Omissioni, pregiudizi, risposte elusive alle critiche caratteristiche del quotidiano napoletano quando si occupa di Israele
Testata: Il Mattino Data: 21 luglio 2004 Pagina: 9 Autore: Francesco Cerri - un giornalista - un lettore Titolo: «Arafat non cede: continua lo scontro - Coloni israeliani pronti a uccidere Sharon - No, l’antisemitismo non c’entra»
Nel riportare gli sviluppi dello scontro Chirac-Sharon (parte finale del secondo articolo pubblicato di seguito), Il Mattino di oggi 21-07-04 si appiattisce completamente sulle posizioni francesi: il "buono" Chirac contro il "pericoloso" Sharon. Inoltre si può leggere che il Mossad è stato accusato dell'omicidio di un alto esponente Hezbollah: Il Mattino però dimentica nuovamente di dire che tale accusa proviene dagli Hezbollah stessi, così come omette di riportare la rivendicazione dell'attacco da parte di un gruppo libanese sunnita. Un esempio di "infomazione corretta".
Ecco i due pezzi: Arafat non cede: continua lo scontro (pagina 9)
Gerusalemme. Giornata di tregua armata a Gaza, dove per la prima volta da venerdì non sono state registrate violenze fra le fazioni palestinesi, e di incerta attesa politica a Ramallah, dove rimane aperto il braccio di ferro ai vertici dell'Anp fra il premier Abu Ala e il presidente Arafat. In serata, l'ex ministro dell'informazione palestinese Nabil Amir è stato ferito ad una gamba da un colpo di arma da fuoco. Secondo fonti della sicurezza palestinese a sparare sono stati altri palestinesi. Un piccolo gruppo di uomini mascherati ha atteso l'ex ministro davanti alla porta della sua casa. Quando è uscito gli hanno sparato. Nabil Amir, che era stato ministro del governo Abu Mazen e aveva subito un altro attentato tempo fa dopo aver criticato Arafat, è la più importante personmalità che sia rimasta vittima del conflitto tra fazioni palestinesi degli ultimi giorni. Intanto, il premier Abu Ala ha confermato anche ieri le proprie dimissioni durante una riunione del governo tenuta in presenza di Arafat. L'anziano raìs le ha di nuovo respinte, ma senza smuovere la determinazione di Abu Ala, che ha accettato per ora solo di gestire gli affari correnti. Il premier continua così a premere su Arafat per ottenere quelle riforme interne, per il trasferimento al governo e a un ministro degli interni forte dell'autorità sui servizi di sicurezza, per la lotta contro la corruzione endemica nell'Anp, che per ora l'anziano raìs, 75 anni, che conserva praticamente tutti i poteri, continua a non voler concedere. Per molti osservatori la situazione ai vertici dell'Anp ricorda cioè le ultime giornate del precedente governo del riformatore Abu Mazen. Anche lui tentò fino all'ultimo di convincere Arafat a cedere il controllo dei servizi di sicurezza per combattere il caos nei territori, fermare la violenza dei terroristi contro Israele, in modo da rilanciare il processo di pace come previsto dalla «Road Map» per il Medio Oriente. Ma Arafat, nonostante le pressioni di tutta la comunità internazionale, non cedette e Abu Mazen se ne andò. Ora anche Abu Ala è costretto al confronto con Arafat. Il suo governo, paralizzato dal rais sulle questioni essenziali, è servito soprattutto da parafulmine per la collera della gente contro l'insicurezza nei territori, dove spadroneggiano le bande armate, contro la corruzione, contro l'impoverimento generale. L'ondata di rapimenti a Gaza venerdi, che ha dato il via alla crisi politica, è servito da rivelatore non solo della situazione di caos nei territori, ma anche dello stallo politico a Ramallah. Abu Ala ha incassato l'appoggio della comunità internazionale, ma non è detto che basti. Arafat «deve davvero ascoltare il suo primo ministro e prendere le misure necessarie per controllare la situazione» ha esortato il segretario generale dell'Onu Kofi Annan. Anche l'Unione Europea sta dalla parte di Abu Ala, hanno detto ieri pomeriggio fonti Ue al Cairo in margine alla visita dell'alto rappresentante Javier Solana, che sottolinea che la sicurezza deve dipendere dal ministro degli Interni palestinese. Intanto nel Sud del Libano c’è stata una furiosa battaglia tra gli israeliani e i militanti Hezbollah duranta diverse ore. Manca un bilancio ufficiale, ma sicuramente almeno due militari sono stati uccisi per ammissione ufficiale di Tel Aviv. La tensione è esplosa dopo la morte di un leader del movimento, fatto saltare in aria con una bomba piazzata nella sua auto. Un omicidio di cui è stato accusato il Mossad.
Coloni israeliani pronti a uccidere Sharon (pagina 9)
Gerusalemme. Ci sono circa 200 ebrei, in gran parte coloni degli insediamenti in Cisgiordania e nella striscia di Gaza, che «desiderano attivamente» la morte del premier Ariel Sharon, reo ai loro occhi di aver varato il piano di ritiro di Israele dalla striscia di Gaza e da aree della Cisgiordania, oltre che di sgombero degli insediamenti che vi si trovano. L'avvertimento è stato lanciato da Avi Dichter, capo dello Shin-Bet, il servizio segreto di sicurezza nel corso di una seduta con la commissione Esteri e Difesa della Knesset. Si tratta di persone, ha aggiunto, che sono legalmente in possesso di armi, che sono a conoscenza di informazioni riservate, che hanno un addestramento militare e che in parte sono già state indagate per sanguinosi attacchi contro palestinesi dei Territori. Si tratta di persone, ha detto, che non avrebbero esitazioni a ricorrere alla violenza in nome di ideologie estremiste. Il capo del servizio segreto ha affermato anche che gli strumenti giuridici a sua disposizione non gli permettono di agire contro gruppi estremisti ebraici con la stessa libertà che gli è invece riconosciuta nei confronti dei palestinesi, sottoposti a un diverso regime giuridico. L’annuncio delle minacce che incombono du Sharon arrivano in un momento in cui il primo ministro è sotto tiro per il suo appello agli ebrei francesi ad abbandonare la Francia. «Con Ariel Sharon il malinteso è grave» ha sottolineato ieri il ministro degli Esteri francese Michel Barnier facendo un significativo distinguo tra Sharon - criticato in riva alla Senna per la «politica di scontro» verso i palestinesi - e «l'amico popolo israeliano». In effetti l'appello lanciato dal premier israeliano e vissuto a Parigi come un'imperdonabile offesa ha semplicemente sanzionato una rottura già nell'aria. Tra Sharon e Chirac non è mai corso buon sangue. Il presidente francese lo detesta, lo considera pericoloso per gli equilibri del Medioriente. Ieri, 20-07-04, a pagina 22, Il Mattino pubblicava una nuova lettera di critica, cui Pietro Gargano rispondeva in modo palesemente elusivo tentando di ridurre i dissensi dei lettori verso la faziosità del giornale a una difesa intollerante della politica di Sharon. Ma nè la lettera precedente(pubblicata da IC il 13-07-04, sotto il titolo. "Una lettrice critica omissioni e faziosità del quotidiano) nè quella pubblicata oggi 21-07-04 si prestano a questa operazione. Di seguito pubblichiamo la lettera e la risposta di Gargano. Dante Salmé - TORINO Ho letto la sua risposta alla signora Elisabetta Noé e devo dire che lei, signor Gargano, non ha capito quello che la signora intendeva dire, o meglio ha frainteso. La signora non parlava affatto di antisemitismo o di posizioni preconcette anti-israeliane. La signora parlava "tecnicamente" del modo con cui voi date le notizie. E su questo occorreva rispondere. Se lei si sente accusato di antisemitismo, vorrà dire che un po’ si è confessato (excusatio non petita). Quanto alla sentenza della corte dell’Aia lascerei veramente perdere qualunque valutazione sulla sua validità giuridica. La sentenza è un atto politico ostile verso Israele, tipico dell’Onu, che non tiene conto del pacifico diritto degli israeliani a difendersi da un terrorismo belluino, e che anzi quasi impone loro simmetricamente la legittimità del terrorismo e dei massacri ad opera dei palestinesi. Come diceva Carlo Panella, se poi si sovrappone questa vergognosa sentenza con la dichiarazione di piena legittimità del terrorismo kamikaze resa all’Università del Cairo da un importante religioso islamico, il cerchio si chiude perfettamente. E a tenerlo insieme è una svastica nazista. Complimenti.
RISPONDE Pietro Gargano: Non mi scusavo, non richiesto, di niente. Sottolineavo solo che a ogni obiezione alla linea dura di Sharon arriva puntuale una ben organizzata catena di lettere di protesta in cui spesso rimbalza la parola antisemitismo. O la parola svastica, come in questa dell’architetto Salmé. Pazienza. La nostra amicizia per il popolo d’Israele certo non si attenua, come del resto il dissenso verso le posizioni dei falchi. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta a dare il proprio giudizio su quanto scritto dal quotidiano napoletano. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail pronta per essere compilata e spedita.