Israele e Stati Uniti rispettano i diritti anche nella lotta al terrorismo che è la più grave violazione dei diritti umani: troppi negano entrambe le cose
Testata: La Repubblica Data: 04 luglio 2004 Pagina: 38 Autore: Stefano Rodotà Titolo: «Diritti. Una nuova stagione da Guantanamo a Tel Aviv»
Un intervento sulla salvaguardia dei diritti fondamentali nel corso della guerra al terrorismo, all'indomani delle sentenze delle Alte Corti di Israele e degli Stati Uniti. Rodotà mette in guardia dalle derive "liberticide" cui alcuni governi, in primis amministrazione americana e governo Sharon, sarebbero andati incontro; in particolare egli scrive: "(...) la Corte Suprema degli Stati Uniti ha restituito ai detenuti di Guantanamo diritti fondamentali (...) Negli stessi giorni, in una situazione ancor più difficile e degradata, la Corte Suprema di Israele ha cercato di porre qualche limite alla costruzione del "muro" voluto da Sharon. E queste decisioni mostrano come le corti costituzionali siano oggi uno strumento essenziale per contrastare la volontà sempre più diffusa dei governanti di tornare alla logica del principe sciolto dall´osservanza delle leggi, di considerare i diritti fondamentali come un fastidioso intralcio". Il principe di cui parla Rodotà è per fortuna ben lontano dalla realtà di una democrazia libera e pluralista come quella israeliana, la cui stessa coalizione di governo comprende forze politiche dalle posizioni molto diversificate. Nel corso degli anni, di fronte ad una minaccia esistenziale costante per lo Stato d'Israele, la Corte Suprema ha lavorato assiduamente al fine di garantire i diritti fondamentali e la democrazia. Il fatto che la Corte si sia pronunciata imponendo di modificare una decisione del governo dimostra che le velleità autoritarie di Sharon, anche se esistessero, non troverebbero spazio in una democrazia forte come quella israeliana; al contrario, occorre dire, di quanto avviene nell'Anp, dove tortura ed esecuzioni sommarie di presunti collaborazionisti sono la regola e non l'eccezione, ma sembrano non suscitare l'indignazione delle associazioni per la tutela dei diritti umani. Ci sembra inoltre che la contrapposizione tra diritti individuali e sicurezza , fatta propria da Rodotà e riscontrabile, ad esempio, nelle recenti prese di posizione di Amnesty International, sia fuorviante, e lo sia in modo clamoroso. Il terrorista che uccide e mutila civili innocenti sta evidentemente violando, in modo gravissimo, i loro diritti umani. I leader religiosi e politici che organizzano l'indottrinamento dei futuri assassini-suicidi, fin dalla loro infanzia, stanno violando, oltre che i diritti delle future vittime, quelli dei bambini che spingono al suicidio e al delitto. Il terrorismo è oggi la più vasta e devastante violazione dei diritti umani, per questo la lotta contro di esso è parte integrante della lotta in favore di tali diritti, e non vi può essere contrapposta. Ecco il pezzo. (a cura della redazione di Ic) Si è giustamente sottolineata l´importanza delle sentenze con le quali la Corte Suprema degli Stati Uniti ha restituito ai detenuti di Guantanamo diritti fondamentali. È bene aggiungere, però, che in questo modo sono state ricostituite solo le condizioni minime della legalità: una diversa decisione avrebbe rappresentato, per la Corte, un vero e proprio suicidio. Negli stessi giorni, in una situazione ancor più difficile e degradata, la Corte Suprema di Israele ha cercato di porre qualche limite alla costruzione del "muro" voluto da Sharon. E queste decisioni mostrano come le corti costituzionali siano oggi uno strumento essenziale per contrastare la volontà sempre più diffusa dei governanti di tornare alla logica del principe sciolto dall´osservanza delle leggi, di considerare i diritti fondamentali come un fastidioso intralcio. Dal fronte dei diritti, dunque, arriva qualche buona notizia. Alle quali si deve aggiungere quella, trascurata in Italia, che si riferisce ad una iniziativa del Parlamento europeo, il quale ha impugnato davanti alla Corte di Giustizia di Lussemburgo l´accordo concluso tra l´Unione europea e l´amministrazione americana per il trasferimento a quest´ultima dei dati dei passeggeri delle linee aeree che viaggiano verso gli Stati Uniti, ritenendo che quell´accordo viola le garanzie previste per la privacy. La vicenda americana e quella europea hanno molti punti in comune. Rendono manifesta la volontà di affermare che anche in situazioni di particolare gravità, quali sono quelle legate alla lotta contro il terrorismo, non è possibile cancellare diritti fondamentali. Segnalano un primo tentativo di ridare spazio al diritto in una fase che sembrava segnata unicamente dal brutale valore della forza: l´emergenza, lo "stato di eccezione" non possono azzerare la legalità. Mettono così in evidenza che la difesa della democrazia non può essere condotta con mezzi che negano i suoi stessi principi fondativi. Chi contrappone civiltà a barbarie deve rallegrarsene. Sono vicende che hanno al loro centro gli Stati Uniti e le loro pretese non solo di imporre unilateralmente la loro regola, ma di affrancarsi del tutto dalla regola di diritto. Le sentenze della Corte Suprema non colmeranno il lungo vuoto di memoria che aveva cancellato le orribili gabbie del Vietnam e fatto accettare quelle di Guantanamo, ma segnano il riaffiorare della ragione e, con essa, del diritto. Non siamo ancora al ritorno pieno ad una delle formule che hanno ispirato i momenti migliori della storia americana - "i mali della democrazia si curano con più democrazia" - ma si è fatto un passo nella direzione giusta. Ora bisognerà attendere le specifiche decisioni delle corti ordinarie americane e la sentenza della Corte europea. Ma questa non può essere un´attesa passiva, proprio perché, come ci ricorda una volta di più il titolo di un libro da poco uscito in Francia, Droits de l´homme, Combat du siècle. I parlamenti, le associazioni per i diritti civili, le opinioni pubbliche dei paesi democratici sulle due sponde dell´Atlantico traggano dagli ultimi fatti buoni motivi per rendere più forte una azione a difesa dei diritti fondamentali che fino a ieri sembrava, più che impossibile, infruttuosa, patrimonio di minoranze isolate e senza reale influenza. E, poiché ci si chiede sempre quale debba essere il ruolo politico dell´Europa nei confronti degli Stati Uniti, questo è un buon momento per valorizzare la rinnovata vocazione dell´Europa come terra dei diritti, appena confermata dall´inserimento nella Costituzione della Carta dei diritti fondamentali. Si insiste molto in queste settimane, dopo il deludente compromesso che ha permesso il varo della Costituzione, su quale possa essere il suo "valore aggiunto" che stimoli l´attenzione e il consenso dei cittadini dei venticinque paesi dell´Unione. Non saranno certo le alchimie sulle maggioranze o le frenate sulla via di una vera unità politica ad appassionare le opinioni pubbliche. Oggi una vera e comune "sfera pubblica europea" può essere faticosamente costruita proprio partendo dalla Carta dei diritti. Una conferma in questo senso ci viene proprio dagli Stati Uniti. L´American Civil Liberties Union, forse la più importante associazione per i diritti civili del mondo, ha sottolineato gli aspetti positivi delle decisioni della Corte Suprema. Ma la stessa associazione, poco tempo fa, aveva criticato con durezza l´atteggiamento della Commissione europea, che si accingeva ad accettare le richieste dell´amministrazione statunitense, rinunciando a chiedere effettive garanzie per i passeggeri delle linee aeree. E quel documento si concludeva con parole significative, meritevoli oggi di ancor più attenta riflessione: «Per quanto riguarda la tutela della privacy, siamo noi a dover raggiungere l´Europa, e non il contrario». L´attenzione per il modello europeo di tutela dei dritti può accomunare cittadini dell´Unione e degli Stati Uniti. Non è dunque sul terreno dell´antiamericanismo, ma anche sotto la nuova spinta di istituzioni pubbliche e private degli Stati Uniti, che nasce oggi la necessità di un´analisi dei diversi modelli di tutela dei diritti che si confrontano nella dimensione globale. Anche se, infatti, si vuol dar credito alle tesi di chi sostiene che la globalizzazione economica ha subito una (definitiva?) battuta d´arresto, così non è per tutto quel che riguarda i diritti, soprattutto se si considerano due questioni. Una, tecnologica, mette in evidenza come le informazioni personali, dunque il nostro "corpo elettronico", circolino sempre di più su Internet, quindi nello spazio planetario per definizione. L´altra, politica, è legata alla pretesa dell´attuale governo degli Stati Uniti di attribuire alle proprie norme una "extraterritorialità" totale, obbligando gli altri paesi a subordinare ad esse i propri sistemi giuridici. Se si devono prendere sul serio i segnali di questi giorni, allora, non ci si può limitare a manifestazioni di compiacimento. Può darsi che si stia aprendo uno spiraglio che consente di rimettere al centro delle discussioni il tema del diritto e dei diritti, di nuovo inscindibile da quello della democrazia. Ma chi può guidare questo nuovo processo, la cui rilevanza politica è innegabile? L´Unione europea avrebbe i titoli per farlo. Dico "avrebbe", perché non tutti in Europa fanno corrispondere le azioni alle dichiarazioni proprio in questa materia. Il Primo ministro inglese firma la Costituzione, ma poi si adopera, con arroganza, per impedire che i diritti sociali varchino la Manica, dunque approdino nel paese che ha inventato le leggi sulla tutela del lavoro, il sindacalismo e il Welfare State. La Commissione e il Consiglio, dunque gli organi di governo dell´Unione europea, sottoscrivono la Carta dei diritti fondamentali, ma poi se ne dimenticano durante i negoziati con gli Stati Uniti e ignorano le critiche del Parlamento, unica istituzione che sta giustamente prendendo sul serio l´impegno comune a costruire un´Europa dei diritti e non solo dei mercati. V´è da augurarsi che il nuovo Parlamento raccolga questa eredità, perché la Carta dei diritti è sicuramente uno dei punti di forza se davvero si vuole andare verso una nuova Europa fondata su principi forti e comuni. Guantanamo è lontana, ma la partita dei diritti si gioca anche nell´Unione europea, in casa nostra. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla direzione de La Repubblica. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.