Mubarak non va al G8, perchè non invitato ma l'Egitto ha un ruolo nella stabilizzazione di Gaza
Testata: Il Foglio Data: 26 maggio 2004 Pagina: 3 Autore: Carlo Panella Titolo: «L'Aventino del rais»
Carlo Panella analizza i retroscena della mancata partecipazione di Mubarak e del tunisino Ben Alì al G8 e delle trattaive sul futuro di Gaza che coinvolgono Israele, ANP (rappresentata da Abu Ala e Mohammed Dahlan) ed Egitto. Ecco il pezzo: Il presidente egiziano Hosni Mubarak èstato nei giorni scorsi al centro di un piccolo giallo diplomatico apparentemente formale, ma che mal cela un discreto cumulo di tensioni verso gli Stati Uniti. Due giorni fa Ahmed Maher, ministro degli Esteri egiziano, aveva infatti annunciato con clamore che né Mubarak né il presidente tunisino Ben Alì si sarebbero recati al vertice del G8 del 9 giugno a Sea Island, in Georgia, per la poco credibile scusa di "precedenti impegni". Ieri però è emerso che in realtà né il presidente tunisino né quello egiziano erano stati invitati al vertice, a differenza dei leader dell’Afghanistan, dell’Algeria, della Giordania, dello Yemen e del Bahrein. L’intrico degli inviti e delle rinunce evidenzia così il piccolo vulcano di divergenze che sta accompagnando il lancio della Grande iniziativa per il medio oriente che George W. Bush intende fare approvare proprio nel vertice del G8. Una forte iniziativa politica (e mediatica) che accompagna la contestata azione politico-militare in Iraq, con un progetto di lungo respiro che punta a un drastico cambiamento di rotta nei paesi islamici, sul terreno dell’istruzione allargata, dei diritti delle donne e della diffusione e della libertà degli organi di comunicazione (su cui recenti indagini di esperti arabi dell’Onu hanno rilevato ritardi ormai clamorosi). Mubarak è stato molto polemico nei confronti di questa iniziativa americana sin da quando fu preannunciata nel febbraio scorso, e non mai ha nascosto la sua irritazione. L’iniziativa degli Stati Uniti, secondo il presidente egiziano, rischia infatti di essere un’"imposizione inaccettabile per gli arabi". Per controbilanciarla aveva così convocato il 12 marzo una grande conferenza di intellettuali ad Alessandria d’Egitto. Qui è stata elaborata una "piattaforma araba" di riforme auspicabili sul piano politico, sociale ed economico (molto più sfumata sul tema della libertà d’informazione e d’educazione del progetto americano) e ha poi tentato di fare approvare, dal vertice di Tunisi della Lega araba del 23 maggio, l’istituzione di un comitato che abbia il ruolo di interfaccia arabo rispetto alle decisioni del G8. Quest’ultimo tentativo è fallito per il veto apertamente opposto dalla Siria – e più velatamente dall’Arabia Saudita – tanto che Mubarak, irritato, si è alzato e ha abbandonato clamorosamente i lavori del vertice. Indebolito dall’ennesima riprova della totale incapacità dei paesi arabi di avviare anche un minimo di progetto comune – e men che meno di riforme – il presidente egiziano, con l’annuncio di un suo rifiuto a partecipare a un vertice cui non era stato invitato, ha voluto marcare una sua posizione aventiniana.
Il ruolo di Suleiman, successore in pectore Naturalmente tutto ciò non frenerà il progetto del Grande medio oriente di Bush, che riscuote il pieno consenso dei leader arabi invitati al G8 e che peraltro non intralcia la tradizionale alleanza tra il Cairo e Washington (che versa dal 1979 due miliardi di dollari l’anno all’Egitto, fondi che letteralmente stipendiano il regime e le Forze armate), in questi giorni alla prova con una forte mediazione egiziana tra Israele e Anp. Il capo dei servizi segreti egiziani, Omar Suleiman, sta infatti trattando in queste ore, direttamente con Ariel Sharon e Abu Ala, la nomina di Mohammed Dahlan a "governatore" di Gaza, dopo il progettato completo ritiro israeliano. Dahlan è stato capo del Servizio di sicurezza preventiva dell’Anp ed è stato costretto alle dimissioni da Yasser Arafat, che lo considera, non senza ragioni, un suo diretto avversario politico. Ma Dahlan è tuttora a capo di una milizia di armati forte di 3.000 uomini e riscuote la piena fiducia di Abu Ala, dello stesso Suleiman e anche un discreto credito nel governo israeliano. Se Mubarak (che ha caldeggiato la nomina con Abu Ala) riuscisse a imporre Dahlan a un Arafat riottoso e contrariato si troverebbe, di fatto, a esercitare un forte controllo diretto dei suoi stessi Servizi su un dirigente palestinese che da anni già collabora apertamente con lo stesso Omar Suleiman (il candidato più quotato alla successione di Mubarak al vertice del regime egiziano). Nel frattempo, Mubarak ha fatto dare dai giornali egiziani un grandissimo rilievo alla visita che effettuerà il 27 maggio a Mosca, dove conta di ottenere da Vladimir Putin consistenti aiuti economici e un rinnovato "padrinato" politico, dopo gli anni del gelo tra Mosca e il Cairo, successivi alla grande rottura voluta da Anwar al Sadat nel 1979. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.