Intervista compiacente al numero due di Hezbollah sul quotidiano comunista
Testata: Il Manifesto Data: 23 luglio 2004 Pagina: 7 Autore: Michele Giorgio Titolo: «Continueremo la lotta contro Israele»
Mentre la redazione del Manifesto ha trovato il solito ebreo antiisraeliano, il francese Jean Claude Meyer, che nell'articolo "Io non emigrerò in Israele" pretende che la richiesta di Sharon agli ebrei argentini (sic) di emigrare in Israele manifesti "l'oggettiva collusione fra sionismo e antisemitismo" (un'accusa che, per linguaggio e contenuto, ricorda le campagne antisioniste della vecchia Unione Sovietica), Michele Giorgio scrive sul Libano. Dove ha intervistato un leader di Hezbollah "concentrato in programmi di aiuto ai più poveri", ma pur sempre deciso a continuare la "lotta" contro Israele. Giorgio approva tutto, dalla ricostruzione fantasiosa di un movimento nazionale palestinese non violento fino al fallimento di camp David, dovuto naturalmente agli israeliani, fino alla stupefacente affermazione per cui in libano non vi sarebbero ingerenze siriani, ma una maggioranza di parlamentari "genuinamente filosiriani", senza evidentemente che le truppe di occupazione di Damasco influiscano in alcun modo. Ecco il testo: Hezbollah, il «Partito di Dio» che rappresenta gran parte degli sciiti libanesi, è l'organizzazione che più di ogni altra ha visto crescere la sua influenza nel paese in questi ultimi venti anni. Grazie al prestigio conquistato nella lotta di liberazione delle regioni meridionali libanesi occupate fino al 2000 dall'esercito israeliano, ma anche per merito di una accorta politica di assistenza sociale svolta nel sud del paese e nei quartieri popolari ed emarginati di Beirut. Negli ultimi anni Hezbollah si è inserito maggiormente nella vita politica assumendo le caratteristiche di un partito vero e proprio, senza tuttavia rinunciare la lotta armata contro Israele. Del futuro di Hezbollah, del confronto armato con Israele, delle trattative con lo Stato ebraico sulla liberazione dei prigionieri politici, dei rapporti con i palestinesi abbiamo parlato con il numero 2 dell'organizzazione, lo sceicco Naim Qassem
Sceicco Qassem, dopo aver guidato con successo la lotta contro l'occupazione israeliana del Libano del sud, ora Hezbollah fa capire di voler partecipare pienamente alla vita politica del paese.
Senza dubbio il nostro partito ha accentuato il suo impegno in politica e nella società nell'ultimo periodo. La nostra attenzione verso i problemi dei tanti libanesi che hanno bisogno di aiuto ed assistenza era già alta anche durante gli anni della lotta contro gli occupanti (israeliani) ma all'esterno emergeva solo l'aspetto militare di Hezbollah. Ora che l'intensità militare è calata, l'aspetto più politico e sociale del nostro partito è venuto in superficie. In realtà noi continuiamo sulla stessa strada e quindi, anche in questa fase, non rinunciamo a combattere per liberare il resto della terra libanese ancora sotto occupazione.
In Libano non c'è pieno consenso verso la vostra presenza armata nelle regioni meridionali e la lotta per la liberazione di Shebaa. Non pochi esponenti politici, anche islamici, sostengono che lo stato ha il compito di recuperare il pieno controllo pieno del sud del paese ora nelle vostre mani e che la questione di Shebaa debba essere lasciata alle Nazioni unite...
Si continua a parlare inutilmente di controllo di Hezbollah del sud del paese. Ciò non è vero perché l'esercito e la polizia sono ben presenti in sud Libano, basta visitare quelle regioni per constatarlo, quindi tutto il territorio è sotto l'autorità dello stato. Coloro che invocano l'invio dell'esercito nel sud sembrano preoccupati di voler garantire più la sicurezza di Israele che quella del Libano. La resistenza (armata) continuerà perché una parte del territorio è ancora sotto occupazione. Israele pensava di aver risolto tutto a livello internazionale facendo ritirare il suo esercito ma non è così perché la «linea blu» tracciata dall'Onu non è il vero confine. Porzioni di Libano, come una parte dell'area di Shebaa, rimangono sotto occupazione perché la «linea blu» non corre lungo quello che era il vecchio confine tra le due parti. Inoltre come si fa a non vedere che la sicurezza del Libano è minacciata. Non si possono dimenticare le continue violazioni del nostro spazio aereo da parte dell'aviazione israeliana.
Il sostegno ai palestinesi è un elemento caratterizzante della politica di Hezbollah, sin dalla sua fondazione. I legami tra le due parti si sono fatti più stretti durante la seconda Intifada. Vi ritenere una fonte di ispirazione per la lotta armata dei palestinesi?
Il popolo palestinese è il più nobile dei popoli, perchè da oltre 50 anni combatte per la liberazione della sua terra occupata. Alla lotta armata, a mio avviso, i palestinesi sono arrivati a conclusione di un processo storico e politico. La prima Intifada (1987-93) era stata pacifica, i palestinesi avevano percorso una via politica che poi ha portato agli accordi di Oslo. Il crollo di quelle intese, al quale Israele ha fatto seguire la sua aggressione (militare), ha portato i palestinesi a concludere che l'unica strada per conquistare la libertà è quella della lotta armata.
Torniamo al Libano. In autunno sono previste le elezioni presidenziali e da tempo è in corso un dibattito sull'influenza che la Siria esercita sulla vita politica del paese e sul ruolo di Damasco nella scelta del presidente. Come si schiererà Hezbollah?
Non abbiamo ancora definito la nostra posizione sulla questione del presidente. Rispetto alle influenze esterne nelle elezioni presidenziali credo che non solo la Siria ma anche gli Stati uniti e la Francia stiano esercitando pressioni. Si parla molto dell'influenza politica di Damasco in Libano e si dimentica invece che la maggior parte dei nostri parlamentari sono genuinamente filo-siriani. Comunque sia alla fine il presidente sarà una scelta libanese.
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