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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
18.05.2004 Un articolo di Paolo Mieli molto utile
per chi scrive ai giornali

Testata: Corriere della Sera
Data: 18 maggio 2004
Pagina: 41
Autore: Paolo Mieli
Titolo: «Ora più che mai vanno sostenuti gli arabi democratici»
Rispondendo ad una lettrice che gli scrive commentando l'articolo di Galli della Loggia (torture e barbarie, vedi IC, Paolo Mieli affronta in poche righe e con termini chiarissimi un argomento che Informazione Corretta non ha mai mancato di dibattere. La sostanziale mancanza di libertà nei paesi islamici, che impedisce anche il minimo sviluppo di democrazia. Per questo motivo, uno dei compiti più importanti dell'Occidente consiste nell'aiutare chi questa libertà negata vuole conquistare.
Un risposta, quella di Mieli, da utilizzare per scrivere ai giornali, densa com'è di argomenti e frasi che sembrano fatti apposta per sostenere le buone ragioni delle democrazie contro le dittature.

Ecco la lettera della lettrice del Corriere:

Nell’articolo sul Corriere dal titolo « Tortur e e barbarie » , Ernesto Galli della Loggia nota che il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini è stato tra i pochissimi a osservare come dall’insieme del mondo arabo non sia venuta pressoché alcuna reazione di scandalo e di orrore di fronte allo sgozzamento- decapitazione di Nicholas Berg. Galli della Loggia fa altresì rilevare che il pubblico islamico, i governi e le autorità religiose musulmane — a differenza di quelli occidentali al cospetto delle torture — hanno mostrato una sostanziale e sorprendente indifferenza di fronte alle macabre immagini di un incappucciato appartenente ad Al Qaeda che tiene per i capelli la testa di Berg. Giusta osservazione...

Annamaria Ricciardi
Milano


E la risposta di Mieli:
Cara signora Ricciardi, è vero, Ernesto Galli della Loggia ha ragione quando ipotizza che la mancata reazione araba e musulmana alle immagini della decapitazione di Nicholas Berg evochi in modo evidente l’esistenza di una cultura diversa che ci dichiara la sua radicale ostilità. Può darsi che tutto dipenda da un incubo di ostracismo. Di questa paura di esser messi al bando dalle loro comunità ( o peggio, timore di essere uccisi) si è occupato Magdi Allam nel suo recente libro « Kamikaze made in Europe » ( Mondadori). Significativa — ha scritto Allam — è la confessione del poeta palestinese Ahmad Dahbour. Invitato il 14 settembre 2003 a Venezia alla cerimonia del Premio Campiello, si scusò privatamente con il conduttore Corrado Augias: « In pubblico non potrò dire nulla sulle violenze nei territori occupati. Se lo facessi, appena torno a Gaza mi tagliano la gola » . Per essere più incisivo si passò la mano alla gola. Parlare di terrorismo è tabù. Denunciare il terrorismo può costare la vita.
Se ne ha una palese conferma — proseguiva Allam — seguendo le televisioni o leggendo la stampa araba. Ebbene, le parole « terrorismo » o « terroristi » non compaiono quasi mai. Vengono impiegati degli eufemismi: « attacco » , « esplosione » , « attaccanti » , « autori » , « partigiani » , « combattenti » . E' un arrampicarsi sugli specchi per aggirare il problema. Un'ardita ricerca di vocaboli neutri o addirittura elogiativi, per non chiamare le cose con il loro nome.
Che rivela come in Medio Oriente condannare il terrorismo potrebbe tradursi nella propria condanna a morte.
Questa autocensura ideologica da parte dei mass media arabi trova riscontro anche nella definizione delle vittime della violenza. Se si tratta di palestinesi uccisi dagli israeliani, sono « martiri » . Se al contrario si tratta di civili israeliani uccisi dai kamikaze palestinesi, sono solo dei « morti » a seguito di una « operazione di martirio » .
Tale terminologia viene talvolta trasferita allo scenario iracheno. Gli iracheni uccisi sono comunque « martiri » . Gli americani uccisi sono « morti » in quanto « occupanti » , così come i poliziotti iracheni vengono eliminati dalle « forze della resistenza » perché « collaborazionisti » .
Può darsi che le cose intelligenti scritte da Magdi Allam spieghino tutto. Ma può anche darsi che la mancata reazione emotiva anche alle gesta più atroci degli estremisti islamici ( non nuova: il fenomeno precede di molto l’intervento in Iraq e perfino l’attacco alle Twin Tower) segnali che tra noi e loro sta accadendo qualcosa di irreparabile. Un buon motivo per evitare di commettere altri errori e soprattutto per concentrare ogni sforzo nella valorizzazione di quelle residue oasi democratiche che nell’Islam e nel mondo arabo hanno il coraggio di sottrarsi alla logica dell’ineluttabilità.

Invece di inviare commenti al Corriere, da utilizzarne gli argomenti quando si scrivono lettere ai giornali.



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