Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Il Ministro degli Esteri non spiega il voto all'Onu l'Italia ha votato contro Israele, questa è la verità
Testata: Corriere della Sera Data: 23 luglio 2004 Pagina: 1 Autore: Franco Frattini Titolo: «L'Italia incalzerà l'Ue. equilibrio tra le parti»
Su il Corriere della Sera Franco Frattini illustra la politica del governo italiano sul Medio oriente, volta, a suo dire, al riequilibrio della posizione europea, troppo lontana dalle posizioni di Israele. Un'impegno lodevole, ma che sembra contrastare con il recente voto del nostro paese all'Assemblea generale dell'Onu, allineatosi alla posizione di condanna della barriera difensiva espressa a larga maggioranza dalla comunità internazionale e all'unanimità dall'Europa. Se per il governo italiano la Corte dell'Aja non era competente ad esprimere un parere sulla barriera, perchè chiedere a Israele di dare attuazione alla sentenza di un tribunale che si ritiene incompetente ? Inoltre Frattini accoglie nel suo ragionamento la tesi palestinese che i Territori sono "occupati" e non "contesi", dunque non oggetto di negoziati. Dimenticando per altro che la sentenza dell'Aja prescinde dal percorso della barriera, negandone semplicemente la legittimità. L'articolo, che di seguito pubblichiamo, sembra insomma un tentativo maldestro di giustificare una scelta incoerente e sbagliata. Il governo italiano riteneva, e ancor più oggi ritiene, che la pace in Medio Oriente non si raggiunga con l'aiuto di decisioni o pareri di organi giurisdizionali, come è la Corte dell'Aja. Sono gli strumenti della politica, del negoziato paziente e sincero, del coinvolgimento pieno ed equilibrato della comunità internazionale a dover prevalere. A doversi affermare nelle controversie internazionali. Il governo italiano ha sempre riconosciuto il diritto di Israele a difendersi dalla minaccia terroristica con ogni mezzo legittimo a sua disposizione Al tempo stesso, non possiamo non riconoscere che il muro di sicurezza israeliano invade in parte i territori palestinesi. E questo è certamente sbagliato. Lo abbiamo detto con sincerità agli amici israeliani e lo ha detto anche l’Amministrazione americana: l’Italia può e deve farlo con franca lealtà, perché Paese amico di Israele. Ma in questa vicenda che, dopo la condanna dell’Onu, ha già visto emergere un irrigidimento israeliano, non ci si può davvero chiedere se sia nat o p r i m a l’uovo o la gallina. Non vi è infatti alcun dubbio che il muro di sicurezza è sorto dopo e a causa del terrorismo. Lo stesso terrorismo che finisce per frustrare le aspirazioni e i diritti legittimi dei palestinesi, che noi continuiamo a sostenere, ad avere uno Stato e vivere in pace. Possiamo discuterne il tracciato, chiederne la modifica e la revisione ad Israele: come ha già fatto del resto la stessa Alta Corte israeliana, segno che in quel paese democrazia e Stato di diritto hanno una solida casa. E’ altrettanto fuori discussione un terribile dato di fatto: in soli tre anni, i terroristi kamikaze hanno fatto in Israele un numero di vittime innocenti pari — in proporzione alla popolazione e per rendere meglio l’idea — ad una ecatombe di 10.000 italiani. E’ facile allora ricorrere a sottili argomenti giuridici, presso la Corte Internazionale o l’Assemblea nell’Onu, quando non si soffra ogni giorno, come accade ai cittadini di Israele, il flagello del terrore negli spazi della propria quotidianità e nel tempo del lavoro o del riposo: la casa, l’autobus, i mercati, le scuole, il ristorante. L’Italia, che ha purtroppo conosciuto da vicino la tragedia del terrorismo, non ha mai avuto esitazioni nella sua condanna: agli amici palestinesi abbiamo sempre ripetuto che soltanto lo smantellamento delle organizzazioni terroristiche potrà innescare un circuito virtuoso capace di fare avanzare finalmente quella road map che resta l’unica via per la pace. Abu Mazen ha già dovuto gettare la spugna; anche Abu Ala si trova in grave difficoltà, privo com’è del necessario controllo sulla sicurezza e sui servizi segreti ancora saldamente nelle mani di Arafat. Quest’ultimo, benché fortemente sollecitato dal coraggioso presidente Mubarak a dare segnali di svolta, ha dimostrato e sta dimostrando di perdere lui stesso il controllo della situazione, dinanzi al caos interno che vivono in questi giorni i territori. Abbiamo cercato fino all’ultimo minuto di correggere la risoluzione ( non vincolante) dell’Assemblea dell’Onu e abbiamo proposto e ottenuto significativi e positivi cambiamenti. Ma non è certo solo da quella risoluzione che si può ora ripartire. Chi — come l’Italia, e come credo tutto il mondo libero e democratico — vuole e lavora ad una pace giusta e duratura in Medio Oriente, dovrà guardarsi dall’agitare sentenze e risoluzioni come bandiere. E dovrà invece — come noi europei possiamo e dobbiamo ancora fare — riprendere la sola via praticabile: q u e l l a d i una politica fondata sul dialogo e sul confronto sincero. Soltanto un’Europa capace di equilibrio tra le due parti potrà dare un contributo positivo; altrimenti l’Europa si condannerà a un ruolo marginale e le sorti della pace saranno affidate soltanto alla capacità d’azione degli Stati Uniti, ad un’altra Camp David. Sempre meglio, certo, di questa quotidiana tragedia, ma nel segno di una irrilevanza e di una sconfitta per l’Ue che, invece, noi abbiamo il dovere e l’interesse di scongiurare. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla direzione del Corriere della Sera. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.