Israeliani criminali, Arafat incolpevole circondato dai corrotti ecco come si propaganda l'odio per Israele
Testata: Il Manifesto Data: 27 luglio 2004 Pagina: 6 Autore: Michele Giorgio Titolo: «A Gaza city,una calma solo apparente»
Sul Manifesto di oggi viene pubblicata una delle classiche, faziosamente parlando, cronache di Michele Giorgio da Gaza che disinforma i lettori del quotidiano comunista.
È bello il tramonto sul mare di Gaza city. A sera le famiglie palestinesi affollano il lungomare: le donne indossano la tunica tradizionale, parlano tra loro; gli uomini discutono un po' di tutto e preparano il saada, il caffè amaro; i bambini tirano calci a un pallone e corrono sulla sabbia. Potrebbe essere la spiaggia di una qualsiasi città di mare e invece siamo nella striscia di Gaza, dove anche una giornata spensierata è un lusso che ci si può permettere solo qualche volta. Si sente ancora nell'aria la tensione dei giorni scorsi, del venerdì dei sequestri di persona, degli assalti alle sedi della polizia, delle manifestazioni dei gruppi armati che chiedono la fine della corruzione nell'Anp. Tutti sanno che non è finita, che la protesta continuerà, accompagnata dalle manovre dei potenti di Gaza che cercano di consolidare le loro posizioni in attesa dell'eventuale ritiro israeliano. Dalla Cisgiordania giunge l'eco dell'ultima strage compiuta da una unità dell'esercito israeliano a Tulkarem. Non di una strage si è trattato, ma di un'operazione il cui scopo era quello di neutralizzare chi una vera e propria strage la stava organizzando : i terroristi delle Brigate Al aqsa. Il giornalista del Manifesto scrivendo "ultima strage" trasmette l'idea che l'esercito israeliano sia solito compiere stragi di civili innocenti. I mistaravim israeliani sono scesi da un automobile con targa palestinese e hanno aperto il fuoco in un ristorante. Sei i morti, tra cui quattro civili innocenti. I ricercati erano due giovanissimi capi locali delle Brigate dei martiri di Al-Aqsa. Il centro palestinese per i diritti umani ieri ha denunciato il blocco per un'ora delle ambulanze da parte dei soldati israeliani e la conseguenze morte per mancato soccorso di alcuni feriti.
Se le ambulanze della mezza luna rossa non fossero state usate più volte come corriere per il trasporto di esplosivi, probabilmente l'esercito israeliano non avrebbe bisogno di controllarle ogni volta.
Gli ultimi giorni hanno reso celebri le Brigate dei martiri di Al-Aqsa, anche a Gaza dove, a differenza della Cisgiordania, sono sempre state una forza marginale, rispetto ad Ezzedin Al-Qassam, l'ala armata del movimento islamico Hamas. Note non solo per aver sequestrato per alcune ore, usando una sigla diversa (Martiri di Jenin), il capo della polizia Ghazi Jabali e quattro operatori umanitari francesi, ma anche per la raffica di comunicati, spesso smentiti nelle ore successive alla loro diffusione. «Le sigle non hanno valore. La cosa importante è aver protestato contro quelli che stanno avvelenando la causa palestinese. Spero che Arafat si liberi al più presto di tutti i corrotti che lo circondano», spiega Haithem Jaber, 23 anni, che assieme ad altri ragazzi siede su una barca capovolta. «Per fare pulizia dell'occupazione dobbiamo anche fare pulizia a casa nostra», aggiunge un suo amico Rafiq Abu Rialah. Chissà perchè a Giorgio piace intervistare soltanto i palestinesi ancora fedeli ad Arafat, forse il Manifesto vuole restare l'ultimo baluardo a favore del despota? Nessuno tuttavia attacca frontalmente il presidente; preso di mira è il suo entourage. «Intorno ad Abu Ammar (Arafat) ci sono troppe persone che pensano solo a mettersi in tasca migliaia di dollari», sostiene Samer. I mezzi d'informazione, in particolare quelli stranieri, nei giorni scorsi hanno puntato l'attenzione sulla crisi dell'autorità di Arafat e sul processo di riforme delle istituzioni dell'Anp ancora al palo. Per i palestinesi di Gaza il punto vero è un altro. «Gli israeliani ci attaccano tutti i giorni e in questa situazione non accettiamo che dei corrotti si arricchiscano sulle sofferenze del nostro popolo», spiega Adly Abu Samadana, un commerciante di Sabra, il quartiere dove viveva lo sceicco Yassin, assassinato da Israele lo scorso marzo.
Povero Sheik Yassin, almeno il suo welfare state islamico non era corrotto! Se poi indottrinava i bambini a considerare il martirio l'unico scopo delle loro giovani e disgraziate vite pazienza!
L'uomo ricorda che appena qualche ora prima del nostro incontro, una palestinese disabile è stata uccisa dai soldati di guardia a un insediamento israeliano nella striscia di Gaza. Ghala Yunes, di 50 anni, si era avvicinata alle recinzioni di Ganei Tal quando è stata colpita dal fuoco dei militari. «Gli israeliani commettono crimini ogni giorno e mi aspetto che i capi dei servizi di sicurezza lavorino per proteggerci e non passino il tempo a litigare tra di loro», conclude Adly Abu Samadana in riferimento alle lotte incessanti tra i responsabili delle varie forze di sicurezza che Arafat non è stato in grado di gestire. I criminali israeliani uccidono a sangue freddo disabili palestinesi, che se evitassero di mettersi in situazioni pericolose, rese tali dal terrorismo e dalla conseguente necessità di proteggere gli insediamenti probabilmente si salverebbero. Non è stanco Michele Giorgio di ripetere la solita solfa?
Il conflitto di poteri tra il presidente e il premier Abu Ala non riscuote l'interesse della gente di Gaza. Il primo ministro rimane uno sconosciuto per buona parte dei palestinesi della Striscia. «I nostri giovani hanno bisogno di lavorare e Abu Ammar può aiutarli, magari facendoli entrare nelle forze di polizia», dice Wafiq Abu Halwa, un manovale. Per questa ragione sono spesso contrapposti i sentimenti che i palestinesi di Gaza provano verso l'ex ministro Mohammed Dahlan, «uomo forte» e oppositore di Arafat. Sebbene siano noti i suoi rapporti con i servizi segreti americani e britannici, Dahlan (grazie a finanziamenti di Londra) è diventato un «datore di lavoro» a tutti gli effetti e il suo nome ora incute rispetto. Sul suo libro paga, dicono a Gaza, ci sarebbero oltre 2000 persone. Intanto le tensioni fra Arafat e Abu Ala sarebbero vicine ad una soluzione, forse già oggi durante la riunione settimanale del governo, hanno detto ieri fonti vicine al primo ministro. Abu Ala aveva presentato le dimissioni il 17 luglio ad Arafat, che le aveva respinte. Stando al ministro per le comunicazioni Azzam al-Ahmed,«la crisi è risolta» e le dimissioni del premier «non sono più all'ordine del giorno». Abu Ala avrebbe ottenuto di poter esercitare un controllo parziale dei servizi di sicurezza Con articoli del genere non c'è da meravigliarsi se poi nelle manifestazioni pacifinte Sharon e Hitler sono la stessa cosa.
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