Un anti-moderno contro i neo-cons che,dice lui, ammiratori di Sharon, vorrebbero incendiare il Medio Oriente
Testata: Avvenire Data: 16 luglio 2004 Pagina: 2 Autore: Maurizio Blondet Titolo: «Il crepuscolo di Mubarak dà ansie al mondo»
Che Maurizio Blondet appartenesse a un cattolicesimo antimoderno, quindi ostile a priori a Israele e alle libertà incarnate e difese dagli Stati Uniti, era cosa di per sè già risaputa. Una conferma di questa tesi ci viene dal suo editoriale di oggi su Avvenire dove, parlando dei problemi della successione di Mubarak in Egitto, scrive: "(...) Non aiuta la fase di successione l'egemonia alla Casa Bianca dei neo cons, ammiratori di Sharon e perciò inclini ad accendere micce anzichè a buttar acqua nella santabarbara mediorientale." Invitiamo i nostri lettori a ricordarsi che Blondet ha scrtto due libri per dire che l'11 settembre è stato un colpo di stato della lobby ebraica e vari altri per identificare lo Stato di Israele con l'Anticristo. Possibile che scriva sul quotidiano della Cei? Una bella domanda da porre al direttore di Avvenire. Il presidente egiziano Hosni Mubarak è stato in Germania per due settimane di cure mediche. Sarà bene che l'Europa si renda conto che questo suo amico, apparentemente eterno cinquantenne, ha 76 anni ed è malato. Se l'Egitto è il gran pilastro filo-occidentale nell'area più esplosiva del mondo, lo deve a Mubarak. Così sarà bene sapere anche che quest'uomo, al potere da 23 anni, non è troppo popolare nel suo Paese, a causa delle sue stesse qualità di statista: troppo realista, troppo conscio dei reali rapporti di forza internazionali, troppo laico per scaldare il cuore della piazza islamica. Governa il Paese musulmano più popoloso del Mediterraneo (72 milioni di abitanti) che è pure il più vivo culturalmente e socialmente, e perciò percorso da difficili tensioni fra i milioni di fellah che impoveriscono ogni giorno e le classi privilegiate del potere, i Fratelli Musulmani e gruppi della società civile che reclamano democrazia. Mubarak regge questo delicato equilibrio con pugno d'acciaio quando è necessario, ma senza le crudeltà alla Saddam o alla Assad; preferibilmente col guanto di velluto di sottili compromessi. La successione a una simile personalità è un'incognita e un problema. In questi anni è cresciuto, fino alla testa del Partito nazional-democratico di Mubarak, suo figlio Gamal, ormai quarantenne, che guida una compagine che vuole riformare la sconclusionata macchina statalista egiziana. Ma è stato lo stesso presidente ad escludere quel successore: «L'Egitto non è una monarchia, è una repubblica», ha detto il gennaio scorso: «Gamal Mubarak non sarà il prossimo presidente. Non siamo la Siria». Frase che gli fa onore. Ma diplomatici europei notano che a squalificare Gamal per il potere è il fatto che non ha un passato di militare (il padre è stato ufficiale pilota), e l'esercito, lì come in Turchia, è una delle colonne invisibili del regime. Tuttavia, il governo che ha giurato nelle mani di Hosni Mubarak pochi giorni fa conta alcuni degli uomini di fiducia de l figlio, desiderosi di attrarre in Egitto investimenti stranieri per contrastare la crisi economica, che dura da anni e aggrava tutti i problemi politici. Che dire? Non aiuta la fase di successione l'egemonia alla Casa Bianca dei neo-cons, ammiratori di Sharon e perciò inclini ad accendere micce anziché a buttare acqua nella santabarbara mediorientale. Mubarak padre ha risposto fiero, alle rudi pressioni di Washington per "più democrazia", che essa "è aliena e antitetica alle specificità culturali della regione". È noto che la prima libera elezione sarebbe l'ultima in Egitto, perché darebbe il potere ai Fratelli Musulmani. I quali non hanno risolto ancora il problema di conciliare il loro massimalismo verbale con le responsabilità e il realismo di una vera classe dirigente vicina a governare. Anche perché temono di essere scavalcati dai jihadisti di ultima generazione, sedotti dal massimalismo delle imprese alla Ossama Benladen. Detto questo, però, non si esaurisce la descrizione sociale dell'Egitto. Se mai nascerà un Islam conciliato con la laicità, sarà in questa società relativamente pluralista e robustamente vitale. A patto che qualcuno non getti micce, e che il presidente Mubarak possa reggere, con la mano forte, la transizione e la sua stessa successione. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione di Avvenire. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.