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Il Foglio Rassegna Stampa
27.07.2004 Il premier iracheno: televisioni arabe incitano alla violenza
potrbbero essere cacciate dal paese

Testata: Il Foglio
Data: 27 luglio 2004
Pagina: 4
Autore: Carlo Panella
Titolo: «Al Jazeera non piace a Baghdad e rischia di essere cacciata»
Che emittenti arabe come Al Jazeera, Al Arabiya e Al Manar fungessero da megafono per i terroristi Informazione Corretta lo sosteneva da tempo. Che se ne sia accorto anche il ministro degli esteri iracheno ce ne dà un'ulteriore conferma. Su questo argomento pubblichiamo l'articolo di Carlo Panella apparso sul Foglio di oggi.


Roma. Una stretta relazione collega la minaccia del governo di Baghdad di chiudere le sedi irachene delle emittenti arabe e l’indisponibilità dei paesi islamici a inviare propri soldati in Iraq (sia pure col compito pacificatore di caschi blu con l’esclusivo compito di proteggere il nuovo responsabile dell’Onu,
il pachistano Ashraf Jehangir Qazi). Nell’uno e nell’altro caso la patologia risiede in un’opinione pubblica araba e islamica antiamericana, che non ha nessun rispetto per le Nazioni Unite, che è intrisa di un fondamentalismo islamico diffuso e che quindi costituisce un immenso bacino di simpatia per l’ideologia totalitaria dei terroristi musulmani. Ieri, il ministro degli Esteri iracheno, il curdo Hashiyar Zebari – la sua appartenenza etnica e le sue carte in regola nella lotta a Saddam Hussein hanno un peso – ha annunciato,
in un’intervista ad al Jazeera, che il governo iracheno potrebbe chiudere l’ufficio di corrispondenza delle televisioni arabe da Baghdad: "Al Jazeera, al Arabiya, al Manar e al Alam sono tutti canali che incitano alla violenza e si oppongono agli interessi di sicurezza e stabilità degli iracheni. Si sta molto
discutendo tra i dirigenti governativi iracheni di chiudere al Jazeera. Purtroppo è stata manipolata da gruppi terroristici e noi non tolleriamo questa copertura" (al Manar è di proprietà di Hezbollah, al Alam è una televisione
in lingua araba, al Arabiya ha sede a Dubai ed è in maggioranza di proprietà saudita). Già durante la guerra contro Saddam, al Jazeera è stata oggetto di ritorsioni da parte americana: dal 25 marzo al 30 aprile 2003 i suoi corrispondenti sono stati espulsi dallaborsa di Wall Street per ritorsione contro il modo impietoso con cui l’emittente inviava immagini e commenti sui caduti americani in Iraq. Più di recente, Paul Bremer ha molte volte protestato contro l’evidente scelta redazionale di tutte le emittenti arabe di fare da
cassa di risonanza – senza alcuna presa di distanza, neanche di facciata – delle atroci immagini sugli ostaggi che venivano, e vengono, loro recapitate con cadenza quasi quotidiana. Oggi anche il governo iracheno legittimo verifica che queste emittenti sono parte integrante delle strategie mediatiche di terroristi che hanno nel mirino proprio la nuova classe dirigente e le nuove istituzioni civili e militari democratiche irachene. Di qui la rottura probabile, perché è difficile che al Jazeera e le altre emittenti arabe cambino linea editoriale e smettano di prendere ordini mediatici dalla "resistenza". Nessuna di loro ha simpatia o inclinazione per l’opzione democratica, per cui il tentativo di democratizzazione in atto a Baghdad è rifiutato da proprietà, direzione e corpi redazionali. In secondo luogo, la guerra dell’audience non
apre certo spazi a posizioni che trattino la vita politica irachena con critico equilibrio. Il pubblico arabo-islamico ormai è abituato a un’informazione delirante, che esalta anche dal punto di vista religioso il "martirio" dei terroristi che uccidono civili – e non soltanto in Israele – e non ama le lente fatiche di un "nation building" tutto da inventare. Per queste stesse ragioni i governi islamici esitano oggi nel mettere a disposizione contingenti per proteggere l’inviato dell’Onu a Baghdad, nonostante sia una missione di evidente contenimento della presenza americana. Oggi su 4.000 caschi blu necessari, soltanto 200 sono stati messi a disposizione e già Egitto e Pakistan subiscono il ricatto della presa d’ostaggi. Il fatto è che l’opinione pubblica
islamica considera l’Onu una creatura dei "sionisti", perché ha legittimato nel 1947 la nascita d’Israele e nessun paese islamico, tranne la Turchia, l’unico democratico, a fronte di una qualsiasi crisi che coinvolga propri militari a Baghdad, saprebbe reggere alla pressione di un’opinione pubblica sempre più incline al fondamentalismo.
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.

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