Bush a Berlusconi: "Arafat, un ostacolo da rimuovere" non è politichese, sarà per questo che si capisce subito
Testata: La Stampa Data: 06 giugno 2004 Pagina: 3 Autore: Augusto Minzolini Titolo: «E George mi ha detto: Arafat è un ostacolo da rimuovere»
Una cronaca dettagliata dell'incontro Bush-Berlusconi sulla Stampa di oggi. Molto centrato il titolo, cosa non frequente sul giornale torinese. Ne prendiamo atto con soddisfazione. Ecco l'articolo di Augusto Minzolini: IL DIARIO SEGRETO DELLA DUE GIORNI DI INCONTRI TRA IL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI E IL PREMIER
«E George mi ha detto: Arafat è un ostacolo da rimuovere»
Su Medio Oriente, G8 e Africa un gioco di squadra con gli alleati «Se abbiamo battuto il comunismo vinceremo anche questa volta»
ROMA Un amico che ha parlato con Silvio Berlusconi ieri mattina, quando l’Air Force One di George W. Bush era appena decollato da Ciampino, ha trovato il premier italiano che toccava il cielo con un dito. «Solo chi è in malafede - ha spiegato il Cavaliere - non riesce a vedere quanto è cresciuto il ruolo internazionale dell’Italia. Un tempo il presidente del Consiglio italiano si doveva accontentare di qualche colloquio con l’ambasciatore degli Stati Uniti. Questa volta Bush è stato due giorni a Roma e il governo italiano ha dato un contributo sostanziale al tentativo di coinvolgere l’Onu nella crisi irachena. Insomma, il nostro paese non è più una comparsa sulla scena internazionale. Di sicuro, adesso per criticarmi si arrampicheranno sul fatto che non andrò alla cerimonia per il D-Day; ma da che mondo è mondo, più si diventa influenti e più cresce l’ostilità di qualcuno...». Appunto, se non gli avesse in parte rovinato la festa il solito duello con Chirac, combattuto secondo i codici della diplomazia, il Cavaliere ieri sera poteva davvero definirsi un uomo felice. La visita dell’amico George W., infatti, non poteva andare meglio. Gli stessi testimoni di parte italiana dell’incontro tra i due presidenti - il vicepremier Fini, il ministro degli Esteri Frattini e i parlamentari Gustavo Selva e Giorgio La Malfa - sono rimasti impressionati dall’attenzione che l’amministrazione di Washington mostra verso il nostro paese. «Pensavo - ammette La Malfa, che non è tipo da fare sconti a Berlusconi - di ritrovarmi nella solita riunione di compiacenza tra compagnoni, con tanto folklore, tante pacche sulle spalle e niente di più. Invece, è stata una riunione di lavoro tra alleati di peso». Forse ci sarà un po’ di esagerazione in queste parole, un sovrappiù di retorica, ma la cronaca del colloquio parla chiaro. Nella riunione sono stati affrontati tutti i dossier più importanti - dall'Iraq, al Medio Oriente, dal G8 all’Africa - e chi per la prima volta è stato ammesso ad un incontro al massimo livello nell’era Bush-Berlusconi ci ha messo poco a capire che tra i due governi esiste un vero gioco di squadra: per un’ora e 10 minuti George W., con il suo americano sintetico, ha duettato con il «caro Silvio» che per lo più si è avvalso dell’interprete ma, vista l’atmosfera cordiale, per qualche battuta di spirito ha rischiato anche il suo inglese. Tra i due presidenti c’è una totale sintonia sulla filosofia di approccio a questa delicatissima fase internazionale. Ieri mattina è stato Bush a sintetizzarla, ripetendo concetti che più volte in questi mesi, sono usciti dalla bocca del Cavaliere. «La pace cammina a braccetto con la democrazia - ha spiegato il presidente americano - per questo dobbiamo favorire con rispetto il processo di democratizzazione dei regimi che governano i paesi arabi». Un preambolo che basta e avanza per motivare l’impegno dei due paesi in Iraq. E di questo sforzo Bush è più che riconoscente a Berlusconi: «E’ chiaro - ha fatto presente l’inquilino della Casa Bianca - che più si andrà avanti in questo processo e più chi lo appoggia, come noi e voi, sarà esposto ai tentativi dei terroristi di fermarlo. Ci aspettano ancora dei tempi duri». Una frase su cui Berlusconi ha annuito prima di spendere qualche parola sul destino dei tre ostaggi italiani che sono ancora in mano ai terroristi e che potrebbero essere usati come arma di ricatto, o peggio: «Speriamo che la vicenda si concluda bene», è stato l’unico auspicio del premier italiano. Già, il domani più immediato è ancora pieno di incognite ma per professare il suo ottimismo Bush, che come il Cavaliere ama descrivere il mondo in una continua lotta tra il «Bene» e il «Male», ha tirato in ballo una citazione che da sempre è il cavallo di battaglia del suo interlocutore: la lotta al comunismo. «Se siamo riusciti ad avere la meglio nella guerra fredda contro il comunismo - ha detto il presidente Usa - non capisco perché non dovremmo vincere la guerra calda al terrorismo». Sull’esito di questa guerra, dopo tanto tempo è tornato l’ottimismo. Specie sull’obiettivo strategico di coinvolgere l’Onu e altri paesi nell’impresa. Bush ha spiegato i punti salienti della nuova bozza di risoluzione da proporre al Consiglio di Sicurezza, specie quelli che dovrebbero accontentare il recalcitrante Chirac: «Il nuovo governo iracheno - ha fatto presente - avrà piena sovranità sullo sfruttamento delle risorse petrolifere del paese. E deciderà anche fino a quando le truppe alleate dovranno restare in Iraq». Ma basteranno questi argomenti a convincere Chirac? Nella riunione i pronostici, condizionati dal galateo diplomatico e dalla cabala, sono stati diversi. Berlusconi si è lasciato andare a un voto di ottimismo: «Caro George con queste proposte credo che su Chirac tireremo un sospiro di sollievo». Il suo interlocutore, forse per non dare per fatto a Roma un accordo che deve essere siglato in Francia (Bush sa benissimo che tra l’inquilino di Palazzo Chigi e quello del’Eliseo non corre buon sangue), è stato più circospetto: «Spero che non ci dica solo tante belle parole e nessun sì». Alla fine il più pessimista è stato il segretario di Stato, Colin Powell, («non so se da Chirac verrà mai un via libera»), il più ottimista il ministro degli esteri Frattini: «Vedrete che questa settimana il Consiglio di sicurezza approverà la nuova risoluzione». Bush e Berlusconi non hanno mancato di assegnarsi dei compiti per avere successo nell’impresa, specie nel tentativo di ricucire con l’Europa. Berlusconi ha tirato in ballo Zapatero (la Spagna è nel Consiglio di Sicurezza in questo momento): «Ho parlato con lui - ha osservato il Cavaliere - e mi è apparso una persona di buonsenso». L’uomo della Casa Bianca ha colto la palla al balzo: «E allora vedi tu cosa si può fare». Nell’incontro hanno fatto capolino altre tematiche diplomatico-militari: si è parlato dell’intenzione Usa di coinvolgere nel tempo la Nato e Bush, che non ha peli sulla lingua, ha sollecitato un aumento del nostro contingente in Afghanistan. Di fronte a questa richiesta diretta Berlusconi ha preso tempo. L’inquilino della Casa Bianca è stato netto nei suoi giudizi anche su altre questioni. E’ sicuro, ad esempio, che non si arriverà ad una soluzione del problema palestinese finché Yasser Arafat avrà un minimo di influenza: «E’ un ostacolo sulla via della pace - ha fatto presente - che va rimosso». Sul G8, invece, il presidente Usa ha dato per certa la presenza del nuovo premier iracheno. Berlusconi, invece, ha ricordato il monito del Papa sulle guerre dimenticate in Africa e ha confermato che l’Italia ha intenzione di invitare al G8 i rappresentanti dei paesi più importanti del continente. «Hai ragione, è un problema scottante - ha convenuto George W. - nel G8 spingeremo Chirac ad impegnarsi di più in un’area sulla quale la Francia ha sempre avuto grande influenza». Alla fine, al momento dei saluti, visto che tanta concordia aveva fatto venir meno anche le ultime inibizioni, Gustavo Selva ha annunciato al presidente americano che parteciperà alla prossima convention repubblicana e non si è lasciato sfuggire l’occasione di farsi amico l’uomo più potente del mondo: «Nell’ultima convention repubblicana - gli ha confidato - mi sono intrufolato tra i delegati e ho votato per lei».
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