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Il Foglio Rassegna Stampa
30.04.2004 Come riformare il Medio Oriente
lo spiega Shimon Peres al Foglio

Testata: Il Foglio
Data: 30 aprile 2004
Pagina: 4
Autore: Menachem Gantz
Titolo: «Peres ci spiega tre cose da fare per riformare il Medio Oriente»
Sul Foglio di oggi, venerdì 30 aprile '04, Menachem Gantz descrive la visione di Shimon Peres per il futuro del Medio Oriente. Il messaggio è chiaro: prima di tutto la fine del terrorismo. Ecco il pezzo.

Roma. "La Guerra continuerà a lungo, e non sarà facile perché non si tratta di sconfiggere un esercito. Ci sono terroristi suicidi che non puoi individuare in anticipo. E come abbiamo già notato, questi terroristi non distinguono fra anziani, donne e bambini. Viviamo in una situazione che è molto pericolosa". Shimon Peres, 80 anni, già primo ministro d’Israele, premio Nobel per la pace, protagonista, in diversi governi israeliani, dei principali avvenimenti storici di 56 anni di storia dello Stato ebraico, non si riferisce soltanto al conflitto armato fra israeliani e palestinesi, ma analizza lo scenario internazionale. Al Foglio Peres racconta come secondo lui sarà possibile affrontare la crisi in Iraq, la guerra contro il terrorismo, e qual è il significato del referendum di domenica prossima all’interno del partito avversario, il Likud. "Per sconfiggere il terrorismo c’è bisogno di sconfiggere sia i terroristi sia motivazioni, le ragioni del terrorismo". Dice Peres al Foglio. Come ospite in Europa Peres è attento alla crescita di un’opinione pubblica che chiede di evitare un coinvolgimento in Iraq. Ma come leader che prevede il futuro e non crede soltanto ai sondaggi precisa: "I sondaggi sono come il profumo: piacevole da annusare ma pericoloso da ingoiare. Non si puo fare politica solo sui sondaggi". Secondo Peres "per fermare la guerra in Iraq è necessario che si realizzino tre condizioni. La prima è che tutto il Medio Oriente ametta che il terrorismo è anche un problema suo e non soltanto degli americani. Si individuano già delle crepe nelle posizioni di islamici e arabi. Potrei indicare tre luoghi: Iran, Turchia, Libia, mentre la Lega araba non è più unita come prima, incentrata soltanto sull’odio verso Israele e la necessità
di eleminarlo. La maggior parte dei leader arabi capisce oggi che il terrorismo
più che colpire i cittadini, colpisce loro stessi, senza dare ai paesi la possibilità di avanzare". Secondo Peres, prima i leader arabi smetteranno di nascondere le loro preoccupazioni nei confronti del terrorismo e si uniranno per sconfiggerlo, meglio sarà per la stabilizzazione dell’Iraq. La seconda condizione riguarda l’Iran. "Il legame fra Iran e Iraq è determinante. Non si tratta di una frontiera fra due paesi ma di una frontiera fra due gruppi religiosi estremisti. Se ci sarà un cambiamento in Iran ci sarà sicuramente un cambiamento anche in Iraq. Altrimenti l’Iraq continuerà a ospitare infiltrati dall’Iran, che portano ordini da Teheran, come succede oggi. L’Iran sta cambiando, ci sono tante persone stanche della situazione attuale. Credo in questo cambiamento. Non so quanto tempo ci vorrà per realizzarlo, ma ci credo, soprattutto perché sull’Iran sono state esercitate anche pressioni europee". E quindi, continua, "c’è bisogno di sviluppare e incoraggiare il processo che sottolinea la non contraddizione fra essere musulmano e moderno. La Turchia
lo dimostra nel mantenere relazioni corrette con Israele e nel tentativo di presentare all’Europa valori comuni, democrazia e diritti umani. Anche la Giordania cerca di farlo". Ma non basta questo per affermare la guerra in Iraq e il terrorismo. La terza condizione riguarda lo sviluppo di nuove armi. "Tutte le strategie e i mezzi bellici sono vecchi e inadatti a questa guerra. I mezzi che abbiamo oggi rispondono alle esigenze di eserciti che combattono guerre classiche e convenzionali, ma questa guerra non è né classica né convenzionale.
Credo che attraverso la nanotecnologia saranno sviluppate armi nuove, che proteggeranno il soldato, aiuteranno a controllare certe aree". Il leader laburista, che gode di fama internazionale grazie alla sua capacità a non arrendersi mai, non si smentisce: "Ci vorrà del tempo per sviluppare la tecnologia giusta. Voglio ricordare che quello che ha messo fine alla Seconda guerra mondiale è stata la tecnologia e l’utilizzo della bomba atomica sul Giappone. La nanotecnologia è esattamente il contrario della bomba atomica. Permette di individuare ed elaborare un trattamento clinico e chirurgico contro il terrorismo, e di evitare la distruzione di massa". "Il terrorismo non porta alcun messaggio. I terroristi sono contro la modernizzazione e credono di poter favorire lo sviluppo umano, ma non hanno alternative perché è impossibile vivere basandosi su regimi dittatoriali, che discriminano le donne, e economicamente basano la vita soltanto sull’agricoltura". Le elezioni in Spagna non lo spaventano e non indicano necessariamente che l’Europa sia fuori dal conflitto: "In generale alle elezioni si perde più che vincere". Lo dice chi ha saputo più di una volta ristabilirsi dalle sconfitte elettorali. A chi in Europa sostiene che c’è bisogno di ritirarsi dall’Iraq, il premio Nobel risponde senza dubbi: "E’ necessario presentare un’alternativa. Cosa intendete fare? Lasciare governare il terrorismo? Lasciarlo libero? Così arriverà anche in Italia. Io preferisco stare dalla parte giusta, non dalla parte che non suggerisce alternative. Ho detto a Zapatero che si deve chiedere se il terrorismo sia un problema e se sì, in che modo intende affrontarlo". Peres attende i risultati del referendum del Likud, domenica 2 maggio. "Domenica sarà la prova di un fallimento ideologico per decine di migliaia di sostenitori del Likud, che capiranno quale sia la realtà". Ieri i giornali israeliani hanno rivelato che Sharon trova difficoltà nella sua campagna, che chiama i membri del suo partito a sostenere il suo programma, ma Peres non si allarma. "E’ vero che alcuni dei suoi consiglieri hanno dichiarato che il voto sarà un voto di fiducia nei confronti del primo ministro, ma Sharon stesso ha detto che il referendum è un atto morale e che un fallimento del referendum non porterà necessariamente a cancellare il piano di disimpegno da Gaza. Noi laburisti sosteniamo il piano di Sharon perché crediamo che sia positivo, a prescindere se faremo parte del governo o no".
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