Francesca Fraccaroli racconta la storia del giovane disabile Yacub il quale è stato colpito a morte incidentalmente da un proiettile durante uno scontro tra esercito e palestinesi, dal momento che si trovava nelle vicinanze. La dinamica dei fatti, sui quali è stata aperta un'inchiesta, non è ancora chiara. La notizia viene data con grande enfasi nell'intento di far credere che gli israeliani si divertano a sparare su donne, bambini e disabili palestinesi quando, molte volte, questi vengono usati dai terroristi come scudi umani.Creando una situazione in cui fatti tragici come quello di ieri divengono purtroppo difficilmente evitabili. Un titolo altisonante e tendenzioso per una vicenda che dovrebbe essere riportata con la prudenza resa necessaria dall'assenza di informazioni certe sulle sue cause e correttamente inquadrata nel contesto in cui si è prodotta, e che viene invece utlizzata per un'operazione propagandistica. Complimenti. Pubblichiamo il pezzo. I parenti raccontano che appena qualche giorno fa Arafat Ibrahim Yacub, 32 anni, aveva espresso alla moglie il desiderio di andare a Ramallah per incontrare alcuni degli amici conosciuti anni prima nel centro di riabilitazione Abu Raya rimasti, come lui, paralizzati agli arti inferiori. Per una persona senza difficoltà fisiche non è un problema percorrere in taxi in pochi chilometri che separano il campo profughi di Kalandia, a nord di Gerusalemme, da Ramallah. Per un disabile invece è un viaggio scomodo, fatto su autovetture non predisposte per i portatori di handicap, su strade dall’asfalto contorto. Nonostante tutto, Yacub era intenzionato ad andare a far visita ai suoi amici. Domenica sera, invece, un proiettile sparato dai soldati israeliani lo ha ucciso. Tredici anni dopo l’altra pallottola che lo aveva colpito alla colonna vertebrale, costringendolo sulla sedia a rotelle. L’esercito israeliano ha aperto un’inchiesta sulle circostanze della sua morte, avvenuta quando i soldati hanno fatto fuoco contro un gruppetto di ragazzi palestinesi che lanciavano sassi verso le pattuglie. Yacub era seduto a pochi metri dall’ingresso di un caffè arabo, in compagnia di altre persone. Il proiettile lo ha ucciso in pochi minuti, è morto durante il trasporto in ospedale. Lascia moglie e due figli. Oltre mille persone lo hanno accompagnato ieri pomeriggio nel suo ultimo viaggio, tra slogan dell’Intifada scanditi per sottolineare i funerali da martire che gli sono stati tributati. Molti hanno pianto. Yacub era noto a Kalandia. Persino alcuni bambini che non erano ancora nati quando venne ferito conoscevano la sua vicenda. Al tempo della prima Intifada (1987-83) Yacub era ancora un ragazzo. Con gli altri shebab, i giovani militanti della rivolta, lanciava spesso pietre contro le jeep dell’esercito israeliano. Un gioco rischioso, mortale, che un giorno gli costò caro: una pallottola gli colpì in pieno una vertebra provocandogli danni irreparabili. Da allora, sfamava la moglie e i due figli con la piccola pensione di invalidità ricevuta dall’Autorità nazionale palestinese. Ma ieri, mentre erano in corso i riti funebri per Yacub, un altro palestinese, Omar Farah, malato mentale, è stato ucciso dai soldati israeliani a Tulkarem (Cisgiordania). I militari hanno intimato al giovane di fermarsi. Quando ha cercato di dileguarsi, hanno fatto fuoco. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione di Avvenire. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.