Una barriera che salva vite umane ecco i dati che lo dimostrano
Testata: Libero Data: 26 maggio 2004 Pagina: 1 Autore: Francesco Ruggeri Titolo: «Funziona il muro anti-kamikaze»
Riportiamo da "Libero" un interessante articolo di Francesco Ruggeri sulla barriera difensiva israeliana. Che funziona e serve a salvare vite umane. Un fatto su cui dovrebbero riflettere quanti la condannano senza considerare che è stato il terrorismo a renderla necessaria. Ecco il pezzo: GERUSALEMME - Oltre il 90% di morti in meno tra i civili israeliani, e il totale dei kamikaze fattisi saltare sul territorio dello Stato ebraico diminuito di 12 volte. I numeri raccolti da "Libero" non mentono: il muro voluto da Sharon per isolare la Cisgiordania funziona. Ha già salvato centinaia di vite innocenti, mentre gli pseudopacifisti di tutto il mondo, al fianco di Onu e Ue, si ostinano a definirlo crimine contro l'umanità. (...) ( segue a pagina 15) (...) Per non arrendersi a una verità ogni giorno più evidente, ossia che il conflitto israelo-palestinese sta progressivamente arrivando al capolinea. 22 Marzo 2004. Lo sceicco cieco e capo di Hamas, Ahmed Yassin, viene ucciso da un missile con la stella di David. Al funerale i suoi seguaci promettono che «si apriranno le porte dell'inferno». 17 aprile 2004. Cade sotto i colpi dello Shin Bet anche il successore di Yassin, Abdelaziz Rantissi. Di nuovo gli uomini di Hamas minacciano «100 attacchi di ritorsione». Fine maggio 2004. Sono ormai trascorsi dei mesi, ma nessun terrorista suicida palestinese è riuscito a farsi esplodere a Gerusalemme, Tel Aviv o Haifa. Le morti dei capi storici sono finora impunite. Sino a qualche tempo fa invece, bastava che si colpissero delle mezze tacche perché poche ore dopo giungesse la strage, puntuale come un orologio. Qualcosa sembra mutato nel ventennale equilibrio del terrore tra ebrei e palestinesi. Per trovarne prova abbiamo scartabellato le banche dati sul conflitto. Per conteggiare quanti civili israeliani inermi siano morti, in seguito ad atti di terrorismo, sul territorio riconosciuto della madrepatria (escluse le colonie abusive oltre la green line). Prima e dopo l'avvio della costruzione della "barriera difensiva" che isolerà i territori occupati della West Bank (Jenin, Tulkarem, Qalqilya, Nablus a nord, Ramallah, Beit Lehem, Jericho, Hebron a sud), e insieme gli sparuti insediamenti ebraici fondati dagli ortodossi a proprio rischio e pericolo. I risultati sorprendono. Dall'inizio della seconda intifada nel settembre 2000, ad oggi sono oltre 900 le vittime israeliane, per mano di kamikaze, auto bombe, cecchini ecc. Tra il 29 settembre 2000 e la fine di quell'anno i morti sono stati 14, i feriti 73. Nel 2001 i morti 159, i feriti 1141. Nel 2002 rispettivamente 247 e 1639. Tra giugno e luglio 2002 è però cominciata la realizzazione del muro. Ebbene, nella seconda metà del 2002 il numero di morti e feriti già calava a 67 e 416 in confronto ai 180 e ai 1223 della prima metà dell'anno. Passando poi al 2003, i morti totali sono stati 133, i feriti 637, ma occorre scorporare il dato ulteriormente: a luglio 2003 si è ultimata la prima sezione da 145 km della barriera con il nord della Cisgiordania, e se nella prima parte dell'anno le vittime erano state 73 (365 i feriti), da luglio a dicembre scendono ancora, a 60 (e 272). Veniamo infine al 2004. In questi primi cinque mesi si registrano "soltanto" 29 morti e 136 feriti. In realtà l'ultima tipica infiltrazione suicida risale al 22 febbraio, su un bus nel centro di Gerusalemme. I due kamikaze al porto di Ashdod del 14 marzo venivano dal mare. Rispetto all'intifada pre-muro, fatte 100 le vittime su base annua, le attuali sono 90 in meno. Una interessante conferma viene anche dalla statistica sulle unità di kamikaze autori delle stragi. Sedici nel 2001, 32 nel 2002, 18 nel 2003, 4 nel 2004. Di questi, ben 24 nella prima metà del 2002, solo 8 nella seconda (post-muro); 11 nella prima parte del 2003, 7 nella seconda (a sezione nord terminata). Andando avanti così, il conto annuale delle vittime civili del terrorismo potrebbe tornare già a fine 2004 a livelli da anni novanta. I 66 morti del '94 o i 30 del '97, non sono più un miraggio. Pensare che soltanto nel mese precedente l'avvio del muro, i morti furono 135. E al dispiegamento completo della barriera mancano ancora 80 km a sud di Qalkilya (da Salem a Tirat zvi), i 148 da Elkana a Ofer, i 19 da Gerusalemme all'aeroporto e il completamento dell'anello attorno alla capitale. La fine dei lavori è attesa entro il 2005. Per allora lo Stato di Israele sarà in pratica immune da infiltrazioni dalla Samaria a nord, e dalla Giudea e dalla valle del Giordano a sud. Ovvero dai luoghi di provenienza del 100% degli aspiranti shaheed e dei cecchini autostradali della Trans- Israel highway. Non ne è mai venuto uno ad esempio dalla striscia di Gaza, guarda caso circon- data da una barriera elettrificata già dall'epoca della prima intifada ('87-'93). Come anche il confine con Libano, Siria e Giordania, e ora la zona cuscinetto anti-tunnel con l'Egitto all'altezza di Rafah. Di analoga bar- riera per la Cisgiordania si discuteva dal 1973, ma ci son voluti 30 anni di sangue per convincere il governo di Gerusalemme a erigere un ostacolo fisico che permetta di scremare davvero gli ingressi dalla Palestina. Fino a due anni fa i controlli ai check-point ufficiali erano inutili. Grazie alla promiscuità territoriale sancita dagli accordi di Oslo, 100.000 illegali palestinesi sono entrati stabilmente in Israele negli ultimi 5 anni. Inoltre, pur invocando la distruzione del vicino "sionista", quasi il 30% degli arabi di Gaza e West Bank si recavano da pendolari oltreconfine, spesso attraverso sentieri proibiti, per soddisfare almeno una delle seguenti esigenze: lavoro, sanità, acqua, scuola, mercati, servizi sociali, famiglia. Facile per schiere di jihadisti mimetizzarsi in una massa tale. Ora la pacchia sta per finire. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione di Libero. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.