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Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


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Il Foglio Rassegna Stampa
09.06.2004 Arabia Saudita, una nuova Algeria ?
e scopre che deve combattere sul serio Al Qaida

Testata: Il Foglio
Data: 09 giugno 2004
Pagina: 1
Autore: un giornalista
Titolo: «La corte saudita traballa»
Sul Foglio di oggi viene pubblicata un'analisi sulla situazione interna in Arabia Saudita, che, all'indomani degli attentati del 29 maggio, rischia di diventare una nuova Algeria. Ecco perchè.


Quel che la Cia aveva previsto sul peggioramento della situazione in Arabia Saudita si è verificato. I sauditi, da almeno due anni, avevano ricevuto da Langley e Foggy Bottom suggerimenti e informazioni sul lavorio di al Qaida nel regno wahabita. Ma una vera, massiccia guerra al terrorismo non è mai stata scatenata. Ora che le ferite si sono fatte purulente, a Palazzo reale c’è chi ricorda non solo gli ammonimenti di Washington, ma anche i rapporti dell’ambasciatore saudita a Foggy Bottom, sua altezza il principe Bandar Bin Sultan bin Abdulaziz al Saud. Vero amico dell’America e buon musulmano, il principe ha sempre chiesto al suo governo di dar retta agli americani, di massacrare i terroristi, di dar loro la caccia sin nel deserto più profondo, di smascherare le loro complicità nel regime, nello stesso parentado della corte, nelle tribù. Le idee e le minacce ai tiepidi e agli incapaci, espresse da Bandar, sono rimaste segrete per qualche tempo. Ma dopo il massacro del 29 maggio ad al Khobar, Bandar ha scritto una lettera denuncia. Una specie di monito alle gerarchie del suo paese affinché s’impegnino a farla finita con jihadis e complici. L’ambasciatore teme che, senza un intervento risolutore,
la piccola guerriglia terroristica che insanguina l’Arabia Saudita (11 gravi attentati dall’inizio dell’anno, con una forte intensificazione
in aprile e maggio; ieri un cittadino americano dipendente di una società
statunitense è stato ucciso in un agguato a Riad) possa trasformarsi in un terrorismo di massa com’è accaduto in Algeria. Bandar, decano del corpo diplomatico a Washington, ha pubblicato, con coraggio, la sua missiva sul quotidiano al Watan, il più autorevole e diffuso, anche fra religiosi. Ex militare di carriera (per 17 anni è stato nelle Forze armate, dopo un master alla John Hopkins), Bandar, amico della famiglia Bush, usa nella lettera toni simili a quelli del presidente americano. "La guerra al terrorismo vuol dire
proprio guerra… Non significa un campo di addestramento per boyscout. Non si può
fare la guerra a questi infedeli e delinquenti chiamandoli buone persone che nella loro vita non hanno avuto abbastanza affetto… bisogna invece non avere pietà e chiamarli col loro nome, cioè terroristi e aggressori, senza alcun compromesso… ammazzarli, difenderci, combatterli è il modo migliore per difendere l’Islam, la nostra religione monoteistica e il nostro popolo… Decidendo, operando, vedremo chi è con noi, con uno Stato islamico, retto dalla legge di Allah, con un popolo che crede nella legge di Allah e nella
Sunnah del suo profeta e chi devia da questa strada". I consigli di Bandar hanno
avuto effetto quasi immediato. I pochi funzionari rimasti nell’ambasciata americana di Riad e nei consolati di Gedda e al Khobar hanno potuto notare un forte cambiamento di clima: barriere, posti di blocco, controlli, perquisizioni, analisi di siti Internet. La famiglia reale sa che al Qaida punta
alla rivolta armata in Arabia Saudita, alla defenestrazione e all’esecuzione sommaria dei principi e delle più importanti gerarchie, e all’instaurazione di un califfato. Ovviamente, ammesso sia vivo, guidato da bin Laden. Al Qaida, secondo l’intelligence occidentale, dispone nel regno di almeno 2.000 attivisti, fra i quali occorre comprendere almeno 500 terroristi full time, votati alla morte. Il consenso per al Qaida in certe zone è in aumento. Senza un forte intervento "chirurgico", la cancrena potrebbe allargarsi. Abu Musab al Zarqawi, capo di al Qaida in Iraq, ha un volto sconosciuto anche ai suoi militanti. I suoi connotati non sono noti. Non usa telefoni satellitari o altri apparecchi. Comunica solo attraverso messaggi orali fatti trasmettere dai suoi pochi e stretti luogotenenti. Si dice che sia stato nascosto a Fallujah per un certo periodo. Ora lo si dà a Baghdad. Il 4 maggio i marine andarono molto vicino al suo covo di Fallujah. Ma lui riuscì a sparire. 38 anni, Zarqawi, addestrato in Pakistan e in Afghanistan, vuole trasformare l’Iraq degli americani nell’Afghanistan dei sovietici. Il suo pensiero politico lo esprime su foglietti fotocopiati che fa distribuire nelle moschee.
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