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Libero Rassegna Stampa
02.07.2004 La barriera difensiva salva vite umane
l'Anp uccide anche i palestinesi

Testata: Libero
Data: 02 luglio 2004
Pagina: 11
Autore: Rodolfo Ballardini - Dimotri Buffa
Titolo: «Il muro scandalizza ma funziona. Fermati 60 attacchi kamikaze. - Un palestinese su sei ucciso dal fuoco amico»
La sentenza della Corte Suprema israeliana che impone lo spostamento del tracciato della barriera di sicurezza intorno a Gerusalemme, sancisce anche la legittimità di tale barriera, in nome del diritto all'autodifesa. Si tratta infatti di una misura necessaria ed efficace per salvare vite umane.
Rodolfo Ballardini neell'articolo "Il muro scandalizza ma funziona. Fermati 60 attacchi Kamikaze" lo dimostra con dovizia di dati.

Gerusalemme - Palestinesi e sinistra israeliana hanno esultato perché la Corte suprema di Israele ha modificato il tracciato della barriera nella zona di Gerusalemme. Danze premature perché non è la prima volta che il percorso viene modificato, ma è la prima volta che la corte si pronuncia sulla legalità della barriera definendola necessaria, atto non politico e azione dovuta, al fine di tutelare la vita dei cittadini e dei residenti in Israele.
Tuttavia il completamento della barriera di sicurezza rischia di essere ritardato di sei mesi dopo la sentenza della Corte suprema. La sentenza della più alta magistratura dello Stato ebraico ordina lo smantellamento di 30 chilometri di muro intorno a Gerusalemme. E una modifica del tracciato dell’opera per ridurre al massimo i disagi dei palestinesi.
Ma, nonostante tutto la costruzione del muro continuerà. Per Shaul Mofaz, ministro della difesa dello Stato ebraico, la barriera è un "salvavite" indispensabile. Nei primi 6 mesi del 2004 i terroristi hanno ucciso 63 civili e feriti 216. Ma nel 2003 gli assassinati sono stati 214 e i feriti 1004, mentre nel 2002 le vittime del terrorismo palestinese sono state 451 e i feriti 2307.
Nel 2004, grazie alla barriera Israele ha stroncato 60 tentativi di attacchi suicidi e catturato 1200 terroristi. La responsabilità dell’innalzamento di una barriera difensiva fra Israele e i territori dell’Autonomia palestinese ricade su Yasser Arafat che ha violato gli accordi di Oslo e la Road Map con i quali si impegnava a smantellare le organizzazioni terroristiche. Nel settembre del 2000, i palestinesi scatenano contro Israele un’ ondata terroristica senza precedenti. Le Forze Armate rispondono con alcune operazioni combinate di lunga durata nel tentativo di arginala. Le azioni terroristiche sono portate a termine da bombe umane che entrano nel territorio dello Stato ebraico soprattutto dal Nord e dal Centro. Colpiscono civili innocenti nei bar, ristoranti, autobus, scuole, centri commerciali parcheggi nel tentativo di diffondere il terrore ovunque. Tra il settembre 2000 e l’inizio di quest’anno Hamas e soci compiono 800 attacchi sul territorio metropolitano e 8200 in Giudea e Samaria, provocando la morte di 900 cittadini e il ferimento di altri 6000. A Sud, nella striscia di Gaza, la situazione è diversa; infatti il territorio palestinese è circondato da un sistema difensivo che impedisce ai kamikaze di portare a termine le azioni suicide. Tuttavia nell’area avvengono lanci di razzi Qassam e di bombe da mortaio. Il 23 giugno 2002 il governo decide di integrare la difesa attiva con quella passiva. Israele stabilisce perciò di erigere una barriera di contenimento e separazione partendo dalla regione di Uhm El Fahm per arrivare all’area di Gerusalemme, passando per Qalqilya, Tulkarem, Salam, Megiddo, sino alla tran Samaria. Il tracciato si sviluppa per circa 720 chilometri dei quali il 5% è costituito da un muro in cemento alto una decina di metri. Il resto della barriera difensiva è costituito da doppio reticolato e torrette di vigilanza.
Il terrorismo non esercita la sua violenza solo all'esterno, verso Israele, ma anche all'interno della stessa società palestinese. Nell'articolo "Un palestinese su sei ucciso dal fuoco amico" Dimitri Buffa fornisce dati e racconta alcuni episodi di una guerra dimenticata.
Intrafada ovvero l'Intifada tra di loro. Tra gli stessi terroristi
palestinesi. 330 morti in tre anni, un sesto delle "vittime" degli scontri a
fuoco con l'esercito israeliano. Morti di cui nessuno parla.
Nell'aprile 2004 il Gruppo palestinese di controllo per i diritti umani,
diretto dall¹attivista Basem Oeid, ha pubblicato un rapporto su "Intrafada"
o "Il caos delle armi".
Si potrebbe anche chiamarla guerra civile, con fazioni armate che dettano
proprie leggi, fanno e torturano propri prigionieri, perseguitano chi non la
pensa come loro.
I due gruppi maggiori sono Al Fatah e Hamas ma anche la Jihad islamica e le
Brigate dei Martiri di Al Aqsa non scherzano. L'accusa con cui ci si
tortura, ci si perseguita e ci si uccide vicendevolmente è quella più alla
moda in quelle zone: essere un collaborazionista di Israele. In realtà
dietro a questo paravento può esserci di tutto. L'omosessualità, come nel
caso di Fouad Mussa, per anni perseguitato fino a dovere chiedere ospitalità
proprio all'odiato stato ebraico, ma anche le corna.
Cioè il delitto d¹onore che peraltro nella costituzione para islamica
adottata dall¹Anp è causa scriminante in caso di violenza su una donna anche
in caso di di omicidio.
Quello che pochi sanno è che negli ultimi tre anni oltre 300 persone ( solo
di quelle di cui si ha notizia) sono morte tra la popolazione palestinese
perché uccise da propri teorici fratelli. Praticamente un sesto di quelle
morte nell'Intifada, contandoci pure almeno 1500 terroristi, e la metà dei
civili morti per errori dell'esercito israeliano o perché usati come scudi
umani dai terroristi stessi. Le prime statistiche sul fenomeno Intrafada
sono state pubblicate dal Palestinian Human Rights Monitoring Group di
Gerusalemme.
Un ente composto da palestinesi, non da israeliani.
Di questi 330 morti, desaparecidi anche dalle statistiche di Amnesty-Amnesy
( che molto furbescamente mette in uno stesso file le presunte violazioni
dei diritti umani in Israele e quelle più che certe nei territori dell¹Anp,
dedicando a queste ultime pochissime righe) 114 sono stati linciati dopo
fantomatiche accuse di collaborazionismo con Israele.
Inoltre vi sono stati 165 scontri armati fra clan rivali e 1202 azioni
criminali gravi.
Un esempio che avrebbe dell'esilarante se non fosse tragico : a Gaza, il 5
febbraio del 2004, vi fu una sparatoria fra poliziotti appartenenti a corpi
diversi, attorno alla Centrale di Polizia. L'azione era una rappresaglia per
vendicare il pestaggio del capo della polizia locale, Ghazi Jabaly da
parte di membri di un altro apparato di sicurezza concorrente. Alla fine
della giornata il risultato dello scontro era di un morto e dieci feriti.
Del caso di Mohammed Laloh, ha dovuto occuparsi anche Amnesty
International: si trattava di un venticinquenne di Jenin arrestato, detenuto
e torturato per due mesi nel carcere locale. Scarcerato nel novembre del
2001, aveva ovunque i segni delle torture subite ed era ridotto su una
carrozza rotelle.
I fratelli Salam, pur essendo dei fedelissimi di Arafat, sono stati
arrestati e torturati per essersi convertiti al cristianesimo. E ora sono
indicati come collaborazionisti israeliani e temono ogni notte che qualche
squadrone della morte li uccida.
Ad Abu Amas arrestato nell'agosto del 2001 dall'intelligence di Gaza è
andata peggio: i poliziotti di Arafat ne hanno fatto ritrovare il corpo per
strada due mesi dopo e nemmeno hanno avvisato la famiglia.
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