplomatici siano immaginabili nei confronti d´un altro paese dell´universo mondo che non sia lo Stato ebraico. Nella risposta che ognuno può darsi è contenuta anche la misura di quel di più che travalica il confine tra la critica politica a Israele e l´antisemitismo, accompagnato e facilitato dalla viltà, il conformismo o il puro calcolo d´interesse di quanti non ne sono personalmente affetti ma vi si adeguano e rifiutano di riconoscerlo e di combatterlo. Parlo soprattutto dell´Unione, di paesi come la Germania, gli Stati baltici, la stessa Francia, già dimentichi a poco più di mezzo secolo delle loro storiche responsabilità nel Genocidio. Parlo dell´Italia che, per le leggi razziali quelle responsabilità in parte condivide e del suo attuale governo che solo in quest´occasione ha ritrovato il vincolo della solidarietà diplomatica con i partner europei, in tante altre occasioni messo sotto i piedi.
Personalmente sono aduso a non meravigliarmi e indignarmi soverchiamente di fronte al manifestarsi dell´antisemitismo. Penso sia da sempre una patologia cronica che accompagna la storia dell´uomo: nell´era pagana nasceva per avversione e paura del monoteismo giudaico, con l´avvento dell´era volgare segnò l´odio cristiano per il popolo deicida, con l´epoca dei Lumi suggerì il disprezzo della specificità religiosa e culturale israelitica come retriva superstizione, con il secolo XIX e con il nazifascismo nutrì fino all´estremo le insorgenti dottrine razzistiche, con il comunismo si tradusse nei processi staliniani contro il "cosmopolitismo", con il ritorno del fondamentalismo islamico, che giura sulla distruzione della patria ritrovata, alimenta il terrorismo e il rifiuto d´ogni prospettiva di pace.
Il ritegno nei confronti d´ogni retorica e inutile indignazione non implica, però, la rinuncia a riconoscere il male e a combatterlo. Senza grandi illusioni. In un aureo libricino, "Antisemitismo e sionismo" (ed. Einaudi), Yehoshua ricorda un brano delle Sacre Scritture, contenuto nel Libro di Ester, che recita: "Poi Aman andò a parlare con il re e gli disse: ?C´è un popolo, disperso tra gli altri popoli in ogni provincia del tuo impero, che vive separato dagli altri, a modo suo. Ha leggi diverse e, per di più, non osserva la tua. Non ti conviene lasciarlo vivere in pace. Se sei del mio parere, dà ordine scritto che sia sterminato... il re allora si sfilò dal dito l´anello col sigillo e lo consegnò ad Aman... e disse a questo persecutore di ebrei:..... quel popolo è in tuo potere: fanne quel che vuoi". Queste righe vennero scritte tra il IV e il II secolo a. C. Contengono già la storia dei millenni successivi, compreso il Genocidio.
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