Cronache dell'antisionismo e dell'antisemitismo globali da Austria, Gran Bretagna, Francia, Arabia Saudita.
Testata: Il Foglio Data: 25 giugno 2004 Pagina: 3 Autore: un giornalista, Emanuele ottolenghi Titolo: «Ai confini delle civiltà»
Sul Foglio di oggi vengono pubblicati due articoli sul tema dell'antiamericanismo e dell'antisemitismo. Se avete dei dubbi sulla parzialità diffusa nel mondo delle ong circa il conflitto medio-orientale potreste toglierveli partecipando al viaggio in "Palestina" proposto dalla britanniaca Oxfam. Ne parla il primo articolo da noi riportato che riferisce anche altri episodi di antisionismo e antisemitismo avvenuti nel mondo (oltre alla Gran Bretagna sono coinvolte l'Austria, l'Arabia Saudita e la Francia. Quste ultime, per altro, spiccano in quanto rappresentate da importanti uomini di stato), ignorati dai media italiani Ecco il pezzo: "Visto, non si stampi" Mentre all’Onu si discute di antisemitismo
Al giorno d’oggi crea scandalo anche dedicare una strada a Theodor Herzl, per il centenario della sua morte, il 3 luglio 1904. E’ successo a Vienna, la città del sindaco Lueger, che ha ispirato Hitler, e del quotidiano "Kleine Zeitung", che qualche settimana fa ha pubblicato una doppia vignetta, con (immagine del passato) il nazista e l’ebreo e (immagine del presente) l’israeliano e il palestinese. Il presidente Thomas Klestil, partecipando al simposio su Herzl, è tornato a condannare i nuovi episodi di antisemitismo austriaco. Nello stesso giorno in cui Kofi Annan apriva il primo seminario dell’Onu sull’antisemitismo, sono state colpite le sinagoghe di Ottawa e Cracovia. Per questo il Jerusalem Post invita il Palazzo di Vetro ad adottare misure concrete, come una risoluzione che condanni l’antisemitismo e la propaganda antisionista dei paesi arabi. Anne Bayefsky, dell’Hudson Institute, durante il suo discorso al seminario si è chiesta se l’Onu fosse davvero pronta a discutere del problema e ha invitato a "dare un nome ai terroristi che uccidono gli ebrei in quanto ebrei." Di antiamericanismo saldato all’antisionismo ha parlato The Nation, perché tra gli slogan più usati contro la guerra ce ne è uno recita: "Hitler ha due figli: Bush e Sharon". Se per il Jerusalem Post l’antisemitismo odierno in Europa assomiglia più al processo Dreyfus che agli anni 30, all’Express non è passata inosservata la coincidenza che due rotoli della Torah salvati dal fuoco nazista sono stati bruciati pochi giorni fa negli attacchi a due sinagoghe a nord di Londra. Amir Taheri, sempre sul Jerusalem Post, ha parlato di un’alleanza marxista-islamista, dalle periferie parigine a quelle londinesi. Al Radio Festival del Cairo, iniziato il 23 giugno, è entrato invece a far parte del programma ufficiale la famosa miniserie siriana "Ash- Shatat" ("La Diaspora"), in cui si mostrano gli ebrei preparare la matzah, il pane non lievitato, con il sangue dei "gentili". Intanto parlano chiaro le cifre di Christian Science Monitor: quest’anno Israele si aspetta l’alyah, l’emigrazione, di tremila ebrei francesi.
"Viaggi (molto) alternativi"
L’organizzazione non governativa, Intercom Oxfam, impegnata nel campo umanitario, ha da poco pubblicato in Spagna un libro intitolato: "Altri Mondi – Viaggi alternativi e solidali". Questa guida turistica suggerisce come meta di vacanza, a pagina 106, la Palestina. La cartina, presentata dalla Oxfam, merita sicuramente una certa attenzione. Infatti, l’esistenza dello Stato d’Israele è sorprendentemente ignorata, e tutta la zona, dalle rive del fiume Giordano al Mediterraneo, è indicata come Stato palestinese. La guida suggerisce, inoltre, vari itinerari, alcuni dei più raccomandati includono un bel bagno nelle spiagge di Tel Aviv e di Eilat e una passeggiata nel Negev. Per ulteriori informazioni, la Oxfam indica, come operatori turistici di fiducia, agenzie a Gerusalemme Est, Ramallah e Hebron. In breve, per la Intercom Oxfam, Israele non esiste. Questa Ong, sostenuta da 190 mila soci e collaboratori, con finanziamenti di enti pubblici e privati di tutto il mondo, già nel 2003 si era distinta per un boicottaggio di prodotti agricoli israeliani. Il logo della campagna mostrava una mezza arancia dalla cui spremitura sgorgava sangue. Il Centro Simon Wiesenthal aveva paragonato questa pubblicità al boicottaggio antiebraico dei nazisti negli anni 30.
"Balfour è stato un errore storico"
"La dichiarazione di Balfour è stata un errore storico", sono queste le parole attribuite dal giornale saudita, Asharq Al Awsat, all’ex primo ministro francese, Michel Rocard, che in questi giorni si trovava alla conferenza sulle "relazioni euroatlantiche in Medio Oriente" nella Biblioteca di Alessandria d’Egitto. Il socialista Rocard, che si è presentato alle Europee anche come possibile candidato presidente del Parlamento di Strasburgo-Bruxelles, avrebbe definito Israele come un "caso anormale, che minaccia i suoi vicini e la stabilità dell’intera regione con la sua forza militare". L’ex premier avrebbe aggiunto che lo Stato di Israele "è stato costruito su principi razzisti" e che "dipende da un conflitto armato per tracciare i propri confini". Su Internet non è stata trovata alcuna smentita. Arriverà? Non è nuova l’ostilità francese verso lo Stato ebraico: nel dicembre 2001, l’ex ambasciatore francese in Gran Bretagna, Daniel Bernard, durante una cena di gala, definì Israele come "that shitty little country". Nella stessa serata, Bernard disse di non capire perché "dovremmo mettere in pericolo noi stessi per difendere queste persone (gli ebrei, ndr)".
Il principe saudita è recidivo
Il principe ereditario (e reggente) saudita, Abdullah, manifesta nuovamente le sue strane idee in tema di terrorismo. Dopo aver dichiarato, circa due mesi fa, che gli attentati avvenuti in Arabia Saudita erano opera di un "complotto sionista", questa volta afferma che dietro la decapitazione, di una settimana fa, di Paul Johnson ci siano i servizi segreti israeliani. In questi giorni, durante un’intervista a un’emittente saudita, Abdullah ha detto: "Non si può essere sicuri al 100 per cento, ma non mi sbaglio se dico che c’è un 95 per cento di possibilità che le ‘mani sioniste’ siano dietro a ciò che sta succendo in questi giorni in Arabia Saudita". Nel secondo articolo Emanuele Ottolenghi si sofferma sulla strana alleanza tra gruppi di estrema sinistra, estrema destra e fanatici islamici che lascerebbero da parte le proprie differenze per combattere il "potere imperiale" dell'America e delle lobby sioniste. Una galassia eversiva da non sottovalutare. Ecco il pezzo: "Il rosso, il nero e il verde stanno creando una zona grigia?" Che cos’hanno in comune stalinisti, trotzkisti, leninisti, maoisti e castristi, oltre all’ottusa fede in una variante ideologica del comunismo che la storia ha dimostrato errata? E che cosa unisce questi rottami ideologici del passato ai referenti europei di al Qaida, della Fratellanza musulmana e del fondamentalismo islamico? E che cosa c’entra in tutto questo la galassia no global, l’ambientalismo militante? E, tanto per rendere il quadro più confuso, che legame esiste tra i suddetti orfani della rivoluzione e i balilla ritardati dei mondi neonazisti, neofascisti e complottistici che popolano Internet? Tre fattori neanche troppo sorprendenti: odio per l’America, desiderio morboso di espellere gli ebrei dalla Palestina, ostilità patologica nei confronti del sistema economico globale.
Dietrologia complottista?
E allora come si spiegano le alleanze pacifiste che hanno popolato le piazze d’Europa nei mesi che hanno preceduto la guerra in Iraq? Non basta, si dirà, l’opposizione alla guerra è stata e continua a essere un movimento cui aderiscono vasti settori della popolazione di tutti i colori e connotati ideologici. Il fatto che ci sia una convergenza d’opinione tra vecchi rivali non significa nulla. Sarà. Ma allora come si spiega che questi vecchi rivali non sono più compagni di strada per caso o per forza, ma si sono alleati in liste comuni per le elezioni europee, oltre che aver formato delle organizzazioni congiunte nella loro battaglia ideologica per la Palestina, contro la guerra in Iraq e la globalizzazione? In Inghilterra il partito Respect, con George Galloway capolista, in Francia la Lega comunista rivoluzionaria e la Lotta dei lavoratori contano tra le loro fila non solo vecchi rivali come trotzkisti e stalinisti, un tempo nemici, ma anche gruppi islamici fondamentalisti, che non sono solo il target elettorale dichiarato, ma anche membri attivi delle direzioni delle nuove formazioni politiche. Dall’11 settembre l’arcobaleno marxista si è coalizzato con l’Islam fondamentalista per sconfiggere il nemico di sempre. I leader islamisti non disdegnano l’alleanza: Ayman al Zawahiri, numero due di al Qaida l’aveva incoraggiata nel 2002; Abu Hamza al Masri, l’imam della moschea radicale di Finsbury Park a Londra, ora in prigione, in attesa di estradizione negli Usa, l’ha giustificata dicendo: "Diciamo a chiunque voglia espellere gli ebrei dalla Palestina: benvenuti!", mentre dalle patrie galere francesi il decano del terrorismo internazionalista trasversale, Carlos "lo Sciacallo", ha benedetto, previa sua conversione all’Islam, l’idea di un’alleanza in un libro uscito l’anno scorso, "Islam rivoluzionario". Carlos fu protagonista di azioni spettacolari negli anni 70, quando il terrorismo europeo (Brigate Rosse, Baader-Mainhof, Eta, Ira e Action Directe) faceva comunella coi rivoluzionari arabi, si addestrava in Libia e Libano e compiva azioni congiunte, dalla strage di Lod nel 1974 al dirottamento aereo a Entebbe. Accadde allora che la comunanza del nemico si traducesse rapidamente in una comunanza di intenti, e che tale comune agenda portasse alla cooperazione operativa oltre che politica. Nulla di strano dunque che accada di nuovo. Il nemico è lo stesso, gli obiettivi sono comuni, e l’unione, da che mondo è mondo, fa la forza.Per Galloway & Co. l’elettorato musulmano in Europa rappresenta una forza in crescita da fagocitare. Olivier Besancenot, leader dei trotzkisti francesi, vede negli immigrati musulmani d’Europa "i nuovi schiavi" del capitalismo, quindi gli alleati naturali del proletariato nella lotta di classe. Arlette Laguiller, altro leader francese della galassia marxista, sostiene che la lotta per la Palestina è parte integrale della "rivoluzione globale proletaria". Il berretto del Che Guevara negli anni 70, la kefiyah palestinese nel ventunesimo secolo.
L’alleanza che non si è ancora saldata
L’alleanza con l’estremismo di destra non si è ancora saldata a livello operativo, ma chiunque legga le pagine di alcuni militanti di Forza nuova (www.forzanuova.net) può notare tematiche comuni e care a destra e sinistra in ugual misura. In un recente documento della sezione provinciale di Bologna, si scrive per esempio della globalizzazione: "Vi è, nel cuore del processo, un progressivo abdicare delle oligarchie economiche nazionali nei confronti dell’oligarchia economica mondialistica, mentre il potere politico si rivela essere oramai un fantoccio, uno specchietto per le allodole, limitandosi ad avallare i desideri del Nuovo Ordine Mondiale, il Mercato Globale; un mercato che necessita, evidentemente, di una colonia di consumatori omologati, indifferenziati, pronti ad ‘assorbire’ acriticamente le produzioni delle multinazionali". La globalizzazione, mossa da forze oscure (leggi: complotto pluto-massonico-giudaico a stelle e strisce), minaccia l’identità nazionale. Il Movimento Fascismo e Libertà, per canto suo, si chiedeva l’anno scorso, poco prima della guerra, se "esisteforse un vero Fascista che possa appoggiare l’ennesima aggressione imperialistica dei criminali anglo/americani e sionisti vari?" e procedeva quindi a dileggiare l’ambigua posizione dello slogan: "Né Bush né Saddam", dichiarando invece: "A morte Bush e lunga vita a Saddam!". Ma la distinzione, oltralpe non è mai veramente esistita: Galloway aveva rapporti intimi d’amicizia con Saddam e lo ha sostenuto fino alla fine e i gruppuscoli impegnati a "espellere" l’America da Afghanistan e Iraq preferiscono qualunque cosa agli americani, anche il ritorno di Saddam e dei Talebani. Il sostegno per la lotta all’imperialismo, l’odio per l’America e Israele, la militanza a favore della "resistenza" irachena, e l’alleanza, ancorché strumentale, con l’Islam appaiono tutti in misura diversa nella retorica dei siti, delle pubblicazioni e delle arringhe di estremismi di destra, di sinistra e dei fondamentalisti. L’esperienza degli anni 70, quando gruppi di matrice ideologica e con cause diverse si unirono nella lotta contro il loro comune nemico, dovrebbe insegnare che la contiguità ideologica e la cooperazione operativa nella lotta contro un comune avversario possono sfociare in eversione, e che il fronte eversivo che emergerebbe da questa particolare costellazione politica, per quanto inedito, non è sorprendente, e per quanto ideologicamente variopinto e assurdo, non è meno pericoloso. E, corollario, chi con questo crogiolo di estremismi gioca per riempire le piazze, convinto che l’estremismo tra i dimostranti alla fine non stia di casa, come allora, anche oggi gioca col fuoco. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.