Iraq: arriveranno dalla Cecenia i kamikaze? le previsioni per i prossimi 10 giorni
Testata: La Stampa Data: 21 giugno 2004 Pagina: 1 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «Il timore di dieci giorni di fuoco»
Mancano 10 giorni dal passaggio dei poteri in Iraq. Ecco le previsioni nell'accurata analisi di Maurizio Molinari sulla Stampa di oggi. A dieci giorni dal passaggio dei poteri in Iraq le indiscrezioni sulla marcia dei guerriglieri ceceni verso le basi italiane a Nassiriya coincidono con un'ondata di attacchi kamikaze tesi a decimare il nuovo governo di Baghdad ed il fallito tentativo americano di eliminare a Fallujah Abu Musab al-Zarqawi, responsabile delle operazioni irachene di Al Qaeda. I tasselli dello scenario militare descrivono con chiarezza cosa sta avvenendo sul terreno. Sono i gruppi fondamentalisti, espressione diretta o meno di Al Qaeda, a guidare un'offensiva della guerriglia che ha due obiettivi: azzerare la leadership irachena per impedire la ricostruzione, colpire duro le forze della coalizione per obbligarle al ritiro. Il neopremier Iyad Allawi si appella alla comunità internazionale sottolineando che «dopo il 30 giugno continueremo ad avere bisogno di voi» perché consapevole che saranno le settimane seguenti alla fine dell'amministrazione militare la prova della verità per il dopo-Saddam: se i kamikaze dovessero prevalere la ricostruzione fallirebbe, Al Qaeda troverebbe in Iraq le basi perdute in Afghanistan e la regione del Golfo precipiterebbe nell'instabilità. Dopo aver ritrovato la propria unità politica nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu, approvando la risoluzione sul passaggio dei poteri, la comunità internazionale è chiamata ad essere altrettanto compatta per garantire la sicurezza del nuovo Iraq. In occasione del summit della Nato di Istanbul Washington e Londra chiederanno agli alleati di accogliere l'appello di Allawi e di unirsi a sostegno della transizione irachena come già fatto per la transizione afghana. L'idea di affidare alla Nato la sicurezza irachena è uno dei pochi punti in comune fra il presidente americano, George W. Bush, ed il suo rivale democratico, John F. Kerry, come dimostrano le univoche dichiarazioni da Baghdad di senatori e deputati di entrambi i partiti. Sul fronte opposto ci sono i timori di quei Paesi e governi che temono di inviare i propri soldati sul fronte centrale della guerra al terrorismo e c'è il motivato no della Francia di Jacques Chirac, che vede nella presenza formale della Nato in Iraq il rischio di confermare la pericolosa teoria della guerra di civiltà Occidente-Islam. I lavori del G-8 di Sea Island hanno anticipato l'assenza di un accordo fra i partner Nato sull'invio di più truppe mentre esiste, e non deve andare perduta, la possibilità di compromessi che aiutino le forze irachene ad affrontare la sfida terrorista.
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