La Turchia nell'Unione Europea un ponte fra Islam e Occidente
Testata: La Stampa Data: 30 giugno 2004 Pagina: 8 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «Bush: «L'Europa non è un club cristiano, fate entrare i turchi»»
Su La Stampa di oggi Maurizio Molinari spiega le ragioni della necessità dell'ingresso della Turchia nell'Unione Europea come ponte tra Islam e Occidente. Importanti le dichiarazioni di Bush. Maurizio Molinari inviato a ISTANBUL «L'Europa non deve essere il club esclusivo di una singola religione, la Turchia nell'Ue aiuterà le relazioni fra Islam ed Occidente». George W. Bush conclude il viaggio turco con un discorso all'Università di Galatasaray che si propone di gettare le basi per costruire la pace nella «Casa di Abramo» facendo cadere sospetti e ostacoli, a cominciare da quelli che impediscono ad Ankara di entrare nell'Unione Europea. Parlando agli studenti della città «che unisce Europa, Asia e Medio Oriente» Bush indica la Turchia «democratica, musulmana e laica» come l'alleato strategico per «il dialogo fra civilizzazioni». Ed è per testimoniare l'importanza di Ankara che il capo della Casa Bianca si pronuncia a favore dell'adesione turca all'Ue: «Il sogno di Ataturk di una Turchia forte fra le nazioni d'Europa può realizzarsi in questa generazione, l'America ritiene che la Turchia è una potenza europea e come tale appartiene all'Unione Europea, la vostra adesione contribuirà a far progredire in maniera cruciale il dialogo fra Islam ed Occidente perché voi siete parte di entrambi». Sono termini ben più espliciti di quelli che, appena 24 ore prima, il presidente francese Jacques Chirac aveva contestato, invitando Bush a «non entrare in un territorio che non gli appartiene» (e anche ieri ha ribadito che «essere alleati non vuol dire essere servitori»). A quelle critiche il presidente Usa risponde affondando i colpi contro chi si oppone all'adesione turca: «L'entrata di Ankara proverà che l'Europa non è il club esclusivo di una singola religione e farà apparire la teoria del conflitto di civilizzazioni come un mito sorpassato dalla Storia». Alla vigilia dell'arrivo ad Ankara un alto funzionario dell'amministrazione aveva indicato nell'idea dell'Europa come un «club cristiano» un ostacolo da superare ed ora il fatto che Bush abbia inserito questo concetto nel proprio discorso lascia intendere la volontà della di iniziare a costruire sul Bosforo l'intesa Islam-Occidente, senza tenere conto delle proteste di quei Paesi Ue - come la Francia - che accusano gli Usa di ingerenza e delle posizioni espresse dal Vaticano sulle «radici cristiane» dell'Europa. Con alla spalle di ponte che unisce i due continenti e di fronte ad una platea silente Bush indica nel campione di basket turco Mehmet Okur della squadra americana «Detroit Pistons» il simbolo di «ciò che ci accomuna». Per esporre la visione della «Casa di Abramo» snocciola tutti gli ostacoli da superare. Affrontando in primo luogo le accuse rivolte dai fondamentalisti: «Sappiamo che vi sono sospetti radicati in secoli di conflitti e ciolonialismo, coloro che nel mio Paese insultano i musulmani causano grandi danni». A chi nel mondo islamico contesta all'Occidente mancanza di pudore e rispetto per le donne risponde: «Video osceni e pubblicità volgare non sono ciò che ho in mente quando parlo della benedizione della democrazia non c'è nulla di incompatibile fra libertà e decenza morale, rispettiamo i diritti delle donne». Ed chi accusa l'America di voler imporre laicismo ed un'oppressione neocolineale ribatte: «La democrazia non comporta l'abbandono della fede, premia l'indipendenza di liberi governi che riflettono cultura, tradizioni ed opinioni dei singoli popoli». Bush è convinto della compatibilità fra Islam e democrazia perché «la libertà è nel futuro del Medio Oriente e dell'umanità intera» ma ammette che il cammino è lungo perché «anche noi abbiamo avuto bisogno di generazioni per liberarci di schiavitù e segregazione razziale». La richiesta ai popoli dell'Islam è di schierarsi di fronte al bivio fra «la dottrina della tirannia e dei suicidi» e «una società basata sulla giustizia per un mondo migliore». Gli scenari dove compiere questa scelta descrivono gli orizzonti neoconservatori dell'amministrazione: l'Iraq «dove i terroristi vogliono minare un libero governo»; l'Iran «dove autocrati stanchi e screditati tentano di frenare la voglia di democrazia delle nuove generazioni»; la Terra Santa «dove i terroristi assassini stanno ritardando la giusta causa di uno Stato democratico per i palestinesi». Bush ha fiducia negli «ideali di democrazia sempre più popolari in Medio Oriente che mandano chiari segnali a Damasco a Teheran», vede germogli di riforme in Kuwati, Qatar, Bahrain, Yemen, Giordania e Marocco e chiede ai leader arabi di rompere gli indugi: «I compromessi con gli estremisti portano a nuova violenza, sopprimere il dissenso incrementa il radicalismo, la stabilità dei governi dipende dall'essere società aperte come dimostra l'esempio che viene dalla Turchia». Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa. 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