Molte opinioni, ma la Giustizia con la G maiuscola è assente una sentenza squilibrata e scadente
Testata: La Repubblica Data: 10 luglio 2004 Pagina: 1 Autore: Sandro Viola Titolo: «Una sentenza troppo facile»
Siamo lieti di poter, finalmente, esprimere un parere positivo su un commento firmato da Sandro Viola.Un commento che non è privo di notazioni critiche, come vedremo, ma che vuole comunque segnalare ai lettori che perfino un giornalista come Viola, sempre fortemente unilaterale nei suoi giudizi, ritiene che la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia che condanna come illegale ed inumano il "Muro" sia squilibrata e carente, dunque sostanzialmente ingiusta. Viola mette in rilievo le finalità autodifensive del "Muro" e la sua reale efficacia, che oramai da molti mesi impedisce ai terroristi palestinesi di portare a compimento i loro progetti di morte.E, sottolineando questa finalità e questo risultato, egli lamenta giustamente che la sentenza dell' Aja ignori totalmente la grande quantità di vite innocenti che il "Muro", per quanto illegale esso possa essere, ha salvate. Egli tempera questo giudizio con un cenno dubitativo - "La Corte dell' Aja avrebbe FORSE dovuto tener conto di questa realtà" - ma lo esprime con chiarezza. Quel che non ci piace, nell' articolo di Viola, è invece il modo in cui egli costantemente e pervicacemente inciampa nella storia. Egli parla di "un popolo (quello palestinese) che sta già pagando il prezzo durissimo di trentasei anni d' occupazione", definisce la cosiddetta linea verde un "confine tra Israele e Cisgiordania precedente alla guerra del 1967", e non lesina la critica allo "sprezzo dei diritti umani che ha contraddistinto tante azioni d' Israele nei territori occupati". Così facendo, Viola cumula inesattezze ed omissioni che gli conosciamo come abituali. Fino agli accordi di pace dapprima con l' Egitto e poi con la Giordania Israele non ha mai avuto un metro di confine internazionale, ma solamente linee di demarcazione o armistiziali che indicavano dove erano arrivati i rispettivi eserciti nel corso delle ripetute guerre scatenate dagli stati arabi per annientare Israele.Ed ancora oggi i soli confini certi e politicamente riconosciuti di Israele sono quelli con l' Egitto e con la Giordania. A questa grave inesattezza Viola accomuna anche le amnesie storiche da cui è cronicamente affetto.Israele non ha occupato quei territori in una guerra di conquista, e non ha mai preteso di incorporarli sotto la propria sovranità; anzi, ha sempre offerto la loro restituzione in cambio di trattati di pace, e ne è prova la firma del trattato di pace con l' Egitto che ha sanzionato la restituzione della Penisola del Sinai. Ma la Giordania aveva rinunciato a riprendersi la Cisgiordania, e dunque mancava una controparte legittimata a concludere lo scambio. Infine, ricordiamo che le eventuali violazioni di (e non dei) diritti umani da parte di Israele sono state causate dalle inadempienze dell' Autorità Palestinese nel contesto degli accordi di Oslo (scelta della via diplomatica per risolvere le controversie) e della Road Map (estirpazione del terrorismo), che hanno costretto Israele ad usare metodi talvolta non ortodossi nell' esercitare il suo diritto-dovere di tutelare la vita dei propri cittadini.
Repubblica dedica altre tre pagine alla sentenza contro il "Muro". Mette in grande rilievo ogni aspetto controverso ed ogni parere contrario, e rinchiude in piccoli riquadri poco evidenti le opinioni a favore di Israele. Vogliamo segnalare il parere di Antonio Cassese, la cui fama giuridica ci pare usurpata leggendo il suo elogio sperticato ed assoluto della sentenza della Corte dell' Aja. "Senza se e senza ma" Cassese afferma che la sentenza è un baluardo significativo a difesa dei diritti umani nella storia della legalità internazionale; ma dimentica, nel suo zelo, che il diritto internazionale prevede "anche" che uno stato non possa ospitare e favorire organizzazioni che usino la violenza nei confronti di un altro stato senza incorrere nel pericolo di ritorsioni da parte di chi subisce quella violenza.Che l' Autorità Palestinese sia gravemente inadempiente è oramai riconosciuto da tutti. Se quanto viene tollerato da Cassese in questo caso avesse invece come teatro attività terroristiche ospitate protette e favorite da parte austriaca contro l' Italia forse le sue certezze morali e giuridiche vacillerebbero- chissà.
Ancora, ci pare interessante segnalare l' intervista in cui David Grossman evoca una possibile connessione fra questa sentenza e l'ondata di antisemitismo che in questo periodo scuote, tollerata, l' Europa. Vogliamo trarne lo spunto per un commento conclusivo. Non ci pare che questa sentenza sia "antisemita", conseguenza di sentimenti antisemiti o fomentatrice di odio antiebraico.E' una sentenza squisitamente ed integralmente politica, che utilizza canoni interpretativi e parametri giuridici per esprimere un parere di natura politica e per ingerirsi in una materia che è troppo complessa per poter essere comunque inquadrata in un giudizio su un solo dettaglio di essa. Ci pare anche di poter mettere utilmente a raffronto, in termini di equità e di diritto internazionale, le due sentenze parallele della Corte Suprema di Gerusalemme e della Corte Internazionale (non ce la sentiamo di aggiungere "di Giustizia") dell' Aja. La prima critica la violazione di diritti protetti (umani, di proprietà, di libertà) con non minore vigore dell' altra, ed impone il loro rispetto anche attraverso smantellamenti di parti del "Muro" che li calpestano, ma non esprime una condanna del "Muro" nella sua interezza e nella sua funzione, anzi ne certifica l' utilità per la tutela della vita - un diritto elementare e prioritario - dei cittadini. La sentenza dell' Aja invece esprime un' opinione di merito ed un giudizio che non lasciano spazio ad alcuna valutazione intermedia: tutto il muro viola tutti i diritti umani e tutto il muro va smantellato. Ma la considerazione principale ci pare debba essere un' altra. La Corte dell' Aja si pronuncia su materie che le vengono affidate da altri; ma se questi altri che ne hanno titolo non sottopongono al suo parere alcune materie che rientrano nella sua competenza, in quanto per motivi politici vogliono evitare che essa se ne occupi, ecco che la Corte diviene un tribunale al servizio della politica e non della giustizia. Nel concreto: se nessuno osa chiedere alla Corte una sentenza sul terrorismo di matrice palestinese e sulle collusioni non più negabili fra settori di vertice dell' Autorità Palestinese ed il terrorismo, la Corte non potrà pronunciarsi su questa materia. Ed ecco perché essa di fatto è carente e squilibrata, e sostanzialmente non eque sono le sue sentenze. Che dunque Cassese, che non è l' ultimo arrivato, scambi questa giustizia con la Giustizia (con la G maiuscola) ci pare singolare, ma se proiettiamo la sua opinione negli scenari della politica internazionale e ne valutiamo le possibili conseguenze dobbiamo accentuare il nostro timore. Non possiamo che rammaricarci del fatto che l' impatto mediatico sull' immaginario collettivo e la forza delle pressioni congiunte del mondo arabo sulle istituzioni internazionali prevalgano sempre sul merito delle ragioni che Israele tenta vanamente di far comprendere. Nell' intervista concessa a Repubblica e pubblicata nello stesso numero a pag. 9 il primo ministro palestinese Abu Ala lo riafferma con chiarezza quando Alberto Stabile gli contesta le inadempienze dell' Autorità Palestinese rispetto agli impegni assunti a livello internazionale: "Noi sappiamo quali sono i nostri doveri e non accettiamo pressioni da parte di nessuno". La ragione è del più forte, e sicuramente la causa palestinese, grazie ad anni di menzogne e di ricatti, è molto più forte di quella israeliana.
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