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Il Manifesto Rassegna Stampa
25.05.2004 Mai parlare correttamente di tunnel
né tantomeno delle armi che vi sono nascoste

Testata: Il Manifesto
Data: 25 maggio 2004
Pagina: 3
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Gaza, in migliaia ai funerali»
Dal Manifesto di oggi:
«Operazione Arcobaleno» a Rafah volge al termine, lo ha annunciato ieri la radio militare israeliana. Dietro si lascia distruzioni immense - quelle delle infrastrutture civili hanno lasciato senza parole il commissario generale dell'Unrwa (l'Agenzia Onu per i profughi palestinesi) Peter Hansen


E’ noto a tutti che nelle scuole palestinesi si insegna che la Shoah è una invenzione sionista; meno noto è che l’UNRWA, che provvede fondi a queste scuole, non è mai intervenuta sulla questione. A proposito di "rimanere senza parole".
almeno 43 palestinesi uccisi, decine di feriti,
come al solito Michele Giorgio dimentica di informare i lettori che le varie fazioni palestinesi si affrontano anche sparando tra di loro.
oltre mille senzatetto che vanno ad aggiungersi agli 11mila di questi tre anni e mezzo di demolizioni senza sosta compiute da Israele lungo il «corridoio Filadelfia», a ridosso del confine con l'Egitto. Ieri sera i responsabili militari hanno fornito un primo bilancio dei «successi» conseguiti (è stato scoperto un solo tunnel sotterraneo usato per il traffico di armi)
Nel 2002 ne erano stati scoperti ben 33, e nel 2003 altri 36; Michele Giorgio non ha mai informato i suoi lettori. Il 20 maggio assicurava che quei tunnel (plurale) erano troppo stretti per farci passare delle armi. Adesso ha ridotto il numero dei tunnnel a uno solo, ma ce lo dice tra parentesi.


e annunciato che le forze armate rientreranno a Rafah «se necessario». Il governo israeliano non ha avuto ripensamenti rispetto ad una operazione militare che non ha piegato la resistenza armata palestinese e che rischia invece di provocare nuovo odio e desiderio di vendetta. L'unica, importante, voce fuori dal coro dei sostenitori della politica del pugno di ferro è stata quella del ministro della giustizia Yosef Lapid che ha definito «disumana» la durissima punizione collettiva subita dalla popolazione civile palestinese. Lapid, capo del partito Shinui e alleato del premier Ariel Sharon, domenica ha provocato un «terremoto» durante la riunione di gabinetto quando ha fatto un parallelo fra quanto è avvenuto a Rafah e le distruzioni subite dagli ebrei durante il nazismo. «Mi ha ricordato mia nonna», che venne cacciata di casa e morì ad Auschwitz, ha detto.
Per poi spiegare la portata dell’affermazione: Lapid ha dichiarato che non intendeva paragonare l’esercito israeliano ai nazisti – ma anche questo, Michele Giorgio mica lo scrive.
E al più noto dei campi di concentramenti nazisti ha fatto riferimento ieri a Genova anche il premio Nobel per la letteratura Josè Saramago. «Ramallah è la Aushwitz di oggi:
notoriamente a Ramallah ci sono forni crematori.


là ho visto l'umanità umiliata e annientata come nei campi di concentramento nazisti», ha detto. «La responsabilità - ha precisato lo scrittore - non è del popolo ma del governo israeliano. Lo stesso governo che dispone di armamenti nucleari. Perché nessuno si preoccupa del fatto che Israele abbia la bomba atomica?».
A Rafah, senza corrente elettrica e acqua potabile in molti quartieri, non hanno avuto modo di ascoltare o leggere le parole di Lapid. Ieri, per molte famiglie, è stata una giornata di funerali. Specie a Tal el Sultan, fino a ieri mattina stretto d'assedio dalle forze militari israeliane. Circa 10.000 persone hanno partecipato alla processione funebre per 16 dei 43 palestinesi uccisi. Come prevedibile dopo una operazione così sanguinosa, dalla folla sono partite grida di vendetta contro Israele.
Michele Giorgio vuole rivestire di buone ragioni l’antisemitismo arabo, per cui omette di segnalare che grida di vendetta si sentono anche a ogni anniversario della ritirata israeliana dal Libano come dopo ogni attentato che uccide degli ebrei in Israele e altrove.


Al termine dei funerali ci sono stati alcuni scambi a fuoco con un carro armato.

"scambi a fuoco" è una espressione anodina per parlare di sparatorie. Giorgio quindi ci informa che i paletsinesi ai funerali ci vanno armati, e che i terribili soldati israeliani intervengono solo se questi pii fedeli sparano loro addosso.


Due palestinesi sono stati feriti. A Rafah non celebreranno, come era avvenuto negli anni passati, il quarto anniversario della fine dei 22 anni di occupazione militare israeliana del Sud del Libano. Troppo è il dolore di questi ultimi giorni per avere voglia di festeggiare. Nel frattempo, dietro le quinte, attori e comparse recitano la loro parte per negare i diritti dei palestinesi sotto occupazione. Ieri mentre l'emissario egiziano Omar Suleiman, ribadiva a Yasser Arafat che deve rassegnarsi al suo ruolo di «confinato», peraltro non più a Ramallah ma a Gaza, il governo Sharon faceva sapere attraverso la radio statale di aver avviato contatti con l'ex capo del servizio di sicurezza preventiva dell'Anp, Mohammed Dahlan - un oppositore del presidente palestinese a capo di una milizia privata di circa 3 mila uomini - affinché prenda il controllo di Gaza dopo il ritiro di Israele. Dahlan, naturalmente, ha negato l'esistenza di questi contatti.
Dahlan è stato ministro per la sicurezza interna dell’Autorità Palestinese, ha fatto una fortuna come importatore di materiali di costruzione a Gaza (grazie alla concezione peculiarmente palestinese del conflitto di interessi) ed è sempre stato in ottimi rapporti con i consiglieri economici di Arafat. Ora il rais lo vuole fare cadere in disgrazia e Michele Giorgio che aveva informato i suoi lettori del curriculum di Dahlan il 17 febbraio 2004, si accoda, definendolo "oppositore"
Un attentato pianificato da Hamas a Gerusalemme sarebbe stato sventato di misura dai servizi di sicurezza israeliani. Un portavoce della polizia ieri ha detto che il movimento islamico aveva ingaggiato due fratelli di Nablus. Uno di questi doveva immolarsi facendo esplodere un corpetto esplosivo in una zona affollata.
Si parla di attentati palestinesi? E allora via con il condizionale.


Sempre ieri è stata fermata e interrogata nei pressi di Jenin una donna israeliana considerata vicina al capo locale delle «Brigate dei martiri di al-Aqsa», Zacharia Zbeidi, uno dei supericercati palestinesi. A Jenin qualche giorno fa ha rischiato di trovare la morte un alto funzionario dell'Unrwa scambiato dai soldati per un «terrorista».
Si parla di "crimini sionisti"? E allora via con l’indicativo. Naturalmente senza citare le fonti.
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