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Il Foglio Rassegna Stampa
13.07.2004 La fatwa dell'Aja approva il terrore
analisi di una sentenza peggiore di quanto non sembri

Testata: Il Foglio
Data: 13 luglio 2004
Pagina: 2
Autore: Carlo Panella
Titolo: «Dure e motivate obiezioni contro la sentenza fondametalista dell'Aja»
Su Il Foglio di oggi Carlo Panella spiega perchè la sentenza della Corte dell'Aja non ignora affatto il terrorismo palestinese, ma, nascondendosi dietro una lingua di legno burocratica e leguleia, ne sancisce la legittimità. Un articolo perfetto nella sua chiarezza e intelligenza. Un plauso doveroso a Carlo Panella.
La lettura del dispositivo della sentenza della Corte di giustizia dell’Aia che ha definito illegittima la Barriera israeliana, è agghiacciante e costituisce un terribile precedente di diritto, paragonabile,
nella storia dell’antisemitismo della legislazione internazionale, solo al libro
Bianco inglese del 1939 che decretò il blocco dell’immigrazione ebraica in Palestina alla vigilia di Auschwitz. Non è infatti assolutamente vero che la Corte – come si è letto in quasi tutti i commenti – non abbia tenuto conto del diritto alla protezione di Israele dagli atti di terrorismo originati nei Territori e attuati in Israele. La Corte ha ampiamente trattato il punto, ma ha decretato che esso non valga, in punta di diritto; la Corte ha colto esattamente il nodo giuridico e di fatto, ma ha cinicamente stabilito che non è vero quel che è palesemente vero, cioè che la Barriera ha diminuito del 90
per cento gli atti terroristici palestinesi. Ma soprattutto la Corte si è fatta scudo, con uno stile da azzeccagarbugli, della mancata definizione da parte della legislazione internazionale del fenomeno terrorista e, forte di questa carenza, irride il diritto-dovere di Israele di difendere la vita dei suoi cittadini. L’infiltrazione terrorista palestinese non proviene infatti da un altro Stato, ma la legislazione internazionale prevede solo e unicamente questo caso (art. 51 della carta delle Nazioni Unite) e quindi non contempla norme sulla infiltrazione terrorista da un Territorio sotto il regime legale di occupazione (come è la West Bank). La Corte che è struttura dell’Onu) non chiede quindi, come avrebbe dovuto fare, che questo vuoto venga colmato, ma giudica lo stesso. Ai 14 giudici dell’Aia (il 15°, statunitense si è opposto) non interessa che il terrorismo sia nemico da battere su scala planetaria,
che Israele soffra come nessun paese al mondo le sue ferite. Cinicamente, burocraticamente sanciscono che siccome il diritto internazionale prevede solo aggressioni terroristiche provenienti da un altro Stato, nessun paese ha diritto di "inventare" tecniche di difesa, come la Barriera, che riducano radicalmente l’attività terroristica. Il senso di voluta e indebita provocazione politica della sentenza è immediato: solo se i Territori fossero non più sotto controllo di Israele, ma di un Stato palestinese sovrano, la Barriera anti terrorista potrebbe essere legittimata (naturalmente entro i propri confini). Questi i passi della sentenza che ne costituiscono il baricentro: "L’articolo 51 della carta delle Nazioni Unite, riconosce l’esistenza di un inerente diritto all’autodifesa in caso di attacco armato di uno Stato contro un altro Stato. Comunque, Israele non sostiene che gli attacchi ai quali è esposto siano imputabili a uno Stato straniero. La
Corte rileva anche che Israele esercita controllo nel Territorio ìalestinese occupato e che, come Israele stessa afferma, la minaccia alla quale si riferisce per giustificare la costruzione del muro si origina all’interno e
non all’esterno, di quel territorio. La situazione si rivela quindi differente da quella contemplata dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza 1368 (2001) e 1373 (2001) e pertanto Israele non potrebbe in alcun caso invocare
tali risoluzioni a sostegno della sua pretesa di esercitare diritto di autodifesa […] Alla luce del materiale presentato, la Corte non è convinta che la costruzione del muro lungo il percorso scelto fosse il solo mezzo per salvaguardare gli interessi di Israele contro il pericolo invocato come giustificazione della sua costruzione. Sebbene Israele goda del diritto, e invero abbia il dovere, di rispondere ai numerosi e mortali atti di violenza rivolti contro la sua popolazione civile, al fine di proteggere la vita dei
suoi cittadini, le misure adottate devono rispettare la legislazione internazionale applicabile. Israele non può fare appello a un diritto all’autodifesa o a uno stato di necessità misconoscendo l’erroneità dei presupposti della costruzione del muro. La Corte conseguentemente ritiene che la costruzionedel muro e l’annesso regime siano contrari alla legislazione internazionale". Si prenda la legittimazione secondo il diritto coranico degli attentati-sucidi in Israele e in Iraq, definita da Mohammed al Tantawi, Imam della moschea di al Azhar del Cairo il Foglio del 10.07.04) e si vedrà che la coincidenza, in punto di diritto, tra la Corte dell’Aia e la shar’ia fondamentalista, è totale.
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