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Il Manifesto Rassegna Stampa
07.05.2004 Ipotesi non verificate
ma prese per buone da Michele Giorgio

Testata: Il Manifesto
Data: 07 maggio 2004
Pagina: 8
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «I palestinesi in affidamento perpetuo»
Sul manifesto di oggi Michele Giorgio firma un articolo dal titolo "I palestinesi in affidamento perpetuo" dove, dando seguito alle indiscrezioni riportate da Yediot Aharonot, sostiene che il piano di ritiro di Sharon da Gaza sarà seguito dall'affidamento del controllo dei territori a Egitto e Giordania. Questo per Michele Giorgio è uno scandalo poichè a suo dire i palestinesi passerebbero da un'occupazione ad un'altra, senza aver riconosciuta la loro autonomia. Invece di scandalizzarsi Michele Giorgio dovrebbe, lontano dalla propaganda, guardare in faccia la realtà: In 50 anni l'unico soggetto politico autonomo che i palestinesi sono riusciti a creare è stata quella dittatura di ispirazione Saddamita chiamata Anp, che, invece di aiutare effettivamente i palestinesi ha approfittato dei fondi elargiti dal resto del mondo per preparare militarmente e culturalmente un nuovo conflitto. Se questi sono i presupposti, lasciare i territori ad un soggetto politico del genere non porterebbe a nessuna pace. Per questo, prima di tutto, è necessaria una profonda riforma dell'autonomia. L'articolo continua con un elenco di soprusi a danno dei palestinesi che Michele Giorgio porta, per dare al suo articolo quel tocco di sentimentalismo necessario, per ravvivare miti ormai passati.
AVVENIRE riporta la stessa notizia e, nonostante l'articolo sia di poche righe, lascia capire che le indiscrezioni di Yediot Aharonot parlano soltanto di un affidamento del controllo della sicurezza a Egitto e Giordania. E che non è detto che sarà proprio quella la soluzione.

Nel Medio Oriente ridisegnato dal premier israeliano Ariel Sharon i palestinesi non saranno mai indipendenti. Non è una novità, Sharon non ha mai nascosto di voler negare una sovranità reale all'ipotetico Stato di Palestina. Ieri però è giunta un'altra conferma delle intenzioni del primo ministro israeliano. Il quotidiano Yediot Aharonot, il più diffuso del paese, ha riferito che Sharon pensa ad un assetto mediorientale fondato sull'«affidamento» della Striscia di Gaza e dell'89 per cento della Cisgiordania a Stati Uniti, Egitto e Giordania. Un progetto complesso illustrato nei mesi scorsi da un alto funzionario governativo israeliano, Giora Eiland, al ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer e al Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Condoleezza Rice. Eiland, ha aggiunto il quotidiano, avrebbe riferito di un piano in base al quale il ritiro unilaterale di Israele da Gaza sarebbe solo il punto di inizio di quel progetto di «separazione unilaterale» dai palestinesi che domenica scorsa il Likud ha in parte bocciato. L'Egitto dovrebbe cedere ai palestinesi un lembo di terra del Sinai, attiguo alla striscia di Gaza. In cambio riceverebbe da Israele una porzione di Negev e un tunnel con la Giordania, sotto alla città di Eilat. E i palestinesi? Potranno dedicarsi solo alla costruzione di infrastrutture durante la fase di attuazione del piano. A Gaza costruiranno un porto commerciale e riattiveranno l'aeroporto, ma solo con l'autorizzazione di Israele.

Per ciò che riguarda il ritiro delle forze di occupazione, i palestinesi riceverebbero l'89 per cento della Cisgiordania oltre alla Striscia di Gaza. Di fatto però non avranno poteri pieni sulla loro terra perchè le zone evacuate verrebbero «affidate» agli Stati Uniti, all'Egitto e alla Giordania. Si tratta, in effetti, di vecchie soluzioni elaborate in passato dalla destra israeliana e che Sharon sta semplicemente attualizzando.

Da Ramallah è giunta in serata la risposta palestinese alle indiscrezioni pubblicate da Yediot Aharonot. Il ministro Saeb Erekat ha detto che quello che occorre fare adesso non è elaborare nuovi programmi ma invece applicare fedelmente la Road Map.

In ogni caso piani e nuovi «assetti» lasciano il campo alla cronaca quotidiana nei Territori occupati. A Hebron - dove ieri è stato ucciso un palestinese disarmato che, secondo il portavoce militare, aveva tentato di rubare un mitra a un soldato - l'esercito ha emesso nuovi ordini di demolizione di case e di espropri di terreni arabi. Le autorità militari hanno ordinato la distruzione di 11 case nel quartiere di Wadi Al-Nassara, a ridosso dell'insediamento ebraico di Kiriat Arba, e in quello di Haret Jaber, situato tra la colonia e la Tomba dei Patriarchi. Attorno al sito religioso sono stati espropriati terreni di proprietà del Waqf, la Custodia dei beni islamici. Il progetto in corso è quello di un «corridoio sicuro» per i coloni che si spostano tra Kiriat Arba e Hebron. Le case palestinesi che si trovano sul percorso sono ritenute un «pericolo», perciò vengono progressivamente abbattute.

E si lavora anche a Gaza. Ieri l' esercito israeliano ha cominciato la costruzione di una recinzione, lunga 10 km, ai due lati della strada che dal valico di Kissufim porta agli insediamenti di Gush Katif, dove domenica scorsa è stata uccisa una colona israeliana e le sue quattro bambine in un agguato di gruppi armati dell'Intifada.

A Gaza è stato ritrovato anche il corpo di un palestinese ucciso due giorni fa nei pressi del valico di Karni. Intanto ha fatto ritorno al campo profughi di Burej, dopo 13 mesi di prigionia, Mohammed Taha, uno dei fondatori di Hamas, arrestato all'inizio dello scorso anno perchè nascondeva armi nella sua abitazione. Taha, con ogni probabilità, occuperà un posto nella nuova direzione politica del movimento islamico creata dopo l'assassinio dello sceicco Yassin e di Rantisi.
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