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La Stampa Rassegna Stampa
20.05.2004 Carabinieri a Gaza
Nemer Hammad gioca in casa e Ehud Gol in campo neutro

Testata: La Stampa
Data: 20 maggio 2004
Pagina: 3
Autore: Guido Ruotolo - Emanuele Novazio
Titolo: «Le reazioni opposte del rappresentante in Italia dell'Autorità Nazionale Palestinese e dell'ambasciatore israeliano a Roma»
A proposito dell'ipotesi di un dispiegamento di carabinieri italiani nella Striscia di Gaza la Stampa pubblica due interviste: una a Nemer Hammad l'altra all'ambasciatore d'Israele Ehud Gol.
L'intervista di Guido Ruotolo a Nemer Hammad dà l'impressione di essere una chiaccherata tra amici, dove l'intervistatore fa tutto il possibile per non contraddire l'interlocutore quasi anticipandogli le risposte. Al contrario l'intervista di Emanuele Novazio è distaccata e pone domande interessanti a cui l'ambasciatore Gol risponde esaurientemente. Le pubblichiamo entrambe.

Intervista a Nemer Hammad di Guido Ruotolo: "I carabinieri sono i benvenuti"

Siano i benvenuti i carabinieri nella striscia di Gaza». Nemmer Hammad, rappresentante in Italia dell'Autorità nazionale palestinese, commenta favorevolmente l'ipotesi di una presenza di nostri carabinieri con funzione di polizia civile nella striscia di Gaza. L'ambasciatore palestinese richiama le parole del nostro Capo dello Stato: «Il presidente Ciampi ha detto, riferendosi al conflitto palestinese-israeliano, che le due parti da sole non possono risolvere il conflitto. Occorre coinvolgere la comunità internazionale. Dunque, la presenza dei carabinieri va intesa come segno di una presenza internazionale più larga nei territori occupati». Nemer Hammad aggiunge: «Se gli israeliani vogliono davvero la pace devono ricercarla attraverso il dialogo, l'accordo con noi. Ecco perché dubito che Sharon accetti l'ipotesi di una presenza di forze internazionali nei territori occupati».
Ambasciatore, il timore degli americani è che una volta che gli israeliani si ritirano dalla striscia di Gaza, quegli spazi vuoti vengano occupati da organizzazioni terroristiche, da Hamas ad Al Qaeda.
«Mi consenta di insistire su un punto che per noi è essenziale: purtroppo la nostra esperienza decennale ci ha insegnato che chi decide la politica estera americana in Medio Oriente non sono gli americani ma gli israeliani. Ecco perché dubitiamo delle proposte di Bush. Non sarebbe la prima volta che una ipotesi di piano venga sostenuta per poi essere rimangiata dagli americani. Ricordate la posizione della Casa Bianca sulla costruzione del Muro? E' bastato poco perchè l'amministrazione Bush si rimangiasse i suoi dubbi, la sua contrarietà sul Muro».
E se, invece, davvero si determinassero le condizioni perché l'ipotesi di una presenza di forze multinazionali nella striscia di Gaza diventasse realtà, come l'accoglierebbe?
«Mi auguro che il presidente Berlusconi possa discutere con Bush della politica estera americana per il Medio Oriente senza il condizionamento degli israeliani. Bush dovrebbe rendersi conto che questa politica non paga, crea soltanto un odio nel mondo arabo nei suoi confronti. Finora, rilevo che la proposta di una presenza di forze internazionali nella striscia di Gaza non è stata fatta propria da Sharon. Ripeto, prima di pronunciarci dobbiamo aspettare che i militari e poi il governo Sharon dicano la loro. Mi consenta di dubitare sul loro assenso perché, finora, gli israeliani si sono sempre rifiutati di internazionalizzare la risoluzione del conflitto».
In queste ore si assiste a una offensiva delle forze militari israeliane proprio nei territori della striscia di Gaza. Una offensiva condannata dalla comunità internazionale...
«Questa terribile escalation militare è stata duramente condannata dalla Ue, dai leader pacifisti israeliani. Di fronte alla protesta, il governo Sharon ha risposto impegnandosi a costituire una commissione d'inchiesta che sappiamo bene non porterà a nulla».
Perché l'Autorità nazionale palestinese si è dichiarata contraria all'ipotesi Sharon di abbandono di quei territori?
«La pace si sottoscrive in due. Gli israeliani devono accettare che le nostre forze di polizia possano operare e per questo si deve porre fine alle incursioni quotidiane in quei territori. Noi crediamo fermamente nella soluzione indicata dalla Road Map. Sono loro, gli israeliani, che hanno deciso che quell'accordo è carta straccia. Per questo ci appelliamo alla comunità internazionale, per questo anche l'eventuale presenza dei carabinieri è ben accetta».
Intervista a Ehud Gol di Emanuele Novazio: "Prima deve esserci un accordo"
Ambasciatore Ehud Gol, Israele accoglierebbe volentieri i carabinieri nella striscia di Gaza?
«Intanto un chiarimento: il principio è quello di una forza multinazionale. Come quella costituita ai confini col Libano e come quelle nel Golan e nel Sinai, alla quale partecipano anche militari italiani. Ma abbiamo sempre accettato forze multinazionali soltanto dopo un accordo fra noi e i nostri vicini. Fra le due parti in conflitto, dunque».
Nel caso di Gaza?
«L'idea di una forza multinazionale a Gaza deve essere il risultato di un accordo fra noi e i palestinesi. Ma con i palestinesi è impossibile avere un dialogo. Se ci saranno le condizioni appropriate, se la situazione a Gaza si calmerà potremo parlarne: non vogliamo mettere a rischio la vita di soldati di altri Paesi. Sharon è deciso a continuare il piano di disimpegno, nonostante il voto contrario al referendum del Likud: la situazione diventerà forse più facile e potremo considerare altre prospettive. Ma il disimpegno non avverrà né domani né dopodomani».
Ma il governo israeliano ha mostrato disponibilità ad accogliere militari stranieri a Gaza.
«Ha detto semplicemente che in linea di principio Israele potrà prendere in considerazione l'idea di una forza multinazionale anche a Gaza, quando riusciremo a risolvere tutti i problemi ancora aperti fra noi e i palestinesi. Ma in questo momento è in corso un conflitto sanguinoso».
I palestinesi al contrario auspicano l'intervento internazionale.
«La situazione alla quale pensano è questa: continuare gli attacchi terroristici dopo l'arrivo di una forza multinazionale senza lasciarci la possibilità di reagire».
Contro le operazioni israeliane a Gaza si sono levate forti critiche da parte dell'Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue, Solana.
«E' spiacevole che l'Europa si affretti sempre a condannare Israele ma minimizzi sempre le ragioni che stanno dietro le nostre operazioni. Interveniamo perché il terrorismo continua a colpirci, e con il terrorismo delle due l'una: o lo si combatte o si soccombe. Noi dobbiamo combatterlo e mi farebbe piacere se gli europei non si limitassero a blande condanne verbali».
Anche Bush è allarmato da quanto succede a Gaza.
«Israele è un Paese sovrano, dobbiamo difendere i nostri interessi e i nostri cittadini. Rispettiamo gli Stati Uniti, sono il nostro più forte alleato, e certo li ascoltiamo quando ci parlano. Ma quando si tratta di difendere il popolo israeliano, il nostro fondamentale dovere morale è fare di tutto per difenderli. Continueremo a farlo».
Non si aspetta pressioni di Bush in favore di una forza multinazionale a Gaza?
«Non sono sicuro che ci saranno. Bush ha avuto ottime discussioni con Sharon, e entrambi hanno concordato sulle proposte di disimpegno».
Credete ancora nella road map?
«Certo. Ma al primo punto della road map c'è la fine del terrorismo, che invece continua. I palestinesi non fanno niente per fermarlo, Arafat al contrario lo appoggia: l'altro giorno ha detto che la nascita di Israele è stata una catastrofe, e ha invitato a "continuare a terrorizzare il nemico". Nessuno lo ha condannato: siamo membri dell'Onu, ma Kofi Annan non ha reagito. E neanche Solana ha reagito. Eppure Arafat dice apertamente che il terrorismo è uno strumento, per i palestinesi».
Abu Ala è forte abbastanza per riprendere la trattativa?
«No, e non sta facendo niente. E' Arafat che continua a essere forte, sia pure in senso negativo. Abu Ala non controlla le forze di sicurezza, e se continua così fallirà come Abu Mazen».
Che accadrà se anche Abu Ala fallisce?
«Sarebbe una tragedia prima di tutto per i palestinesi. Ma lo sarebbe anche per noi: significherebbe che Arafat continua a manovrare il terrorismo».
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