Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Dibattito sull'etica della guerra al terrore in Israele, una democrazia rimane tale anche in situazioni difficili
Testata: Corriere della Sera Data: 25 maggio 2004 Pagina: 15 Autore: Davide Frattini Titolo: «Gaza non può ricordare l’Olocausto ma noi ebrei dobbiamo capire il dolore»
Sul Corriere della Sera di oggi Davide Frattini analizza l'acceso dibattito all'interno del panorama culturale israeliano di conseguenza alle dichiarazioni di Tommy Lapid. « Noi ebrei dobbiamo sempre mostrare maggiore compassione per chi soffre, proprio in nome di quello che abbiamo passato. Ma sentire il dolore degli altri non significa accusare esclusivamente una delle parti coinvolte nel conflitto: dire che gli israeliani sono i soli colpevoli non rispecchia la realtà » . Quand’era un bambino Aharon Appelfeld è sopravvissuto per quattro anni ( « come un animale » , dice) nascondendosi nei boschi dell’Ucraina, dove era stato deportato dal villaggio di Czernowitz in Romania. Oggi di anni ne ha 71 e la sua voce si riduce a un sussurro se ricorda la bellezza di sua madre o come sia scampato all’Olocausto, dopo che la sua famiglia era stata sterminata. Da solo si è salvato, da solo ha compiuto il viaggio che l’ha portato in Israele nel 1946: nei suoi trenta libri ( tra gli altri Storia di una vita ) ha voluto conservare la memoria di quel passato che la frase di Tommy Lapid, ministro della Giustizia, ha scagliato domenica nel dibattito all’interno del governo sulle operazioni militari a Gaza ( « l’immagine di una vecchia palestinese che cerca le sue medicine tra le macerie mi ha ricordato mia nonna » ) . Anche Lapid è un sopravvissuto della Shoah, sua nonna no: è morta ad Auschwitz. « Quello che è successo durante la Seconda guerra mondiale — continua Appelfeld — è così mostruoso da non poter essere confrontato con nessun altro evento. La guerra che stiamo conducendo contro i palestinesi non ha nulla a che vedere con l’Olocausto » . Lapid — che è stato attaccato dal premier Ariel Sharon: « una frase intollerabile e inaccettabile » — ha negato di aver voluto paragonare i soldati israeliani ai nazisti, ma ha ribadito: « Chiunque dovrebbe riflettere di fronte alla sofferenza di quella donna. Gli altri ministri non capiscono che agli occhi del mondo noi siamo dei mostri » . Comprensione, compassione, coscienza. Molti commentatori sono convinti che oltre tre anni di intifada e di azioni nei territori abbiano corrotto la moralità dei soldati. E si chiedono se le parole di Lapid abbiano il valore di dare una sferzata alle riflessioni su come la società israeliana stia reagendo all’occupazione. « Il punto non è solo se siamo consapevoli di quello che queste operazioni militari stanno causando ai palestinesi — ha scritto Ofer Shelah su Yediot Ahronoth — ma di quello che stanno causando alla nostra coscienza. Il furore provocato dalle parole di Lapid passerà, l’esercito rimarrà a Rafah. E un nuovo mattone verrà aggiunto al nostro intorpidimento morale » . Aharon Barak , presidente della Corte Suprema, ieri ha ammonito che la guerra contro il terrorismo va condotta nei limiti del diritto: « Il governo e l’esercito vogliono garantire la sicurezza, noi giudici dobbiamo assicurare l’equilibrio tra sicurezza e libertà » . Altri analisti temono l’effetto opposto: più che stimolare la discussione in Israele, il ministro della Giustizia rischia di istigare chi in Europa aggredisce lo Stato ebraico. Lo scrittore portoghese José Saramago , premio Nobel per la Letteratura, ieri ha paragonato Ramallah ad Auschwitz: « Nei territori ho visto l’umanità annichilita come nei campi di concentramento » . « Ecco dimostrato l’errore di Lapid, anche se le sue parole sono state distorte — commenta Yossi Klein Halevi del Centro studi Shalem di Gerusalemme — . Il parallelo israeliani- nazisti e palestinesi- ebrei è ancora più inammissibile perché viene sfruttato da chi ci odia » . I riferimenti all’Olocausto sono già stati usati nello scontro politico in Israele. Pochi mesi prima che il premier Yitzhak Rabin venisse assassinato, manifestanti dell’estrema destra avevano sfilato esibendo dei poster che lo mostravano in divisa nazista. Benjamin Netanyahu era stato accusato dalla sinistra di evocare slogan da Terzo Reich quando durante la campagna elettorale del 1999 usò il motto « un leader forte per una nazione forte » . « La facilità con cui questi paragoni vengono utilizzati — ha detto alla Bbc Uri Dromi dell’Istituto israeliano per la democrazia — è allarmante. Le regole del dibattito pubblico si sono erose. Se chi non è d’accordo con noi è un nazista, rischiamo di banalizzare l’Olocausto » . Klein Halevi crede che « la sensibilità e la suscettibilità sulla Shoah siano ancora vive » . Aggiunge: « Quella di Lapid non è stata una mossa tattica, studiata per conquistare allo Shinui gli elettori di sinistra dimostrando la sua opposizione alle demolizioni. E’ un politico troppo emotivo, che prima parla e poi pensa: una volta propose per provocazione di andare a piazzare autobombe nelle città palestinesi. Qualcuno lo indicava come possibile premier, ma ora dovrà convincere gli israeliani di aver detto quella frase solo per compassione e poi dimostrare maggiore autocontrollo. L’immagine di Israele è troppo delicata in questo momento per permettersi un ministro che fa queste uscite » . Che Lapid abbia parlato con il cuore è la certezza di Nir Baram , editorialista del quotidiano Maariv : « Servire come ministro in questo governo e allo stesso tempo criticarne le strategie — ha scritto — è sempre stata la prerogativa di Lapid. Forse un tempo avrebbero dovuto cacciarlo per la sua schizofrenia, adesso sarebbe terribile: merita una medaglia per il solo fatto di aver dimostrato solidarietà verso le sofferenze di una persona che non sia ebrea » . Il regista Amos Gitai ( Kippur , Kadosh , Alila ) è d’accordo: « E’ molto importante che un rappresentante del governo abbia fatto quelle dichiarazioni. Ha dimostrato di non avere sensibilità solo per il suo popolo. E’ un gesto fondamentale in Medio Oriente, dove c’è un conflitto che sembra infinito. Lapid ha messo in dubbio ' l’esclusività dei sentimenti', una legge secondo cui gli israeliani e i palestinesi proverebbero dolore solo per la sofferenza della propria gente. Non è possibile ragionare unicamente in termini militari: gli ebrei che hanno una memoria storica devono capire il dolore dell’altra parte » . Memoria, passato, principi di una nazione. Benny Morris è lo studioso che ha inaugurato la « nuova storiografia » israeliana, quella che si proclama post- sionista e vuole riesaminare i miti fondanti dello Stato ebraico. Dice: « Lapid non intendeva fare un paragone con l’Olocausto. Considero chi tenta questo parallelo o un bugiardo o uno sciocco. La settimana scorsa in battaglia sono morti quaranta palestinesi e tredici israeliani. E’ impensabile paragonare gli eventi di Rafah, anche quando vengono coinvolte persone non armate, alla morte di 6 milioni di civili innocenti. E’ vero: gli israeliani sono militarmente superiori, ma non sono sicuro che siano la parte realmente forte, se pensiamo ai milioni di musulmani che appoggiano i palestinesi » . Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla direzione del Corriere della Sera. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.